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La roadmap della Difesa tra innovazione e procurement. L’audizione di Portolano

Innovazione, procurement, una base industriale della Difesa competitiva e l’aumento del personale del dicastero. Questi i temi al centro dell’audizione del Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti, Luciano Portolano, sulle linee programmatiche del suo mandato, svoltasi presso le commissioni Affari esteri e Difesa di Camera e Senato

Preservare l’autonomia strategica tecnologica, attuare processi di procurement efficaci e flessibili per adattarsi al mutevole scenario contemporaneo e assicurarsi una base industriale competitiva a livello internazionale. Sono stati i principali obiettivi illustrati dal Segretario generale della Difesa (Sgd) e Direttore nazionale degli armamenti (Dna), generale Luciano Portolano, alle commissioni di Affari esteri e Difesa responsabili di Camera e Senato, nel corso delle sue audizioni sulle linee programmatiche del mandato. “La mia visione è improntata alla ricerca della massima sinergia con l’area tecnico-operativa, per comprenderne le esigenze capacitive in tutti i settori, e con il comparto industriale della Difesa, il mondo accademico e i centri di ricerca, per identificare soluzioni efficaci e innovative”, ha spiegato il generale.

Tecnologia, chiave della competizione

Nel suo discorso il generale ha evidenziato in particolare anche la necessità e la volontà di implementare la cooperazione con il settore della ricerca per lo sviluppo di tecnologie militari innovative, considerata la chiave per “rimanere competitivi nei confronti di potenziali avversari”. Dipendere da tecnologie altrui, infatti, significherebbe “subordinare la capacità di difesa nazionale alla volontà di coloro che detengono il know-how tecnologico”. Questo si traduce anche nella ricerca di equipaggiamenti militari all’avanguardia, in grado di operare efficacemente negli attuali contesti operativi.

Preservare l’autonomia strategica

In questo contesto, Portolano ha parlato della necessità di “preservare l’autonomia strategica nella ricerca scientifica, e tecnologica” e concentrare gli sforzi della Difesa nel rafforzamento della “sinergia con il mondo accademico, i centri di ricerca e con il comparto industriale”. Le Pmi e le startup vanno infatti valorizzate e coinvolte nel Piano nazionale di ricerca militare, così come nei progetti della cornice Nato e Ue, dal momento che secondo il generale il settore tecnologico militare ha il ruolo di amplificatore di influenza sulla scena internazionale. Perciò sarà funzionale far convergere i progetti di ricerca con le dinamiche proprie dello sviluppo dello strumento militare, concentrando le risorse nei settori-chiave, quali il cyber, il dominio spaziale e l’Intelligenza artificiale. In questo quadro è bene però fare anche una disamina dei gap capacitivi, grazie allo studio delle tecnologie emergenti e disruptive, e sarà “indispensabile far convergere, in modo più deciso, i progetti di ricerca con le dinamiche di sviluppo capacitivo dello strumento militare e con quelle di politica industriale della difesa”, ha spiegato Portolano.

Le nuove sfide poste dalla guerra in Ucraina

Sul piano internazionale, a detta del Dna, “per definire, in modo compiuto, le azioni e le priorità su cui indirizzare il nostro operato, è necessario comprendere gli effetti strategico-operativi che le dinamiche internazionali determinano sul sistema Difesa”. In questo senso l’invasione russa dell’Ucraina ha mostrato con chiarezza sia la difficoltà di schierare contingenti e forze in aree di crisi sia la scarsità degli armamenti a disposizione. Carenze collegate a problemi di investimenti, e mitigabili secondo il Dna con il raggiungimento del 2% del Pil da destinare al budget militare, in linea con quanto prescritto dalla Nato. Per fronteggiare le nuove sfide sorte con lo scoppio della guerra russo-ucraina per Portolano è dunque importante poter contare sul “possesso del know-how tecnologico” e sulle capacità, rispondendo così alla necessità di una “catena di approvvigionamento certa ed efficace”. Gli sforzi dovranno pertanto, secondo il generale, mettere in sinergia tre orizzonti temporali: nel breve termine “ripianare i sistemi d’arma e le scorte di munizioni” cedute a Kiev, nel medio termine “colmare i gap capacitivi già esistenti prima della crisi”, mentre nel lungo termine “sviluppare capacità operative, ossia sistemi, tecnologie, infrastrutture e risorse umane all’altezza delle sfide e degli scenari futuri”.

