“China underground bank” la chiamano gli investigatori della Guardia di Finanza. Ha filiali a Roma, Firenze, Padova, Prato, Napoli e Reggio Calabria. Muove miliardi di euro verso la Cina offrendo servizi speciali. Lo racconta La Repubblica
Gli investigatori italiani, a partire da quelli della Guardia di Finanza, la chiamano “China underground bank”. È una banca segreta con filiali a Roma, Firenze, Padova, Prato, Napoli e Reggio Calabria, un istituto di credito che muove miliardi di euro verso la Cina offrendo servizi speciali per clienti speciali. Lo racconta La Repubblica spiegando che la sigla è entrata anche nei sistemi dell’Europol, che ha già lanciato un alert a tutte le polizie dell’Unione europea.
Non sono solo singole operazioni sospette o attività di piccole transazioni di cinesi che inviano soldi in Madrepatria, frutto di riciclaggio ed evasione spesso della stessa economia illegale cinese in Italia (come raccontato dalla nostra intelligence nell’ultima relazione annuale). “Ma nel sottosuolo del nostro Paese si sta muovendo un sistema organizzato e complesso”, si legge. Si tratta di un’istituto in grado di riciclare somme miliardarie senza lasciare traccia (da 1 a 2 miliardi di euro all’anno), facendo arrivare un fiume di denaro nei conti correnti delle grandi banche di Stato cinesi. Ragion per cui a esso si rivolgono narcotrafficanti legati alla camorra e alla ‘ndrangheta, imprenditori in gran parte del Nord Est, gli oligarchi russi che dopo le sanzioni per la guerra in Ucraina non possono fare acquisti tracciati in Italia, i super ricchi cinesi che vogliono fare shopping nelle grandi vie della moda italiana.
La Repubblica ha anche raccontato come, “poco prima del lockdown, per Roma girasse un avvocato che provava ad acquisire, per conto di aziende direttamente riconducibili a Pechino, i pacchetti di maggioranza di aziende strategiche. Lo faceva attraverso società vettore che servivano unicamente a schermare la vendita in modo da non permettere poi alle autorità italiane di risalire ai reali compratori. Il calcolo è stato sbagliato: come documenta l’inchiesta su Alpi Aviation, l’azienda di droni che stava per finire in mano cinese, il nostro Paese si è mosso. Con la Procura, la Polizia giudiziaria e infine con la politica”, con il governo Draghi che ha rafforzato la normativa Golden power.