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Riorganizzazione russa e risposta ucraina. Cambiano gli scenari in campo

Di Lorenzo Riggi

Provando a tracciare un possibile scenario di evoluzione del conflitto, l’invio di caccia e carri a Kyiv di cui si discute nelle ultime settimane avrà un ruolo cruciale nell’evoluzione della guerra che però potrà essere realmente efficace solo tra qualche mese, almeno 3 per i carri e probabilmente più di sei per i mezzi aerei. L’analisi di Lorenzo Riggi (Geopolitica.info)

L’articolo è apparso nella newsletter “Matrioska – Osservatorio sulla Russia” del Centro Studi Geopolitica.info in occasione del report speciale redatto per il primo anniversario della guerra in Ucraina.

Offensiva, ritirata e riorganizzazione: il primo anno di guerra per la Federazione Russa

Guardando alla Federazione Russa, Mosca ha iniziato questo conflitto non aspettandosi di combatterlo. Fin dalle fasi iniziali, infatti, l’esercito russo non ha sostenuto una vera e propria invasione sistematica dell’Ucraina bensì una sorta di gigantesca operazione di show the force finalizzata a prendere il controllo del paese confidando nell’effetto psicologico dell’attacco e dal contemporaneo collasso delle forze armate ucraine e della leadership di Kiev. Dopo i primi combattimenti, infatti, è emerso che Mosca non si aspettava di dover contrastare una resistenza organizzata ma, come il ritrovamento di equipaggiamento per reparti antisommossa per migliaia di soldati ha dimostrato, di dover gestire sommosse o manifestazioni di piazza. L’effetto congiunto dell’offensiva di terra, dei bombardamenti aerei e missilistici e della sperata paralisi delle capacità di comando e controllo ucraine avrebbero dovuto portare nelle aspirazioni russe ad un rapido rovesciamento del regime di Kiev, che sarebbe stato sostituito da funzionari che la sera precedente all’invasione avevano ricevuto le chiavi dei loro nuovi uffici e dimore.

Evidentemente l’operazione iniziale non è andata secondo i piani e ciò ha determinato, già dopo poche settimane di guerra, il ritiro delle forze russe dal nord del paese e il concentramento di queste a sud, in particolare nel Donbass, lungo una delle direttrici d’attacco sostenute fin dall’inizio del conflitto. Sul fronte meridionale, la Russia ha quindi iniziato nel corso della scorsa estate un’azione di sistematica conquista dei principali capisaldi ucraini negli oblast di Donetsk e Lugansk, raggiungendo il punto di massima avanzata con la conquista di Severodonesk e Lysichansk. L’autunno è stato quindi il periodo in cui le forze russe hanno perso sistematicamente l’iniziativa, lasciando che fossero le forze di Kiev a determinare le modalità e i luoghi del confronto.

La controffensiva autunnale di Kiev ha quindi portato alla liberazione dell’oblast di Kharkiv e della città di Kherson e ad una crisi significativa delle forze russe che tra ottobre e novembre erano quasi al collasso, evitato per effetto della riduzione del fronte e della maggiore disponibilità di forze ottenuta con l’introduzione della mobilitazione imposta a settembre dal Cremlino. Allo stato attuale, le forze russe sembrano aver ripreso l’iniziativa, conducendo azioni offensive lungo tutta la linea del fronte con l’obiettivo di mantenere una costante pressione sulle forze di Kiev al fine di erodere le riserve ucraine e obbligare la controparte ad un insostenibile guerra di attrito.

Nel corso degli ultimi mesi di guerra, Mosca ha gradualmente modificato l’impostazione delle proprie forze sul campo di battaglia, cercando di recuperare l’iniziativa e guadagnare quanto meno una vittoria militare a fronte dell’impossibilità di conseguire gli ambiziosi obiettivi politici definiti all’inizio dell’invasione. In particolare, tre sono state le misure cruciali nella gestione russa di questa fase della guerra che potrebbero essere determinanti nel prosieguo del conflitto: la mobilitazione, l’economia di guerra e la riorganizzazione delle forze in campo. Rispetto al primo fattore, Mosca ha sofferto di una sostanziale carenza di uomini nei primi mesi del conflitto e la mobilitazione ha quindi consentito un primo ricambio delle forze dispiegate nel teatro, costituendo nel frattempo una riserva significativa che potrebbe essere impiegata per alimentare gli sforzi attuali o lanciare una offensiva.

