L’invasione russa dell’Ucraina ha rilanciato il dibattito, anche alla luce dei molti veti posti da Mosca. La proposta del gruppo Uniting for Consensus, nato dall’intuizione dell’ambasciatore Fulci negli anni Novanta, rafforzerebbe la rappresentanza regionale e una distribuzione geografica più equa. Governo e diplomazia al lavoro
Il progetto di riforma per un Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite più democratico, responsabile, rappresentativo, trasparente ed efficace promosso dal gruppo “Uniting for Consensus”, guidato dall’Italia, è uno degli obiettivi del governo Meloni e della diplomazia italiana. Ne ha parlato ieri Giorgio Silli, sottosegretario agli Esteri, che ha incontrato alla Farnesina – su istruzione di Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri – una delegazione del Congresso statunitense, guidata da Steve Cohen, co-presidente della Helsinki Commission.
Anche il ministro Tajani affronterà la questione durante la sua missione di quattro giorni a New York. La sua agenda prevede nella giornata di giovedì la partecipazione alla sessione speciale d’emergenza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sull’Ucraina, nel contesto della quale si terrà il voto sulla risoluzione per la pace proposta dall’Ucraina, e alcuni incontri bilaterali, fra cui quello con Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, e con Csaba Kőrösi, presidente dell’Assemblea generale. Il dossier è stato affrontato da Tajani anche nel corso del recente incontro a Roma con Wang Yi, capo della diplomazia del Partito comunista cinese. Il ministro, ha comunicato la Farnesina, ha “espresso apprezzamento per la proficua e continua collaborazione tra Italia e Cina” sul tema della riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e “per il coordinamento nell’ambito del gruppo Uniting for Consensus, di cui la Cina è osservatore”.
Il progetto nasce dal cosiddetto Coffee Club, un gruppo di Paesi, nato nel 1995, per opporsi all’aumento dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza e per favorire invece l’ampliamento dei seggi non permanenti. L’idea di Francesco Paolo Fulci, rappresentante permanente d’Italia alle Nazioni Unite dal 1993 al 1999, negli anni Duemila ha lasciato il posto al gruppo di lavoro Uniting for Consensus, creato dall’Assemblea generale, coordinato sempre dall’Italia e di cui fanno parte Argentina, Canada, Colombia, Costarica, Malta, Messico, Pakistan, Repubblica di Corea, San Marino, Spagna e Turchia.
L’invasione russa dell’Ucraina ha rilanciato il dibattito, anche alla luce dei molti veti posti da Mosca. La proposta del gruppo Uniting for Consensus rafforzerebbe la rappresentanza regionale e una distribuzione geografica più equa, ha spiegato nei giorni scorsi Maurizio Massari, rappresentante permanente d’Italia alle Nazioni Unite, a PassBlue. “L’Africa guadagnerebbe sei seggi, l’Asia del Pacifico cinque, l’America Latina e i Caraibi quattro, l’Europa Occidentale e quella Orientale rispettivamente tre e due. Un seggio a rotazione dovrebbero essere riservato alle piccole isole e ai Paesi più piccoli”, ha spiegato. Nel progetto del gruppo, non dovrebbero essere aggiunti seggi permanenti con diritto di veto. “Settantasette anni di storia delle Nazioni Unite dimostrano che i membri permanenti rispondono solo a sé stessi”, ha aggiunto il diplomatico.