Verso un procurement ancora più efficace

Tra gli obiettivi principali del proprio mandato, il Sgd intende “attuare “processi di procurement efficaci, aderenti alle esigenze dell’area tecnico-operativa e flessibili per adattarsi a uno scenario continuamente mutevole”. La missione (non affatto semplice) è quindi di fornire le migliori capacità nel minor tempo possibile. Per realizzare tutto ciò si rende necessario secondo Portolano sia “adottare processi agili e flessibili” sia puntare sulla “sinergia con lo Stato maggiore della Difesa e con le Forze armate, oltre che con il comparto industriale, al fine di individuare le capacità e le tecnologie più idonee a soddisfare le esigenze operative”. La strada intrapresa per realizzare tali obiettivi è quella di “implementare degli specifici integrated project team”, interdisciplinari e multistakeholder per comprendere le esigenze operative. Tale approccio è stato utilizzato ad esempio per il Global compact air programme (Gcap) e o per lo sviluppo dell’elicottero di nuova generazione. In conclusione, il Dna ha sottolineato l’importanza di “massimizzare le opportunità che emergono in ambito internazionale, con particolare riferimento ai progetti finanziati dal fondo europeo per la difesa, lo European defence fund”. Proprio per questo si è già dato il via per costituire un gruppo di lavoro specifico per coordinare le attività nazionali relative all’Epf.

La competitività industriale

Un’altra priorità riguarda il disporre di “una base industriale della difesa competitiva a livello internazionale”. Anche in questo frangente la strada scelta è quella di integrare tutti gli attori del comparto per “perseguire un’unica visione strategica”. In particolare, la prima condizione per realizzare tale obiettivo è “il superamento del binomio cliente-fornitore tra Difesa e industria”, per farlo Portolano si è detto intenzionato a “sfruttare tutti gli strumenti a disposizione, con particolare rifermento al tavolo di coordinamento della politica industriale”, un’iniziativa non circoscritta al solo ministero della Difesa ma che vede l’attivo coinvolgimento di tutto il “sistema Difesa”, dall’industria al mondo accademico. Per il successo dell’implementazione del piano, bisogna individuare le capacità operative fondamentali e l’identificazione dei volumi strumentali e finanziari necessari. Per la riuscita di tutto ciò, a detta del generale sarebbe dunque “importante definire un nuovo modello di finanziamento del settore di investimento della difesa, basato su una legge ‘triennale sull’investimento’”. Inoltre, in questo contesto, deve essere garantita la security of supply, che mira a garantire materie prime e capacità autonoma di produrre componenti essenziali. In tale quadro rientra il dialogo avviato con Agenzia industrie difesa (Aid) “per mappare le catene di approvvigionamento delle materie prime, dei semilavorati e della componentistica essenziale”, ha spiegato ancora Portolano. A tutto ciò si aggiunge una seconda linea di azione, descritta dal Dna, legata alla promozione della cooperazione industriale finalizzata alla crescita. Ricercando dunque un equilibrio tra le dinamiche di protezione con il Golden power e l’integrazione industriale per la competitività. Per promuovere le eccellenze saranno “sostenute e incrementate le opportunità di export”, dalle quali dipendono i “tre quarti del fatturato del nostro comparto industriale”. Uno degli strumenti normativi più promettenti è rappresentato dagli accordi di politica industriale Government-to-Government (G2G).

La mancanza di personale civile

“Assicurare risorse umane qualificate e in linea con i volumi organici”. Questa la ricetta del Snd per il personale civile. Il dicastero della Difesa sta infatti soffrendo di carenze di impiegati sia a causa “dei blocchi delle assunzioni” sia per via del “raggiungimento dell’età pensionabile da parte di corpose aliquote, assunte negli anni Ottanta”. Tale obiettivo richiede di mantenere aggiornato il censimento qualitativo e quantitativo delle qualità necessarie per ottimizzare le procedure concorsuali e sfruttare l’intero budget. Infine Portolano ha parlato di un piano di assunzioni dei civili che, se seguito e sviluppato, porterebbe la forza organica a ventimila unità entro il 2025.


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