Sebbene parte dei riservisti siano stati effettivamente impiegati come carne da cannone per stabilizzare il fronte dopo le offensive ucraine, una parte cospicua dei riservisti è tutt’ora in fase di addestramento in Russia e Bielorussia con l’obiettivo di costituire una riserva impiegabile efficacemente sul campo di battaglia, di conseguenza, la mobilitazione ha dato non solo rincalzi alle forze russe ma anche una forza in grado di condurre azioni offensive. Relativamente all’economia di guerra, la sua introduzione informale dall’estate scorsa, quando fu autorizzato il terzo turno di lavoro nelle fabbriche dell’industria della difesa, ha consentito a Mosca di avviare una pianificazione della produzione di lungo periodo, confidando in una netta superiorità economica rispetto all’Ucraina e alla difficoltà di approvvigionamento dell’Occidente. L’avvio di nuove linee di produzione ha quindi consentito alla Russia di sostenere i propri arsenali e soprattutto di mantenere un volume di fuoco costante nel conflitto, dove l’artiglieria è divenuta decisiva con il rallentamento della guerra di manovra.

Infine, la riorganizzazione in corso delle forze russe è uno degli aspetti più rilevanti di questa fase del conflitto. Fino a novembre/dicembre, infatti, le forze russe erano organizzate secondo il modello dei Battalion Tactical Group (Btg), ovvero unità da circa 800 uomini fondate su elementi afferenti a diverse specialità, che sebbene fossero dotate di tutte le tipologie di armamento necessarie, sono presto risultate troppo piccole per avere reali capacità offensive in un contesto di guerra di convenzionale e non in grado di sostenere il tasso di perdite imposto dal conflitto.

Inoltre, i BTG hanno determinato una moltiplicazione dei comandi e soprattutto un’eccessiva frammentazione della logistica, che non è stata in grado di sostenere in modo così capillare le unità dispiegate sul campo di battaglia. Di conseguenza, dallo scorso autunno, le forze russe sono state riorganizzate riprendendo il vecchio modello divisionale sovietico, che consente una semplificazione della catena di comando, una migliore gestione del campo di battaglia e della logistica nonché una superiore capacità di fuoco e di sostenere le perdite rispetto alla precedente organizzazione. Dopo i fallimenti iniziali, Mosca ha quindi riorganizzato le proprie forze nel teatro, preparandosi ad un conflitto lungo che ha assunto i drammatici caratteri di una guerra di attrito che inevitabilmente comporterà un impegno significativo di mezzi e uomini nella regione.

Resistere e contrattaccare: l’Ucraina ad un anno dall’invasione

Guardando alla reazione ucraina all’invasione e alle prospettive di evoluzione del conflitto per Kiev, è opportuno sottolineare alcuni aspetti di rilievo che hanno determinato l’inaspettata capacità di difesa ucraina nelle prime settimane del conflitto. Oltre agli errori di valutazione russi, molti altri fattori hanno determinato il successo della difesa ucraina. Primariamente, la netta superiorità numerica di cui l’Ucraina ha goduto per molti mesi del conflitto, determinata dall’impostazione delle Ffaa di Kiev. Dovendo tenere in considerazione il rischio di una guerra come quella in corso, l’esercito ucraino si aspettava di dover gestire fin dalle prime fasi del conflitto una mobilitazione su larga scala. Di conseguenza l’espansione delle truppe di Kiev avutasi dopo le prime settimane determinata dalla mobilitazione dei riservisti è stata gestita con efficacia dallo stato maggiore, che ha quindi potuto contare su un numero significativo di uomini e su una struttura di comando preparata a gestirli.

