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Influenza aviaria, la prossima pandemia?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha avvertito che il mondo deve prepararsi per una probabile ondata di influenza aviaria negli uomini. Preoccupano la mutazione del virus e la diffusione senza precedenti del numero di casi

Dobbiamo prepararci per un’altra pandemia? L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha avvertito che il mondo deve prepararsi per un’ondata di influenza aviaria. Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms, ha spiegato che “da quando H5N1 è emerso per la prima volta nel 1996 abbiamo assistito solo a trasmissioni rare e non prolungate di H5N1 da e tra esseri umani. Ma non possiamo presumere che rimarrà così e dobbiamo prepararci a qualsiasi cambiamento dello status quo”.

La raccomandazione per le autorità sanitarie, dunque, è di monitorare in tutti i Paesi l’eventuale presenza di aviaria tra i mammiferi e, a livello individuale, di non toccare o raccogliere animali selvatici morti o malati, ma di segnalarli alle autorità locali.

Nel Regno Unito, dal 2021 ad oggi sono stati segnalati nove casi tra lontre, visoni e volpi, mentre invece ad ottobre è stata registrata un’epidemia tra visoni in una fattoria in Galizia, Spagna. I casi di infezione da aviaria tra gli esseri umani sono stati rilevati in diversi Paesi, ma con una frequenza sporadica e strettamente legati allo stretto contatto con esemplari avicoli infetti, vivi o morti. Finora non sono stati segnalati casi di trasmissione da uomo a uomo.

Tuttavia, l’attenzione è alta. Reduci della crisi sanitaria per il Covid-19, molti esperti si interrogano sulle possibilità che l’influenza aviaria sia la prossima pandemia mortale. Nell’ultima edizione della newsletter The Checkup del MIT Technology Review, Jessica Hamzelou, esperta di salute, scienze mediche e biotecnologie, scrive che non si può negare che il virus abbia avuto un enorme impatto sugli uccelli negli ultimi mesi e che l’attuale epidemia è significativamente peggiore di quanto visto in passato.

“L’influenza aviaria è stata trovata anche in una serie di mammiferi, inclusi gatti, volpi, lontre, foche e leoni marini – spiega Hamzelou – e sembra essersi diffusa in un allevamento di visoni in Spagna. Abbiamo anche visto un piccolo numero di casi nelle persone. È indubbiamente preoccupante. Ma non c’è bisogno di farsi prendere dal panico. Per ora”.

Secondo l’esperta, i focolai mortali di influenza aviaria sono, almeno in una certa misura, colpa degli esseri umani: “I primi riguardavano il pollame d’allevamento e le condizioni degli animali stretti nelle gabbie, che possono fornire un terreno fertile ideale per i virus […]  Ciò che è meno chiaro è come il virus si diffonda avanti e indietro tra gli uccelli selvatici e quelli d’allevamento. Questo sembra accadere ogni anno mentre gli uccelli migratori viaggiano lungo le loro rotte internazionali, portando virus da una regione del mondo all’altra e viceversa”.

L’anno scorso però è accaduto qualcosa di diverso. Invece di vedere picchi stagionali del virus, abbiamo assistito a focolai prolungati. Il virus sembra essere rimasto in giro e questa è una pessima notizia.

C’è un altro aspetto preoccupante: l’influenza aviaria sembra aver subito una sorta di mutazione che gli consente di infettare più uccelli e di conseguenza si diffonde di più. L’approfondimento di Hamzelou sottolinea l’ipotesi di un passaggio intermedio tra la trasmissione da uccello a uccello e quella da uomo a uomo: “Ecco perché il caso dei visoni in Spagna ha fatto suonare un campanello d’allarme. Abbiamo anche sentito segnalazioni di influenza aviaria in molte altre specie di mammiferi, tra cui orsi, puzzole, procioni, foche, linci rosse e volpi rosse negli Stati Uniti e volpi, lontre e foche nel Regno Unito”.

Ad oggi il virus colpisce raramente le persone, ma può mutare rapidamente e diversi ceppi possono afferrare sequenze genetiche l’uno dall’altro. Il monitoraggio continuo è fondamentale.

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