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La politica industriale europea secondo Altiero Spinelli

Di Gian Paolo Manzella

È bene ricordare le idee di Altiero Spinelli nel momento in cui la politica industriale europea, dopo una lunga tormentata vicenda, si afferma sotto la spinta congiunta delle esigenze della doppia transizione e dell’autonomia strategica. Una memoria utile non solo per ricostruire quel passaggio della vicenda comunitaria e riscoprire le radici lunghe dei problemi europei di oggi. Parola di Gian Paolo Manzella, già sottosegretario al Mise

Non sono in molti, oggi, a ricordare che, all’inizio degli anni 70, Altiero Spinelli è stato commissario europeo all’industria. La sua figura di uomo dell’esecutivo comunitario è stata come oscurata da quella di storico autore del Manifesto di Ventotene, del pioniere del federalismo, dell’europarlamentare promotore del Patto costituzionale “del Coccodrillo”.

Ed invece il ruolo svolto da Spinelli sul piano della politica industriale europea è stato tanto anticipatore quanto quello svolto sugli altri aspetti della sua attività politica e istituzionale. È sufficiente, per convincersene, rileggere alcuni dei documenti più significativi della sua attività a Bruxelles ed alcune delle sue iniziative più qualificanti. Due, in particolare, sono di interesse se guardate con gli occhi di oggi: quando la questione di una politica industriale europea è tutti i giorni sui giornali.

La prima è il discorso tenuto da Spinelli alla Conferenza di Venezia del 1972 da lui organizzata con il significativo titolo “Industria e società nella Comunità europea”; la seconda è la sua dichiarazione del 7 febbraio 1975, in occasione della presentazione della prima comunicazione della Commissione in tema di materie prime. Nel discorso tenuto in apertura della Conferenza di Venezia e nella sua presa di posizione di tre anni successiva, Spinelli anticipa diversi temi, oggi attualissimi.

Il primo è la necessità stessa di una “vera” politica industriale europea, capace “di servire i bisogni della società”.

Il secondo profilo era la questione della sostenibilità della crescita: un tema che proprio in quegli anni conosceva specifica attenzione nel mondo delle idee a seguito del dibattito avviato da volume “I limiti dello sviluppo” promosso dal Club di Roma di Aurelio Peccei. Ma la dimensione ambientale era solo uno degli aspetti che Spinelli toccava in quel discorso, in cui si esplicitava l’obiettivo, per molti versi modernissimo, della qualità della vita: un concetto a cui Spinelli legava problemi come quelli della sicurezza sul lavoro, della democrazia industriale, della distribuzione della ricchezza tra i diversi gruppi sociali.

Il terzo tema era quello delle industrie di futuro. Anche qui Spinelli era all’avanguardia: a partire dal sostegno alle startup ed al Venture capital come perni della politica industriale europea, per arrivare sino al supporto agli investimenti dei grandi attori industriali attraverso contratti di sviluppo ed al dialogo con le multinazionali quali attori cruciali della crescita europea.

Il quarto tema era l’attenzione alla dimensione territoriale. Spinelli auspicava un aumento dei fondi disponibili e un maggiore impegno della Banca europea per gli investimenti. Anche qui prefigurava questioni che dovevano arrivare a maturazione solo anni dopo: quelli, cioè, dello stretto legame tra coesione e competitività, quali assi portanti e necessari della costruzione europea.

Il quinto tema dell’impostazione di politica industriale di Altiero Spinelli commissario era quello delle materie prime strategiche. Vi si ritrova la sottolineatura, con la consueta visione di anticipo, di questioni che sono oggi all’ordine del giorno: una sorta di “atmosfera di insicurezza” sulla questione, la rilevante ‘dipendenza’ europea in quasi tutte le materie prime, “l’inadeguato livello di diversificazione delle fonti di approvvigionamento” e “la posizione di forza dei fornitori”, la “ritrosia europea ad investire nelle attività di ricerca ed estrazione di minerali”.

E, ancora, “la minaccia, nel lungo termine, di una penuria delle materie prime”. Su queste basi, a causa della “enormità” dei problemi, Spinelli in quella sede auspicava un’azione con un preciso “fulcro” comunitario, ad evitare iniziative isolate dei singoli Stati membri.

Ecco, sono queste le idee che all’inizio degli anni Settanta, Altiero Spinelli metteva sul tavolo. Ed è bene ricordarle proprio nel momento in cui la politica industriale europea, dopo una lunga tormentata vicenda, si afferma sotto la spinta congiunta delle esigenze della doppia transizione e dell’autonomia strategica. Una memoria utile non solo per ricostruire quel passaggio della vicenda comunitaria e riscoprire le radici lunghe dei problemi europei di oggi. Riaffermare l’importanza di Altiero Spinelli in questo itinerario, ribadire il suo ruolo di pioniere inascoltato, come capita a chi vede i problemi e precorre i tempi ha, infatti, anche un altro valore.

Quello di incitare ad un ruolo attivo del nostro Paese nel contribuire a delineare, magari proprio nella linea di un’azione pubblica “al servizio dei bisogni” dei cittadini e della loro “qualità della vita”, i prossimi passi della politica industriale europea.

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