Inoltre, l’uso di tattiche asimmetriche nell’ingaggiare le forze russe evitando quanto più possibile scontri campali, nei quali le forze ucraine hanno avuto spesso la peggio, ha contribuito in modo decisivo alla difesa di Kiev nelle fasi iniziali del conflitto. A seguito del ritiro russo dal nord del paese, le forze di Kiev hanno sostenuto due offensive utilizzando in modo particolarmente efficace i mezzi a propria disposizione. In particolare, le forze ucraine sono riuscite a concentrare le principali unità di manovra nei settori del fronte più sguarniti dai russi, attuando nelle settimane precedenti un’efficace azione di shape the field mediante i mezzi forniti dall’Occidente. A seguito di queste offensive, la spinta ucraina si è inevitabilmente affievolita, incontrando una crescente resistenza da parte russa a seguito dell’introduzione dei riservisti sul campo di battaglia. Nelle ultime settimane quindi, le forze di Kiev hanno sofferto significative perdite nel tentativo di mantenere le posizioni, obiettivo questo imposto dalla leadership politica nel timore che un’eventuale ritirata delle attuali posizioni possa tramutarsi in una rotta sotto la pressione russa.

Nel corso della guerra, un ruolo cruciale lo ha avuto il supporto occidentale, sia in termini economici che militari. Soprattutto dal punto di vista militare, infatti, il sostegno dei principali paesi europei e degli Stati Uniti è stato rilevante fin dalle prime settimane del conflitto, guardando sia ai sistemi d’arma forniti a Kiev che all’addestramento delle forze armate ucraine. Se i Javellin e gli Stinger sono stati soprattutto nelle prime fasi dell’offensiva per spezzare il cuneo di attacco russo e limitare la supremazia aerea di Mosca, con il prosieguo delle ostilità, sono stati forniti sistemi d’artiglieria, trainata e semovente, mezzi da combattimento per la fanteria e, nelle ultime settimane, mezzi corazzati che entreranno in servizio nei prossimi mesi. Un elemento che è stato spesso trascurato è stato il supporto informativo fornito all’Ucraina.

In particolare, cruciale è stata la condivisione di informazioni di intelligence con le forze armate di Kiev che ha consentito un maggiore coordinamento delle unità e una maggiore efficienza del sistema di comando e controllo delle forze sul campo. Gli asset della NATO consentono infatti di conoscere quasi in tempo reale le posizioni delle forze russe, mediante un sistema di ricognizione che consente di mappare fino a sei volte al giorno le aree più vicine ai confini dell’Alleanza Atlantica e alle acquee internazionali. Inoltre, società private hanno fornito la necessaria rete di copertura internet e satellitare per il rafforzamento delle comunicazioni e il mantenimento di una connessione efficace su tutto il territorio ucraino.

Questi elementi hanno tutti contribuito al mantenimento in attività delle truppe ucraine, che in assenza di tale supporto avrebbero verosimilmente faticato a conseguire i risultati finora ottenuti sul campo.
In prospettiva futura, le forze armate di Kiev saranno fisiologicamente sempre più dipendenti dai rifornimenti occidentali, soprattutto in termini di munizionamento e mezzi corazzati e blindati. Per effetto della guerra, infatti, la capacità produttiva ucraina è stata inevitabilmente compromessa come pure la possibilità di riparare in autonomia i mezzi finora forniti, di conseguenza il sostegno occidentale sarà sempre più importante sia nella loro fornitura nella loro riparazione.

Il primo anniversario?

Provando a tracciare un possibile scenario di evoluzione del conflitto, è chiaro che la guerra continuerà e forse questo non sarà che il primo anniversario della guerra russo-ucraina. Nel corso di quest’anno, infatti, l’una e l’altra parte hanno approntato misure volte al rafforzamento delle proprie capacità belliche, preparandosi ad una guerra che per le caratteristiche che sta assumendo sarà di lungo periodo. Il logoramento imposto dalle forze di Mosca, che hanno visto ridursi la propria capacità di condurre una guerra di manovra, impone un rallentamento delle operazioni a favore dell’attrito, cruciale per erodere le riserve della controparte. Differentemente l’Ucraina sta cercando di ricostruire una significativa capacità di condurre una guerra dinamica, al fine di evitare di assecondare la strategia russa che la vedrebbe inevitabilmente soccombere. Per tale ragione, l’invio di caccia e carri a Kiev di cui si discute nelle ultime settimane in occidente avrà un ruolo cruciale nell’evoluzione della guerra che però potrà essere realmente efficace solo tra qualche mese, almeno 3 per i carri e probabilmente più di sei per i mezzi aerei. Di conseguenza, nel corso del 2023 potremmo vedere un’ulteriore evoluzione del conflitto ma probabilmente non la sua conclusione.

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