Lo stato di salute del Pd, alla vigilia del Congresso. È stato questo il tema del live-talk di presentazione della rivista Formiche con Roberto Arditti, Maria Teresa Meli e Andrea Cangini moderato da Flavia Giacobbe
Il Partito democratico attraversa una crisi profonda e sembra avere perso la sua identità. Il Congresso sarà un momento importante per sciogliere questi nodi, ma potrebbe non essere decisivo. Le non scelte di Enrico Letta hanno posto il partito in un limbo che lo sta lacerando. Ma un partito riformista alla guida dell’opposizione sarebbe utile anche alla maggioranza.
Invece, al momento emergono solo le leadership del Movimento 5 Stelle e del Terzo Polo. Dopo l’ultimo discorso di Letta e la conclusione dell’Assemblea con l’approvazione del Manifesto, ora si è aperta ufficialmente la partita della leadership e delle primarie che saranno il prossimo 26 febbraio.
Sono questi i temi sui quali si sono confrontati, nel corso del live-talk di presentazione della rivista Formiche “Mamma, ho perso il Pd”, Roberto Arditti direttore editoriale di Formiche.net, Maria Teresa Meli giornalista del Corriere della Sera e Andrea Cangini, segretario generale della Fondazione Einaudi, moderati da Flavia Giacobbe direttore della rivista Formiche.
“L’esito delle primarie è indirizzato a una scelta verso Stefano Bonaccini, questo però non mi porta a dire che si tratti di un esito scontato. I candidati – in particolare Bonaccini e Schlein – sono rappresentanti di due idee di sinistra diverse e non del tutto convergenti e questo rende la competizione politica interessante”, ha detto Roberto Arditti.
Il Partito democratico, secondo l’ultimo sondaggio Swg è attualmente al 14% delle intenzioni di voto degli italiani. Eppure, se si guarda a “Fratelli d’Italia che oggi è dato da tutte le rilevazioni intorno al 30% e che ha stravinto le elezioni, tornando indietro di qualche anno lo si ritrova con percentuali molto basse. Nel tempo politico in cui viviamo la velocità con cui si perdono e guadagnano consensi è molto cresciuta rispetto al passato”, ha proseguito Arditti.
La sinistra italiana ha bisogno di essere rifondata e le operazioni politiche si fanno sempre quando si va all’opposizione, quindi Bonaccini se diventerà segretario, secondo il direttore, dovrà giocare una partita di rinnovamento tutt’altro che banale. Un’occasione da non sprecare per ritrovare la strada del Partito.
“Infatti, se le opposizioni non sono credibili e non rappresentano una minaccia per il governo è un problema per il sistema politico in generale, perché il governo non dà il meglio di sé” come ha ricordato Andrea Cangini.
“La prima domanda che il Pd dovrebbe porsi è se abbia ancora senso un Partito democratico adesso, nel 2023, un quesito che qualsiasi dirigente del Partito evita accuratamente di considerare. Il vero problema che i dem devono affrontare è la realizzazione di un Congresso verità sulla propria identità”, ha affermato Maria Teresa Meli, e ha concluso: “L’esperimento del Pd in fondo è fallito e comunque vada a finire il Congresso, anche senza scissione, si tratta di un partito a rischio marginalità ed estinzione”.
Una mancanza di identità definita di questo partito potrebbe essere la condanna e sarebbe sbagliato non affrontare oggi i veri nodi relativi alla linea del Pd.
L’agenda del Partito democratico, infatti, sembra oggi divisa, da un lato da una linea legata all’agenda di Mario Draghi e dall’altro lato da una che segue l’agenda di Giuseppe Conte. Così il Pd, che sembrava avere una posizione di forza nei confronti del Movimento 5 Stelle, oggi è in difficoltà, con Conte in espansione.
“Il gioco di queste primarie segue lo schema secondo il quale Elly Schlein rappresenta il popolo e Bonaccini rappresenta l’élite. Nella realtà dei fatti è vero esattamente il contrario, Bonaccini viene dal popolo mentre la Schlein da una élite cosmopolita” ha ricordato Andrea Cangini.
Il Partito negli ultimi anni sembra essersi concentrato sui temi demagogici. Per essere una forza progressista moderna e matura, il Pd dovrebbe abbattere dei tabù su temi considerati di destra. “I tabù sono molti – ha proseguito Cangini – primo tra tutti quello legato al concetto di profitto, da cui un sospetto legato a imprese, capitalismo e partite iva. C’è poi il tema per eccellenza, legato alla sicurezza, di cui parliamo da trent’anni”.
Su questo tema, “solo un terzo dei cittadini italiani è d’accordo con l’invio di armi all’Ucraina, oltre la metà è contrario. Per tenere la barra dritta occorre una forte identità e aderenza a fermi principi, mi chiedo se il Pd li abbia. I primi segnali che stiamo vedendo non sono incoraggianti” ha concluso Andrea Cangini.