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Via della Seta? Ecco perché Meloni preferisce la Via del Cotone

La visita della premier Meloni a Nuova Delhi segna un momento importante per la proiezione italiana verso Oriente. Mentre l’Asia arriva sul tavolo di Palazzo Chigi anche per la scadenza del memorandum per la Via della Seta (da rinnovare?), ecco perché Roma guarda verso la Via del Cotone che passa da India e Giappone

Dopo l’attività diplomatica nel Mediterraneo nelle scorse settimane, la Grand Strategy italiana sposta l’attenzione sull’Asia. Mancano pochi mesi alla scadenza del memorandum d’intesa sulla Via della Seta siglato dal governo Conte I con la Cina. Intervistato dal Messaggero in merito al possibile rinnovo, Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, uno degli uomini più ascoltati del governo Meloni, ha predicato prudenza: “Bisognerà muoversi di concerto con gli Stati europei e anche con gli Stati Uniti, con i Paesi Nato, perché un’alleanza è un’alleanza, non solo militare”. Con riferimento alla Nato, ha aggiunto, “si difende il diritto internazionale, la libertà. Per noi è un dogma a salvaguardia delle nazioni democratiche”.

Ed è con questo spirito che il dossier Indo-Pacifico è arrivato sul tavolo operativo di Palazzo Chigi. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è in partenza per Nuova Delhi, invitata dal suo omologo indiano, Narendra Modi, come ospite di eccezione al Raisina Dialogue, conferenza sulla sicurezza regionale organizzata dall’Orf, il più importante think tank del subcontinente. Come scritto proprio su Formiche dall’ambasciatore in India, Vincenzo De Luca, “gli equilibri che si stabiliranno nell’Indo-Pacifico influenzeranno in misura determinante le dinamiche globali, con effetti anche per il nostro Paese. L’Italia, assieme ai partner dell’Unione europea e nel quadro della strategia comune, ha chiara l’esigenza di fare la propria parte”.

Nell’incontro si sigleranno nuove forme di cooperazione di cui Matteo Perego di Cremnago, sottosegretario alla Difesa, appena rientrato da una missione indiana, ha delineato – per primo su Formiche.net – le potenzialità. Il driver è il settore in cui attualmente l’Italia può muovere più efficacemente le sue leve, il mondo difesa e sicurezza. È lì che incontra gli interessi indiani e quelli di altri partner. Come per esempio gli Emirati Arabi Uniti.

Meloni, di ritorno dal vertice con Modi, passerà probabilmente per gli Emirati Arabi Uniti (possibile un incontro con il presidente Mohammed bin Zayed), altro Paese interessato alle eccellenze (industriali e capacitive) che l’Italia può offrire da quel settore – sebbene non solo a quello. È infatti in costruzione un sistema di collegamento geostrategico tra Indo-Pacifico e Mediterraneo allargato, di cui Nuova Delhi e Abu Dhabi sono protagonisti: sicurezza energetica, alimentare, sanitaria, spaziale, sono alcuni dei grandi temi sul tavolo. Argomenti determinanti per navigare il futuro.

Emirati e India sono due dei motori che dinamizzano quest’asse globale che passa dai contatti tra Egitto e Corea del Sud (che mettono in relazione Suez e Busan, per dire), ma anche dall’importanza che l’apertura del corridoio omanita offre nell’ottica di collegare Israele all’Asia (il Levante mediterraneo con il Mar Cinese, sempre per continuare con le immagini).

Un quadro che rende l’idea di come le interconnessioni siano estremamente cruciali in questo momento, con la necessità di costruire supply chain più resilienti e protette – come la pandemia prima e la guerra russa in Ucraina poi ha insegnato. Una connettività dimostrata già nello spirito pratico, con progetti come Blue System e Raman System – il sistema di cavi sottomarini, curato da Sparkle del gruppo Tim, insieme a Google e altri operatori, che collegherà l’Europa all’India e che potrà essere esteso a altre aree dell’Indo-Pacifico.

Forme di collegamento mini-laterali stanno diventando il fattore chiave in questa fase storica, con l’Italia che potrebbe per esempio entrare come “terza I” nel sistema I2U2 che connette India, Israele, Uae e Usa. E qui arriva a perfezione l’incontro con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a Roma quando Meloni tornerà dal tour orientale. Allo stesso modo, collegamenti in consolidazione con il Giappone (anche in questo caso partendo dal mondo della difesa e sicurezza, vedere il cruciale capitolo Gcap, programma per il jet di nuova generazione) fanno supporre che l’Italia possa allungare la cooperazione con l’Inda creando ad esempio un trilaterale con Tokyo e Nuova Delhi.

Roma, con l’invio di “Nave Morosini” nell’Indo Pacifico sta dimostrando di essere maggiormente interessata alle attività di quell’area, seguendo lineamenti della strategia europea per la regione. E questo non significa sganciarsi dalle dinamiche della regione di prossimità. Piuttosto è l’acquisizione di consapevolezza che il Mediterraneo allargato è di fatto la spalla occidentale del perimetro indo-pacifico. E qui si segue anche un interesse dimostrato dal governo precedente, con la rotta che diventa un’orientazione strategica.

D’altronde, le missioni sul Golfo di Aden e sul bacino somalo – come “Atalanta” – cos’altro sono se non la protezione delle linee di collegamento tra le due regioni più vivaci del mondo? E dunque, se Atalanta protegge dalle mire dei pirati sui cargo entranti e uscenti tra Est e Ovest, l’implementazione di queste potrebbe essere la creazione di sistemi di collegamento politico tra i Paesi interessati e più attivi e capaci nel guidare certe dinamiche.

La posta in gioco riguarda la costruzione di quella che potremmo definire la Via del Cotone, infrastruttura geopolitica composta da Paesi like-minded, interessati alla protezione del diritto internazionale e delle libertà. E questo richiama il secondo grande tema asiatico che approda sul tavolo di Palazzo Chigi, il rinnovo del memorandum di intesa sulla Belt and Road Initiative – la Via della Seta. Nei fatti, la firma avventata al protocollo arrivata con il governo Conte I, non ha portato eccessivi benefici all’Italia (uno sbilanciamento politico che non ha dato guadagni nemmeno sul piano economico).

Differentemente il genere di partnership qui ipotizzate lungo la Via del Cotone, diventano un approccio molto concreto, basato su driver efficaci. Intese più prossime alla postura storica politico-mentale italiana, alla visione euro-atlantica e al moltiplicatore di forza che essa rappresenta.

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