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Dietro il negozio di elettronica, una banca clandestina cinese. Arresti a Firenze

L’“istituto” avrebbe offerto servizi occulti di trasferimento di denaro dietro pagamento del 2,5% dell’importo movimentato. Sotto indagine 13 persone. Tutti i dettagli

Movimenti di soldi illegali tra Prato, Firenze e la Cina grazie a una banca clandestina con sede in un negozio di elettronica a Firenze e una filiale a Prato. Questo “istituto” offriva servizi occulti di trasferimento di denaro in Cina dietro pagamento del 2,5% dell’importo trasferito. Due persone di origini cinesi sono state arrestate dalla Guardia di finanza per associazione a delinquere dedita alla commissione di reati di esercizio abusivo dell’attività finanziaria e bancaria.

L’ORDINANZA ODIERNA

L’ordinanza è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze. Sotto indagine ci sono 13 persone in totale, tutte cinesi, per appartenenza ad associazione a delinquere, esercizio abusivo dell’attività finanziaria e bancaria e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Inoltre, il giudice ha disposto il sequestro preventivo di denaro costituente il prezzo del reato per circa 74.000 euro. L’indagine è stata eseguita dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Firenze.

LO SCHEMA

Il giudice per le indagini preliminari ha accolto l’ipotesi accusatoria avanzata dall’ufficio del Pubblico ministero. Il servizio specializzato consisteva nell’accogliere i clienti, tutti imprenditori sinici operanti nel settore della pelletteria e dell’abbigliamento, e nel ritirare il contante che si intendeva trasferire senza essere tracciati tramite gli intermediari abilitati dalla Banca d’Italia. Il sistema di trasferimento aveva due principali canali: per piccoli importi gli indagati usavano le applicazioni WeChat e Alipay, che consentono trasferimenti di denaro associando a un conto una o più carte di credito dalle quali, al momento del pagamento, viene prelevato l’importo esatto ritiro. Per importi più consistenti, attraverso un meccanismo più complesso: il denaro veniva anticipato attraverso conti correnti e carte bancarie accesi in Cina in favore di altri soggetti in Cina indicati dagli stessi clienti, dopodiché il denaro raccolto in contanti nel negozio fiorentino o nella filiale pratese veniva prelevato da ulteriori connazionali (i cosiddetti “trasferitori”) e trasportato fisicamente in madrepatria con altre modalità. In alcuni casi erano i “trasferitori” che mettevano a disposizione in Oriente proprie provviste di denaro su richiesta del sodalizio indagato a fronte di una ulteriore commissione. In taluni casi la banca clandestina metteva a disposizione dei propri clienti denaro contante dopo aver ricevuto un bonifico sui conti correnti nella Repubblica Popolare.

I BENI DI LUSSO

Dalle indagini è emerso che, al fine di creare un’adeguata provvista che consentisse far arrivare il denaro ritirato in contanti ai clienti finali, in taluni casi gli indagati avrebbero comprato in Italia, su commissione di connazionali residenti in madrepatria, beni di lusso da inviare loro: a fronte di tali acquisti i committenti accreditavano la relativa somma, comprensiva di commissioni per il servizio reso, sui conti correnti esteri degli indagati, in modo tale da non necessitare il trasferimento del contante ritirato in Italia verso il Paese di origine.

LA FASE PANDEMICA

Le indagini hanno inoltre permesso di evidenziare le criticità in cui sono incorsi gli indagati per trasferire il denaro durante il periodo pandemico a causa delle restrizioni sulla circolazione e dei relativi controlli sugli spostamenti delle persone. Gli indagati infatti si dolgono del fatto che, per i cosiddetti “spalloni”, era diventato più complicato far entrare il denaro in Cina a causa della cancellazione dei voli verso quel Paese, pertanto indicavano che la soluzione utilizzata era il trasporto via container ovvero il trasporto diretto via auto da parte degli “spalloni” fuori dal confine nazionale per versarli presso banche estere ove la legislazione antiriciclaggio era meno stringente.

IL SEQUESTRO

Durante le indagini è stato inoltre sequestrato, complessivamente, un milione di euro in contanti oggetto di ritiro da parte della banca clandestina e di cui si tentava il trasferimento all’estero, in un caso anche tramite un connazionale proveniente dall’Ungheria (sempre più snodo cruciale degli affari tra Cina ed Europa). I circa 74.000 euro oggetto dell’odierno sequestro disposto dal giudice per le indagini preliminari costituiscono il 2,5% di commissione incassata a fronte del ritiro di circa 3 milioni di euro conferiti dai clienti, somma incassata che si è potuto documentare durante le indagini.

L’INTERROGAZIONE PARLAMENTARE

Nei giorni scorsi, il Partito democratico ha chiesto al governo risposte in merito alle relazioni del quotidiano La Repubblica su una banca segreta con filiali a Roma, Firenze, Padova, Prato, Napoli e Reggio Calabria, che muove miliardi di euro verso la Cina offrendo servizi speciali per clienti speciali. “China underground bank” – così la chiamano gli investigatori italiani, a partire da quelli della Guardia di Finanza – serve narcotrafficanti legati alla camorra e alla ‘ndrangheta, imprenditori in gran parte del Nord Est, oligarchi russi che dopo le sanzioni per la guerra in Ucraina non possono fare acquisti tracciati in Italia e super ricchi cinesi che vogliono fare shopping nelle grandi vie della moda italiana.



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