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Forniture militari “come i vaccini”. Il piano per la sicurezza europea di Kaja Kallas

La prima ministra estone a Monaco torna sulla proposta dell’acquisto comune di armi e munizioni in sede europea. Una mossa che potrebbe funzionare dopo aver ottenuto il placet di Michel e Borrell e che permetterebbe una linea di approvvigionamento più efficiente e rapida per Kiev e uno stimolo agli investimenti in Difesa dell’Unione

“L’Ucraina ha bisogno di munizionamento e noi dobbiamo rifornire i nostri depositi. Questo dovrebbe essere una spinta a investire nella Difesa (…). Sono sorpresa che molti Paesi non abbiano ancora raggiunto l’obiettivo del 2% di Pil in spesa militare, dovrebbe essere il minimo”. Così Kaja Kallas, primo ministro dell’Estonia in una conferenza sul futuro della Difesa europea durante la Conferenza di Monaco sulla sicurezza.

Da quando la Russia ha scatenato l’invasione dell’Ucraina, la prima ministra estone ha ricevuto grande attenzione internazionale ed è diventata una voce autorevole nel raccontare la prospettiva dei Paesi dell’ex blocco sovietico ora dentro l’Unione europea. Durante l’incontro di domenica ha discusso dell’impatto della guerra sull’architettura di sicurezza europea e, soprattutto, sull’impatto che questa crisi ha sugli umori dei diversi Paesi dell’Unione.

“Mi sembra che alcuni Paesi stiano affrontando la crisi definendo una linea rossa del tipo: forniamo le armi all’Ucraina e aspettiamo che questa storia finisca”, ha detto Kallas. “Questo non è sufficiente, non è nell’ottica del costruire una pace sostenibile nel lungo periodo”. E il discorso si riflette anche sul tema degli investimenti in Difesa: “Nel medio periodo la questione si risolverà? Se la risposta è no dobbiamo aumentare gli investimenti nel settore. Io sento industrie che mi dicono: non produciamo in grandi quantità perché non abbiamo ordini abbastanza grossi”.

La prima ministra propone una soluzione “come con i vaccini”: che i Paesi Ue mettano a disposizione dei fondi che la Eu Peace Facility possa gestire per l’approvvigionamento di materiale di difesa. Una tesi ripresa con favore anche dall’Alto Rappresentante per gli affari esteri Josep Borrell, il quale ha dichiarato di essere “totalmente d’accordo con la proposta (…). Ci stiamo lavorando e funzionerà”.

La questione è cruciale e l’Estonia potrebbe essere vicina a farla approvare, dopo aver incassato il placet del presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Da qualche tempo si parla sottovoce della possibilità di sviluppare una linea di procurement condivisa che possa inviare munizionamento per artiglieria da 155 millimetri. Un approccio che sarebbe molto più efficiente dei singoli ordini nazionali. Oltretutto, la mossa aumenterebbe anche gli investimenti a cui si riferisce la prima ministra estone.

“L’artiglieria russa spara in un giorno la produzione mensile dell’intera Unione europea”, ha ricordato Kallas. Tutto questo, secondo la politica estone, è un riflesso del fatto che molti Paesi rimangono nella convinzione che prima o poi le cose si sistemeranno da sole se si continua a fornire qualche aiuto a Kiev. “Questo è ciò che vuole la Russia, che gli europei si stufino del supporto”.

“Hitler era chiarissimo sui suoi progetti, semplicemente non gli si credeva”. Anche Vladimir Putin è chiarissimo nel definire i propri obiettivi e anche oggi molti non gli credono, ci ricorda Kallas. “Dal mio punto di vista, dalla prospettiva di un Paese che ha sofferto cinquant’anni di dittatura, la Nato è un progetto di pace”. E di conseguenza, “l’unica garanzia di sicurezza che possiamo offrire all’Ucraina proviene dall’adesione alla Nato”.

Ulteriore tema che spesso si tocca a proposito dell’Ucraina è quello delle profonde riforme che il Paese dovrà attuare se vuole entrare nell’Unione europea. Kallas solleva un punto interessante: “Noi [l’Estonia] abbiamo compiuto quelle riforme – il libero mercato, lo stato di diritto – quando abbiamo ottenuto l’indipendenza dall’Urss, l’Ucraina non lo ha fatto. Ma io vedo oggi una volontà politica di liberarsi del passato. Questa è una finestra di tempo che l’Unione deve sfruttare subito, perché quando finirà la guerra si chiuderà per le lotte politiche interne”.

In ultimo, la prima ministra si sofferma sulla questione della responsabilità, l’accountability. “Se pensiamo alla guerra e al dopo-guerra come due faccende separate non ci potrà essere una pace sostenibile nel tempo. I responsabili dei crimini di aggressione, come Putin e Lavrov, dovranno essere processati dalla Corte penale internazionale”. E infine ha concluso: “[Noi Stati baltici] siamo sempre stati accusati di essere naïf, ma cosa vi fa pensare di saperne di più se non avete previsto l’invasione? La Russia continua a fare passi avanti e ogni volta si prende di più, dobbiamo arrestare questo circolo”.

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