Lo scrittore e saggista fu testimone di quegli anni, e considera Tatarella il vero padre nobile del conservatorismo italiano: aveva capito l’esistenza di un blocco elettorale omogeneo, duraturo e costante che si identifica nella diffidenza verso la sinistra. Ed è su questo che costruì il suo progetto politico. Ci riuscì grazie a Silvio Berlusconi, ma la sua volontà era quella di coinvolgere tutti, dagli alleati all’opposizione
Di Pinuccio Tatarella resta un’intuizione: l’esistenza di un blocco elettorale omogeneo, duraturo e costante che si identifica in una volontà: diffidare dalla sinistra. Ed è su questo che lui costruì il suo progetto politico. Ci riuscì grazie a Silvio Berlusconi, con il quale seppe fare quasi un precipitato alchemico: il centrodestra metteva assieme, per la prima volta, le diverse anime che lo componevano a partire da quella moderata. Questo spazio politico, che prescinde dalle sigle e dalle distinzioni dei partiti, si è mantenuto negli anni anche dopo i diversi avvicendamenti dei leader: da Berlusconi a Meloni, passando per Salvini.
Un secondo elemento fondamentale dell’intuizione di Tatarella poggiava sulla necessità di rendere armonia tra le due “Italie”. Quella del Nord e quella del Sud. In quella del Sud aveva individuato la vocazione galantomista, sforzandosi di mettere in luce i riferimenti culturali. Portò avanti un’operazione straordinaria attorno a Giambattista Vico. La finalità di questo incredibile lavoro fu quella di dare una maggiore consapevolezza del patrimonio culturale al Sud, un po’ come l’Europa fece con Leibniz. Le sue “scorribande” culturali non si limitavano ai fondamentali, ma anche alla contemporaneità. Era nota la sua consuetudine e la sua frequentazione con personaggi del calibro di Carmelo Bene e Sossio Giametta. Allo stesso modo credeva nelle ragioni del Nord. Resta, di lui, un’immagine delicata racchiusa in una fotografia che l’ex ministro Roberto Maroni si portava sempre con sé e che metteva su tutte le scrivanie dei suoi uffici. E qui torniamo al concetto delle due “Italie” in armonia fra loro.
Tante sarebbero le cose da dire sul “metodo Tatarella”. La sua volontà era quella di coinvolgere tutti, dagli alleati all’opposizione. Una sorta di coralità. Aveva uno scambio affettuoso anche con gli avversari politici, tra cui Massimo D’Alema con il quale condivise un percorso importante sul piano di riforme per il Sud. La sua era una politica che non si faceva sopraffare dal quotidiano e lavorava sulle strategie. Seppe scandagliare luoghi altrimenti inaccessibili alla destra, come il sindacalismo. E, soprattutto, seppe fare prassi di una teoria a lungo conculcata. Diciamo che se Meloni dovesse cercare una radice nella storia della destra Italiana, quella di Tatarella fu senz’altro la radice da cui trarre maggiore linfa. Fu il vero padre nobile del conservatorismo italiano.
(Foto dall’archivio Fondazione Tatarella )