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La storia di Helene Louise Ten Cate Brouwer, agente doppio in Italia

Di Maria Gabriella Pasqualini

Una volta arrivati gli angloamericani a Roma, il 4 giugno 1944, la donna li aveva subito contattati, confessando di essere stata un’agente dell’intelligence tedesca. Agiva di sua spontanea volontà o in seguito alle istruzioni lasciate da Kappler? Scrive Maria Gabriella Pasqualini, studiosa e docente dei servizi di sicurezza

La sua storia è stata ricostruita sia con gli interrogatori fatti nella prigione di Holloway dal 24 novembre 1944 in poi e da quelli effettuati dal Csidic (Combined Service Detailed Interrogation Centre), in Italia ad agenti tedeschi o sospettati di essere tali. La giovane donna era arrivata in Italia nel gennaio 1943, con visto d’ingresso nel Regno, valido una sola volta, concesso il 28 settembre 1942 dal Regio Console Generale d’Italia a Vienna, a Anneke Van Tuyll, il nome sul passaporto consegnatole dai tedeschi a Amsterdam il 3 agosto precedente. Professione dichiarata: governante, storia di copertura che usò all’arrivo alleato a Roma. Girava in realtà anche con un lasciapassare in lingua italiana da usare per attraversare le linee tedesche che portava il timbro Bofchlshaber der Sicherheitspolizei und das S.D., firmato da Herbert Kappler.

Dopo la liberazione di Roma, il governo militare alleato, il 21 agosto 1944, aveva fornito a ‘Anneke’ che si dichiarava abitante in via Carissimi, un lasciapassare per viaggiare da Roma a Tivoli su una macchina civile per un trattamento medico. Si era già convertita in agente doppio, dichiaratamente a favore degli Alleati, che ebbero sempre il dubbio su un suo sincero cambio di orientamento.

Chi era in realtà la giovane governante Anneke?

Helene Louise Ten Cate Brouwer alias Anneke van Tuyill alias Helene de Bruyn alias Gerda Hoffmann, era stata lasciata da Kappler a Roma come agente addetta alla telecomunicazione dietro le linee, con filo diretto con l’ufficiale, sotto la copertura di governante.

Nata in Olanda il 27 ottobre 1914 (ma sul passaporto figurava nata il 7 agosto 1916), completati i suoi studi, aveva lavorato come segretaria in alcuni giornali locali. Dopo alcuni viaggi in Spagna era ritornata a Leiden dove era inserita in una piccola organizzazione di resistenza al nemico. Arrestata dalla Gestapo nel novembre 1941, fu accusata di spionaggio e condannata a morte. Nel gennaio 1942 scrisse una lettera al tribunale che l’aveva condannata sostenendo che, considerati gli sviluppi della guerra, soprattutto dopo l’attacco alla Russia, aveva modificato le sue idee politiche e intendeva offrire i suoi servizi all’intelligence tedesca. Parlava oltre al tedesco e il fiammingo, inglese e spagnolo.

In seguito a questa sua offerta, la condanna morte fu commutata in 10 anni di duro lavoro, il 21 aprile 1942, e inviata in altri centri di detenzione. Improvvisamente, il 1° dicembre 1942 fu informata che poteva tornare in Olanda.

Presentatasi alla Gestapo, le fu dato un impiego come insegnante di inglese presso una scuola tedesca per fanciulle in Olanda. La sua esperienza didattica fu breve: inviata presso la scuola di addestramento per spie tedesche a Scheveningen, imparò a usare apparati di telegrafia (diventando un provetto operatore in alfabeto Morse), a maneggiare armi piccole, a guidare e riparare alcuni tipi di veicoli. Non ebbe alcun addestramento per sabotaggio anche se in quella scuola venivano impartiti corsi su come minare strade e ferrovie.

Dopo due o tre mesi, tornata all’Aja, alla Gestapo incontrò Kappler (capo della sicurezza nazista a Roma), al quale fece una buona impressione. Fu deciso che sarebbe andata con lui a Roma, via Berlino.

Dopo aver passato tre settimane a Verona (probabilmente per continuare il suo addestramento anche presso La Scala, centro del Comando tedesco, con al piano alto la stazione trasmettitrice principale), agli inizi di dicembre 1943 viaggiò verso Roma in ferrovia, ricevuta alla stazione dallo stesso Kappler, come sottolineò con un certo orgoglio, nel ricordare i suoi movimenti.

Nel suo interrogatorio narrò anche una strana storia di possibile sabotaggio secondo un progetto di Kappler. Poiché ormai si avevano notizie certe che gli anglo americani sarebbero potuti sbarcare ad Anzio e Nettuno, Kappler elaborò il progetto di mandare dei topi infetti sulla spiaggia di Anzio. Kappler le aveva detto che era sua intenzione di mandare questa proposta a Berlino per considerarla da un punto di vista tecnico e per vedere se era possibile che i topi, preventivamente infettati con qualche forma di batterio, potessero essere inviati a Roma. Prima di mandare questa sua idea a Berlino, consultò alcuni membri del personale di Kesselring per sondarne le reazioni: queste furono negative. Il progetto di guerra batteriologica fu lasciato cadere. Per molto tempo successivamente l’intelligence inglese cercò di sapere con quale batterio si pensava di infettare i topi. Helene non lo sapeva o non aveva voluto dirlo.

