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La sinistra e i costi dell’auto elettrica. Un conto salato per i più poveri

La rivoluzione verde nei trasporti non sarà indolore per il portafogli di milioni di italiani. Il popolo del Pd vuole risposte su problemi concreti come questo, non su temi astratti come le alleanze. Il commento di Giuseppe De Tomaso

Che non sia semplice fare politica ai tempi di Internet, dei social e dello spettacolo permanente, è fuori discussione. Che non sia facile abbozzare un programma di cose da attuare, quando il circo mediatico richiede solo tele-sfide tra leader, video-battaglie tra candidati, non già confronti pacati e serrati sulle proposte e sui contenuti, è altrettanto assodato. Ma, continuando di questo passo, continuando cioè ad arrenderci alle frivolezze imposte dalla social-crazia dilagante, andrà a finire che l’esodo dalle urne assumerà proporzioni davvero bibliche.

Esaminiamo la vicenda delle primarie Pd. Quale migliore occasione, della corsa alla segreteria, per indurre i quattro concorrenti a scoprire le carte, a sbilanciarsi sui progetti concreti, a illustrare una visione della società italiana da sottoporre, successivamente, all’intera platea elettorale? Già. Invece, poco o nulla di tal guisa. Solo tatticismi. Solo strategie provvisorie, spesso smentite e svanite nel corso di una sola giornata, perché, ovviamente, si parla e si straparla a tutte le ore. A microfoni aperti e a microfoni spenti.

In alcuni momenti il confronto tra i candidati dà l’impressione di avvitarsi attorno a concetti così esoterici e astratti, da sfuggire persino alla comprensione di addetti ai lavori e tribuna stampa, figuriamoci alle antenne e alle esigenze della gente comune. Anzi, sembra proprio che l’astrazione la faccia da padrona, e che affrontare un problema reale, che tocca le tasche delle classi più deboli, denunci una forma di regressione, di abbassamento, di banalizzazione, di inferiorità culturale, da evitare come la peste.

La questione dell’energia verde e delle auto elettriche prossime venture non è né banale né secondaria. È, come si suole dire, paradigmatica, oltre che cruciale.  Anche i neonati sanno che il rinnovo obbligatorio del parco auto, a partire dal 2035, non sarà un’operazione gratis et amore Dei. Provocherà una robusta decurtazione all’estratto conto degli italiani, e degli europei, dal momento che a Bruxelles hanno deciso così. Addio benzina, addio gasolio, addio vetture ibride.

Ora. Altro che lite sul reddito di cittadinanza. Non occorre essere Nostradamus per prevedere che, a breve, lo scontro sulle auto elettriche, e sui relativi (esorbitanti) costi di acquisto e manutenzione, monopolizzerà e infiammerà le cronache politiche dal palazzo e dalle piazze (televisive e internettiane). E che soprattutto i ceti popolari daranno il loro consenso a quelle sigle parlamentari che cercheranno di rinviare nel tempo, o addirittura affossare, la misura che prepensiona i motori a scoppio.

In Europa e in Italia, la sinistra è schierata – per adesso senza se e senza ma – a favore della rivoluzione verde dell’auto, ossia delle batterie elettriche. Eppure un supplemento di riflessione non guasterebbe.

Uno, perché le nuove tecnologie progrediscono a un ritmo così vertiginoso, che i modelli termici di ultima generazione sono già a inquinamento azzerato o quasi.

Due, perché i biocarburanti e tutte le altre energie alternative (tipo l’idrogeno) al petrolio si vedranno stoppate, chissà perché, nel loro percorso di evoluzione tecnologica a beneficio delle necessità ambientali nei trasporti.

Tre, perché la scadenza di 10-15 anni per il battesimo esclusivo delle vetture elettriche è troppo proiettata nel futuro per escludere che, nel frattempo, si faccia strada una soluzione di gran lunga più economica e vantaggiosa, anche sotto il profilo ecologico: gli studi, i progressi tecnologici, si sa, non rallentano mai. Se così fosse, ossia se spuntasse un’invenzione leonardesca o risolutiva, chi ripianerebbe le spese, i sacrifici imposti dalla presunzione fatale di una pianificazione a tavolino?

Quattro, perché il modello elettrico non è, ecologicamente parlando, al di sopra di ogni sospetto: non risolve alla radice la questione ambientale, a causa dell’inevitabile, vorticoso ingorgo legato allo smaltimento delle batterie e del conseguente rebus sul surplus di energia tradizionale (inquinante) che dovrà essere prodotto per soddisfare le nuove aumentate esigenze di automobilisti e cittadini. Ce la farà il sistema elettrico complessivo di un Paese a non andare in tilt?

Cinque, perché il rischio di sottomissione politica connesso all’avvento dell’auto elettrica è tutt’altro che ipotetico: la Cina, non solo possiede e controlla i giacimenti di metalli rari indispensabili per i ricaricatori, ma avrà la possibilità, grazie ai prezzi più bassi per gli acquirenti, di mettere fuori mercato i produttori europei di auto, che – ovviamente – potranno sopravvivere solo se sorretti dagli aiuti pubblici, cioè dai soldi dei contribuenti. Per non dire, insistiamo, della dipendenza politico-economica che il monopolio, o quasi, da parte della Cina imporrebbe giocoforza al Vecchio Continente.

Sei, perché, come accennavamo prima, indipendentemente dagli eco-incentivi che di sicuro non mancheranno, l’acquisto e la manutenzione delle auto elettriche non saranno indolori per i portafogli degli italiani, soprattutto per i portafogli meno gonfi.

Sette, perché la riconversione del settore auto farà perdere il lavoro, in Italia, a decine di migliaia di dipendenti, diretti e indiretti, tutti gravitanti nell’orbita dei motori a scoppio.

E allora? Una forza di sinistra che giustamente rivendica la missione, la ragione sociale di stare con i più svantaggiati, non può porsi di fronte al salasso economico, che la rivoluzione verde dell’auto provocherebbe in molte famiglie italiane, con l’atteggiamento dogmatico e sussiegoso di chi sposa astrattamente la causa della natura, e della sacrosanta lotta al cambiamento climatico, e dimentica la causa di coloro che vi abitano (che sono natura e vanno tutelati anch’essi). In soldoni: la sinistra non può né dovrebbe fare finta di nulla davanti ai costi finanziari (tutti a carico dei più poveri) di questa rivoluzione verde solo perché l’ecologismo estremo vuole tutto e subito, non ammettendo dubbi, ripensamenti, gradualismi. Ai ricchi (Ztl) l’auto elettrica fa solo bene, oltre che status symbol. Agli altri no.

Ecco. Noi crediamo che all’elettore di sinistra farebbe piacere fin d’ora sapere di poter contare sul fatto che il suo principale partito di riferimento non resterà muto come un pesce di fronte a un provvedimento che alleggerirà i risparmi di molte famiglie, e che di conseguenza il suo Pd si batterà come un leone per ridurre i danni. All’elettore di sinistra farebbe piacere ricevere risposte su domande vitali come queste, piuttosto che essere costantemente aggiornato sugli sgambetti interni tra chi vuole andare con Conte e chi vuole andare con Calenda. Logico che, se non riceve risposte su problemi tangibili come il caro-auto o il caro-case (green), e altri ancora, l’elettore di sinistra o rimane a casa o va a fare un giro con Giorgia.

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