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Come riportare “a casa” la produzione dei principi attivi per i farmaci

Di Livia Parisi

L’impennata di prezzi per il trasporto di materie prime unite alla difficoltà a trovarle, anche a causa dei problemi incontrati da paesi produttori durante i lockdown causati dal Covid-19, hanno mostrato la fragilità di una catena del Pharma basata sull’import di principi attivi dall’Est del mondo. Il panel al Centro studi americani in cui si è discusso del “reshoring” di componenti della catena di approvvigionamento insieme a Cattani, Gemmato, Cossolo e Cattoi

Prevenire futuri problemi di carenze di farmaci programmando investimenti per riportare in Italia e in Europa la produzione di principi attivi. Dando un nuovo impulso a quel reshoring di cui tanto si era parlato tre anni fa, quando in piena emergenza Covid-19, l’Italia si trovò senza mascherine. È un appello a internalizzare alcune fasi della filiera farmaceutica, limitando la dipendenza da paesi Extra Ue, quello che arriva dal convegno “C’è carenza di farmaci in Europa? Strategie per il fabbisogno di materie prime”, organizzato al Centro Studi Americani, che ha visto a confronto industria, farmacisti, politici.

L’impennata di prezzi per il trasporto di materie prime unite alla difficoltà a trovarle, anche a causa dei problemi incontrati da paesi produttori durante i lockdown causati dal Covid-19, hanno mostrato la fragilità di una catena del Pharma basata sull’import di principi attivi dall’Est del mondo. Pur non essendo stato l’unico motivo alla base della carenza farmaci registrata nell’ultimo anno in Italia, ha giocato un ruolo. Adesso, assicura Marcello Cattani, presidente di Farmindustria “le carenze sono limitate a pochissime specialità. Quindi possiamo dire che il problema è sotto controllo”. La guerra in Ucraina e la contesto geopolitico, però, non aiutano a star tranquilli per il futuro. Il governo, precisa Cattani, “ha già mostrato di voler implementare una visione strategica per la filiera farmaceutica. Ma servono regole nuove, ovvero valorizzare gli strumenti di attrazione degli investimenti e superare i nodi del passato, che hanno portato per anni a considerare la spesa farmaceutica come un costo e non un investimento”.

Che fine ha fatto il reshoring invocato in pandemia?

Tra questi potrebbe esserci anche, appunto, il reshoring, o riportare ‘a casa’ segmenti, come quello dei principi attivi farmacologici, la cui produzione è stata delegata, per motivi di costi, in paesi dove produrli costa molto poco: quelli utilizzati in Europa e negli Stati Uniti vengono importati, per circa l’80%, da Cina e India. Anche se, molti Paesi, dopo la pandemia, hanno iniziato a invertire la tendenza. “Come il Covid ha mostrato, dovremmo andare nella direzione di essere autonomi nel produrre beni essenziali come i farmaci e impiantare in Italia una filiera del farmaco a tutto tondo, a partire dalla produzione di materie prime, eccipienti, molecole complesse”, ha detto il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, intervenuto al convegno. “Durante l’emergenza Covid – ha spiegato – abbiamo vissuto momenti drammatici in cui l’Italia era stretta nella morsa della pandemia ma i paesi vicini non ci mandavano le mascherine, quindi non è stata messo in moto un meccanismo di solidarietà internazionale. Ma la crisi la vediamo anche ora con l’aumento dei costi energetici legati alla guerra in Ucraina. Se mai dovessimo entrare in conflitto con Cina e India andremmo in pochi mesi in carenza vera perché non potremo avere antitumorali, antidiabetici”. Questo andrebbe evitato investendo su una filiera farmaceutica autonoma, “che potrebbe dare uno sbocco occupazionale ai nostri laureati”.

E se l’Europa mirasse a un “protezionismo intelligente”?

“Il picco della carenza di farmaci – per Marco Cossolo, presidente di Federfarma – è superato ma bisogna porsi un problema per il futuro, perché oggi paghiamo strategia sbagliate fatte in passato. Una di queste è stata la delocalizzazione, che ha fatto sì che, per contenere i costi, siano state spostate produzioni all’estero. Oggi ci troviamo nella necessità di avviare un processo inverso, come è stato più volte auspicato”. Ridurre l’eccessiva dipendenza da paesi extra-UE nell’importazione di principi attivi ed eccipienti farmaceutici, riportando in Italia e Europa alcune produzioni di farmaci, aiuterebbe a evitare che la carenza si ripresenti in futuro. Di pari passo, però, dobbiamo oltre che rivedere il prezzo di alcuni farmaci, troppo bassi per compensare i costi di produzione, cosa che obbliga a cercare materie prime all’estero”, concorda Enrique Häusermann presidente di Egualia, associazione di produttori di farmaci equivalenti.

Il problema non è solo dell’Italia, ma di tutta l’Europa, che potrebbe unire le forze per puntare a un protezionismo intelligente, in grado da fare da baluardo a future crisi. “L’attività di reshoring per il comparto farmaceutico e non solo – ha detto Vanessa Cattoi (Lega), deputato in Commissione Bilancio della Camera – è tempo e ora che venga affrontata. Serve una programmazione che consenta una produzione di principi attivi e per non dipendere dall’estero in futuro. La pandemia ci ha mostrato che la globalizzazione è un’illusione e, se si blocca l’approvvigionamento dall’est del mondo, non abbiamo alternative. Al contrario, se l’Italia investe nella produzione di un principio, la Francia in un altro e la Spagna di un altro, potremmo creare una politica ‘protezionistica intelligente’ in Europa nella filiera farmaceutica. A vantaggio, non solo dell’Italia, ma di tutti paesi europei”. Questo è auspicabile, per il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, “ma è possibile solo se c’è una stabilità politica, come accade in questo momento”.

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