Una volta arrivati gli angloamericani a Roma, il 4 giugno 1944, la donna li aveva subito contattati, confessando di essere stata un agente dell’intelligence tedesca. In realtà era solo un operatore telegrafico anche se con molte conoscenze interne. Lasciò intendere di essere più importante di quel che realmente era stata. Agiva di sua spontanea volontà o in seguito alle istruzioni lasciate da Kappler?

Fu interrogata da due ufficiali inglesi dell’MI6 ai quali, dopo aver raccontato la sua storia, si propose come agente doppio. La sua offerta fu riferita ai dirigenti del controspionaggio inglese che l’accolsero con molto sospetto. Era infatti difficile credere che fosse potuta rimanere dietro le linee se non con il beneplacito del nemico ma d’altra parte poteva risultare interessante utilizzarla per avere dettagliate informazioni sull’organizzazione della Sicherdienst a Roma e su agenti tedeschi che operavano nella capitale; per disseminare notizie false. Giudicarono negativamente la donna come priva di scrupoli ma passabilmente intelligente. Accettarono, sia pur con titubanza, l’offerta ma fin dai primi giorni si accorsero che era molto difficile controllarla tanto che iniziarono a considerarla come un possibile pericolo più che un vantaggio, anche perché, oltre tutto, il suo carattere presentava lati di nervosismo fino all’isterismo. Il giudizio che su di lei diedero non fu positivo, dopo le prime esperienze lavorative, confermando le impressioni iniziali. La sua posizione progressivamente peggiorò tanto che l’ufficiale che doveva controllarla iniziò a farle delle visite a sorpresa senza apparenti ragioni.

Durante questo periodo la donna era diventata molto insistente nel chiedere di poter attraversare le linee e raggiungere Kappler, come portatrice di una missione da parte alleata. Sosteneva di voler tornare dai tedeschi perché preoccupata per la sorte dei suoi genitori. Il dubbio si insinuò sempre più forte nell’intelligence britannica, ritenendo che intendesse rientrare presso Kappler, fornire notizie sulla situazione a Roma e sul governo Badoglio e sparire.

In realtà i sospetti erano completamente giustificati perché gli inglesi si erano anche resi conto che aveva lanciato un messaggio radio nel quale aveva deliberatamente dato uno strano segnale, prontamente notato da esperti italiani del servizio di controllo dei messaggi: aveva inviato per ben 11 volte la lettera Z. Questo poteva voler significare ai nazisti che la radio era controllata dagli anglo americani e utilizzata per disseminare false informazioni. Su questo punto Helene si difese strenuamente ma non fu creduta. Ne ebbero la certezza quando un altro agente tedesco, catturato in Italia, confermò che i nazisti controllavano la Brouwer. Il 1° settembre 1944 gli Alleati erano ormai sicuri: Kappler controllava Helene che aveva tra l’altro confessato di esserne stata l’amante, avendone subito fascino e influenza. Lo stesso Kappler, poi, confermò in interrogatorio che era a conoscenza del vero ruolo di Helene.

I dubbi sulla sua reale affidabilità erano diventati certezze: Helene doveva essere sicuramente detenuta ma non c’erano possibilità di tenerla Roma evitando che comunicasse con i nazisti. Fu deciso quindi di chiudere la sua totalmente non produttiva collaborazione di poche settimane. Su ordine dello stesso Comandante in Capo delle Forze Alleate in Italia, generale Alexander, in un primo momento fu internata in un campo per prigionieri di guerra al Quadraro (Roma) e poi mandata a Londra nella prigione femminile di Holloway, fino alla fine della guerra, quando, il 4 agosto 1945, scortata da un agente dell’MI5, fu deportata da Londra su un aereo della RAF verso l’Aja. Il governo olandese si interessò a lei per trascorsi di collaborazione con i nazisti durante l’occupazione ma fu assolta da quelle autorità, in mancanza di prove certe sullo spionaggio contro l’Olanda.

Nell’accettare la sua collaborazione, l’intelligence inglese aveva sperato di avere numerose notizie riguardanti l’organizzazione dei servizi informativi tedeschi in Italia, in particolare a Roma. Il risultato fu scarso e superficiale. In realtà Helene fornì qualche informazione anche su alcuni prigionieri. Diede il nome d alcune spie tedesche che avevano agito o ancora erano operanti a Roma e in Italia ma nell’insieme non risultò essere quell’aiuto che era stato sperato nel reclutarla.

Una delle tante figure umane che avevano subito il fascino di essere potenzialmente spie.

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