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Macron e quel fascino slavo. Il commento di Pennisi

Il fascino slavo, che seduce i francesi da secoli e che fu una delle determinanti anche della Prima guerra mondiale, ha origini molto lontane, dai tempi di Caterina La Grande, fino ad arrivare a Voltaire. Il commento di Giuseppe Pennisi

All’inizio dell’aggressione della Federazione russa contro l’Ucraina, circa un anno fa, quando si sperava in un rapido blitz ed in una soluzione “negoziata”, il presidente dei francesi Emmanuel Macron disse, a voce alta, “non bisogna umiliare Putin”. La posizione non sembra sostanzialmente cambiata, come risulta da un’intervista rilasciata dal direttore dell’Istituto Affari Internazionali (Iai), Nathalie Tocci a questa testata, al termine della kermesse sulla sicurezza tenuta a Monaco di Baviera al fine della scorsa settimana.

Quali le ragioni? Nella sua seconda professione (quella di affermato pianista) – è noto -Macron preferisce autori russi (ad esempio, Aleksandr Nikolaevič Skrjabin) o è preso da un fascino slavo che ammalia la Francia (sia di destra sia di sinistra e, quindi, di centro) da anni se non da secoli. Nell’ormai lontano 1944, Lucio D’Ambra, dedicò al tema del fascino slavi, un volume, uscito postumo, di ben 400 pagine. Ancora oggi, l’Enciclopedia italiana gli dedica un lemma al tema:

agg. e s. m. (f. -a) [dal lat. mediev. Slavus, adattam. della denominazione originale *slovĕn-, di etimo incerto]. – Degli Slavi, delle popolazioni e dei paesi slavi: civiltà, cultura, letteratura s.; le antiche genti s.; il fascino s. (v. fascino). In partic., le lingue s. (e, come s. m., lo slavo), il complesso delle lingue, appartenenti al gruppo linguistico indoeuropeo, parlate dai popoli slavi, suddiviso in tre sottogruppi: s. orientale, che comprende il russo, l’ucraino (o piccolo russo) e il russo bianco (o bielorusso); s. occidentale, con il polacco, il cèco, lo slovacco, e altre varietà (come il sorabo e, ormai estinto, il polabico); s. meridionale, con lo sloveno, il croato, il serbo, il montenegrino, il macedone moderno e il bulgaro. Come sost., chi appartiene a un popolo, a un paese slavo.

Il fascino slavo, che seduce i francesi, e che fu una delle determinanti anche della Prima guerra mondiale, ha origini molto lontane, ai tempi di Caterina La Grande, quando Voltaire fu affascinato dalle riforme “illuministiche” che l’Imperatrice intendeva portare avanti e ebbe con lei una profonda corrispondenza (tutta in francese, come peraltro quella degli aristocratici di Guerra e Pace di Lev Nikolaeviči Tolstoj. Dénis Diderot si trasferì a San Pietroburgo. Così fecero numerosi compositori italiani (specialmente della “scuola napoletana” che si estendeva a tutto il Mezzogiorno), ma mentre i francesi avevano un programma politico – stringere l’autoritaria Prussia in un cerchio “illuminista”- gli italiani componevano e suonavano nel grazioso teatro di Corte a semi-cerchio all’Hermitage.

Dopo la Prima guerra mondiale e la Rivoluzione sovietica, il “fascino slavo” tornò di moda in Francia. Da un lato, gli émigrés, spesso carichi di gioielli, che approdarono soprattutto a Parigi (immortalati in film dell’epoca). Da un atto, gli intellettuali russi che avevano trovato un terreno fertile in una Francia in cui sarebbe sorto il Fronte popolare.

Durante la Seconda guerra mondiale, Francia e Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche, i due Paesi erano alleati contro la Germania (un’alleanza che non piaceva punto al Gen. Charles De Gaulle), durante la Guerra Fredda, il Partito Comunista Francese era quello più sovvenzionato (dopo l’Italiano) da Mosca, che guardava però anche all’estrema destra: mentre l’Eliseo conferiva a Putin le più alte onorificenza della République, una banca di Stato importante finanziava alla grande il Front National.

Il legame è solo con gli estremi. Non proprio, c’è una vasta Francia profondamente anti-americana che ha trovato più di una spalla ed una sponda nell’anti-americanismo.

Il fascino slavo Oltralpe pullula.

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