Per avere successo in politica e in economia, occorre perseguire una strategia coerente di medio e lungo periodo con accorgimenti tattici di breve periodo che possono mutare, anche rapidamente e pure solamente per confondere gli avversari. Vale anche per la vicenda del superbonus. Il commento di Giuseppe Pennisi
The Long View è una rubrica del periodico americano The National Review, di ispirazione, al tempo stesso, conservatrice e riformatrice, Conservatrice nei valori americani e nel patriottismo. Riformatrice nel senso di promuovere riforme liberali e liberiste proprio per tornare ai valori originali degli Stati Uniti. È la rivista su cui Francis Fukuyama, alla caduta del muro di Berlino, pubblicò il saggio The end of history che tanto dibattito allora accese.
Come spesso avviene nella stampa anglosassone, The Long View ha un doppio significato. Da un lato, vuole dire il nome del rubrichista (Rob Long) che la cura e la firma. Da un altro, indica che per avere successo in politica ed in politica economica, occorre perseguire una strategia coerente di medio e lungo periodo con accorgimenti tattici di breve periodo che possono mutare, anche rapidamente e pure solamente per confondere gli avversari.
È la strategia – ci pare – che ha abbracciato il governo Meloni. In politica estera ad esempio, non ha perso tempo sulle dichiarazioni, peraltro piuttosto estemporanee, di Silvio Berlusconi al seggio elettorale, ma riaffermato alla propria solidarietà europeistica ed atlantica all’Ucraina aggredita dalla Federazione Russa e lo ha mostrato con atti concreti, quali il viaggio della Presidente del Consiglio, l’invio di armi, risoluzioni in Parlamento che hanno “spiazzato” anche i sedicenti “pacifisti” nostrani sempre attaccati ad un anti-americanismo ed anti-occidentalismo di maniera.
Esempio di accorgimento tattico si ha nella intricata vicenda del superbonus edilizio, ideato dal Movimento Cinque Stelle ed ora recepito anche da quel che resta del Pd. Il governo ha fatto bene a “bloccare gli effetti di una politica scellerata”, come ha detto il ministro Giancarlo Giorgetti a margine della stretta sul superbonus. Dopo la revisione già introdotta in legge di bilancio, adesso l’esecutivo si appresta a porre uno stop alla cessione dei crediti fiscali e a impedire agli enti locali di acquistarli.
Si tratta di misure drastiche – ha sottolineato l’Istituto Bruno Leoni – rese necessarie dalle conseguenze di un bonus ormai completamente fuori controllo. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha parlato di 105 miliardi di euro già scaricati sul bilancio pubblico. Si tratta probabilmente della più gigantesca manovra di spesa mai approvata a favore del più ristretto numero di beneficiari. Oltre tutto, l’effetto di reale incentivazione è dubbio: quanti di quei lavori sarebbero stati comunque eseguiti?
Non solo: anche accettando che gli obiettivi europei sull’efficientamento energetico degli edifici rendono necessaria qualche forma di incentivo, come è possibile ignorare il fatto che, già prima del superbonus, l’Italia disponeva dei sussidi più generosi al mondo (l’ecobonus del 65 per cento e gli altri bonus edilizi)? E, da ultimo, come trascurare il fatto che la combinazione tra un’aliquota addirittura superiore al valore nominale dei lavori e l’illimitata cedibilità aveva dato vita a una sorta di moneta parallela, come è stato certificato dall’Eurostat? E questo senza contare altri bonus altrettanto o più perversi, come il bonus facciate del 90 per cento, che è stato il principale veicolo di truffe per un controvalore di svariati miliardi di euro.
Il paradosso, allora, è che si sia dovuto attendere tanto prima di intervenire. Il superbonus venne inizialmente introdotto dal decreto Rilancio del 2020 nel contesto dell’emergenza Covid e doveva durare pochi mesi. Ma poi, di proroga in proroga, dopo tre anni è ancora in vigore e ha contribuito non solo all’inflazione degli interventi edilizi, ma anche ad alimentare l’illusione per cui è possibile spendere denari “gratuitamente”. Purtroppo la realtà presenta sempre il conto: l’onere per le casse pubbliche è insostenibile e le imprese non riescono a smaltire i crediti fiscali.
Si è corso finalmente ai ripari e sembra che con le categorie interessate, da un lato, si trovi una soluzione di medio periodo e, soprattutto, si apra un dibattito sulla politica dei bonus che troppo spesso ha costituito la scorciatoia con cui la politica ha cercato di aggirare i vincoli di bilancio. Se il governo vuole parlare seriamente di riforma organica del fisco, la razionalizzazione (leggi: il taglio) del numero e della generosità dei bonus e delle altre agevolazioni è ineludibile.
Strategie e tattiche analoghe devono essere messe in atto per balneari e taxi, due comparti rumorosi che hanno “amici ed amichetti” all’interno della maggioranza ma che elettoralmente contano davvero poco e danneggiano i consumatori con prezzi e tariffe tra i più alti al mondo. Qui, l’attesa è stata davvero long o meglio superlong.
Siamo al momento di sventolare sentenze della più alta magistratura amministrativa (il Consiglio di Stato) e le insidie per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e di mettere le categorie di fronte alle loro responsabilità verso il Paese.