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Malattie rare e non diagnosticate. Dal difetto genetico alla cura

Di Giuseppe Novelli e Bruno Dallapiccola

L’analisi di Giuseppe Novelli (Università degli Studi di Roma Tor Vergata e Irccs  Neuromed Pozzilli) e Bruno Dallapiccola,  (Direttore scientifico Ospedale Pediatrico Bambino Gesù) a pochi giorni dalla Giornata delle Malattie rare

“Il fiore che sboccia nelle avversità, è il più raro e il più bello di tutti”
Walt Disney

Secondo la definizione europea, sono rare le malattie che colpiscono meno di una persona ogni duemila. Si conoscono circa 11.000 malattie rare che interessano 300 milioni di persone a livello globale. La causa è genetica nell’80% dei casi, molte delle quali esordiscono nell’età pediatrica. La diagnosi di una malattia rara è spesso complessa. Di conseguenza, nelle malattie genetiche rare, l’identificazione dei geni-malattia è il punto di partenza non solo per il loro inquadramento, ma anche per l’eventuale trattamento. Sono spesso causate da una singola mutazione genica che può essere ereditata con modalità diverse.

Storicamente, l’identificazione del gene candidato e la descrizione della mutazione richiedevano lunghi e costosi esami clinici e di laboratorio. Negli ultimi anni, le capacità diagnostiche sono significativamente migliorate grazie allo sviluppo delle tecnologie di sequenziamento di nuova generazione (Ngs). Il sequenziamento dell’intero genoma (Wgs) sta diventando una metodica diagnostica efficace e molto diffusa. Nel 2009 questo esame costava circa 50 mila euro e richiedeva almeno due mesi; oggi può essere effettuato ad un costo inferiore ai mille euro in un paio di settimane! Verosimilmente nei prossimi anni i costi e i tempi dell’analisi saranno ulteriormente abbattuti. Viceversa, il costo dell’integrazione del sequenziamento nella pratica clinica difficilmente potrà seguire la riduzione dei costi di produzione delle sequenze di Dna, almeno fino a quando l’interpretazione dipenderà da personale altamente qualificato.

Al momento, la capacità di raccogliere dati di sequenziamento supera di gran lunga la capacità della comunità scientifica di interpretarli, capirli e utilizzarli. L’interpretazione delle varianti genomiche può richiedere ingenti sforzi in termini di strutture, personale e software, che vanno realizzati ad hoc per le esigenze dell’analisi immediata, della ri-analisi, e per l’integrazione delle informazioni genomiche con altre informazioni (ad esempio quelle contenute nelle cartelle cliniche).

Inoltre, l’archiviazione dei dati, la manutenzione, il trasferimento e il processo di analisi richiedono notevoli risorse, che in prospettiva graveranno sostanzialmente sui costi complessivi del sequenziamento. Il corpo umano è costituito da circa 20 trilioni di cellule viventi, ognuna delle quali contiene circa 20 mila geni che codificano proteine, senza contare quelli che codificano solo per Rna. Ogni genoma umano è composto da oltre 3 miliardi di lettere con le quali si potrebbero scrivere circa 262.000 pagine, ovvero 175 libri di grosse dimensioni. Tutto questo equivale a 100 mila gigabyte di dati.

Il sequenziamento di molti genomi umani accumulerà centinaia di petabyte di dati (un petabyte è 1015 byte di informazioni digitali), e i dati creati dall’analisi delle interazioni tra i geni moltiplica in modo notevole questi volumi. Questa enorme mole di dati, insieme ai dati fisiologici, clinici e ambientali raccolti attraverso sensori indossabili (“wearable technologies”), permetteranno ai sistemi sanitari di fornire in modo efficace cure personalizzate. I dati che sono stati e saranno prodotti dal sequenziamento, dalla mappatura e dall’analisi dei genomi farà confluire questa branca della medicina nel regno dei Big Data. Le attuali tendenze nelle tecniche di analisi dei big-data e l’avanzamento degli algoritmi di intelligenza artificiale permettono di sviluppare strumenti di supporto decisionale in grado di aiutare gli operatori sanitari a identificare e gestire al meglio i pazienti con specifiche caratteristiche genetiche. Infatti, una migliore comprensione delle basi genetiche della malattia si traduce in una prognosi più accurata e consente di fornire un supporto migliore alla sua gestione.

Le tecnologie Ngs hanno già permesso di scoprire centinaia di geni-malattia e di diagnosticare una percentuale significativa delle malattie rare complesse non ancora inquadrate. Alcuni studi hanno riportato tassi >10% di identificazione di nuovi geni-malattia nei pazienti che erano risultati negativi ai test genetici tradizionali. La strategia utilizzata per ottenere questi risultati è consistita nell’incorporamento dei dati di sequenziamento di altri membri della famiglia, ovvero in una approfondita analisi familiare associata alla consulenza genetica mirata. I Centri di Genetica Medica maggiormente attrezzati oggi sono in grado di fornire una diagnosi corretta di malattia rara, in almeno il 50% dei pazienti non inquadrati a livello clinico. Di fatto, è fondamentale dare un nome ad una malattia “senza nome”.

La maggior parte dei pazienti “rari” presenta disturbi multisistemici, si sottopone a processi diagnostici lunghi e frustranti, ed è alla ricerca di terapie efficaci. Le nuove terapie farmacologiche supportate dagli studi genetici hanno il doppio delle probabilità di essere approvati, a supporto dell’importanza della caratterizzazione genetica della malattia. La comprensione della causa genetica di una malattia consente di sviluppare nuovi farmaci con sistemi innovativi basati su tecnologie genetiche che permettono di riprodurre in provetta la malattia attraverso la costruzione di “organoidi”, a partire dalle cellule malate del paziente, che possono essere indirizzate a diventare mini-organi, ad esempio polmone, fegato, cervello, pancreas.

Un organoide è una struttura tridimensionale formata da vari tipi di cellule attraverso l’auto-organizzazione e può riflettere meglio lo sviluppo e il processo fisiologico di un tessuto o di un organo, riproducendo un “avatar” dell’organo colpito nel paziente. Rispetto ai modelli animali, gli organoidi possono ridurre la complessità degli esperimenti ed essere studiati con tecniche di imaging in tempo reale. La principale limitazione dei modelli animali consiste nel fatto che le diverse specie presentano differenze fisiologiche fondamentali e che tali modelli non sono in grado di simulare i fenotipi di alcune malattie umane. Ad esempio, il modello murino della malattia di Alzheimer è privo di molte cellule neuronali a causa delle differenze di specie tra uomo e topo.

Gli “organoidi” umani invece possono riprodurre il fenotipo della malattia, consentendo di studiarla in vitro e di effettuare lo screening i molecole di interesse farmacologico o l’editing genetico, per testare la sicurezza e l’efficacia dei farmaci innovativi. Ad esempio, l’editing genetico che utilizza CRISPR-Cas9 viene oggi largamente impiegato per correggere le mutazioni del Dna associate a varie malattie rare, per verificare gli effetti delle mutazioni e osservare le differenze fenotipiche riscontrate, ad esempio, negli organoidi del paziente e in quelli in cui il gene è stato modificato in provetta.

La principale sfida nella scoperta dei farmaci consiste nella costruzione del modello giusto. L’8% delle malattie sono eterogenee, cioè sono causate dalle mutazioni di geni diversi, comportando sostanziali differenze tra i pazienti affetti dallo stesso tipo di malattia. Gli organoidi derivati dal paziente possono essere utilizzate come modello per escludere o confermare specifici farmaci e sviluppare trattamenti personalizzati. Inoltre, le piattaforme di screening dei farmaci basate sugli organoidi, forniscono un nuovo strumento per studiare sugli esseri umani gli effetti tossicologici e quelli collaterali dei farmaci. La genetica, oltre a riclassificare le malattie, cambierà radicalmente anche il processo di sviluppo dei farmaci e sarà in grado di dare speranza e prospettive concrete a molte perone affette da malattie rare.

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