“Abbiamo visto cosa significa renderci totalmente dipendenti dal mercato cinese”, dice Adriana Castagnoli in una conversazione con Formiche.net. “Se vogliamo salvare le catene del valore dobbiamo porci il problema di come salvaguardarle diversificando i fornitori”. Il ruolo del continente africano
“Il problema è che esistono le politiche nazionali, e ci sono Paesi come Germania e Francia che hanno sempre portato avanti una propria politica nazionale all’interno dell’Ue”, spiega a Formiche.net Adriana Castagnoli, storica ed economista, editorialista de Il Sole 24 Ore. Il tema è lo scontro tra Ursula von der Leyen e Charles Michel, ed è proprio da qui che si deve partire per cercare di capire a cosa sia dovuto.
Cosa c’è dietro alle frizioni tra le due figure di vertice dell’Ue?
Il presidente del Consiglio europeo è il rappresentante degli Stati nazionali e i suoi attacchi a von der Leyen espongono quello che è il ventre molle dell’Ue: il fatto che sia un’unione di Stati non federati. La presidente ha un ruolo esecutivo e questa è la contraddizione di fondo insita nella costruzione europea. C’è forse anche, in parte, una questione di personalità che non si trovano molto. Ma in realtà credo che il poi il vero problema sia che esistono le politiche nazionali, e ci sono Paesi come Germania e Francia che hanno sempre portato avanti una propria politica nazionale all’interno dell’Ue.
Fu Macron a teorizzare una autonomia strategica dell’Ue. Cosa dovrebbe essere? E fin dove arriverebbe? A parte che per sviluppare un’autonomia di quel genere dovremmo avere un’unione federata, con una elevata capacità fiscale. Pensiamo agli Stati Uniti: prima di avere un fisco federato investivano pochissimo in bilancio, fino alla Seconda Guerra. Oggi gli USA investono moltissimo a livello federale, ad esempio con investimenti sulla tecnologia. Abbiamo sperimentato cosa vuol dire quando Biden ha varato l’Inflation Reduction Act, con le sue conseguenze sull’Europa.
Von der Leyen è andata oltre il proprio mandato evitando di passare dal Consiglio?
C’è una contrapposizione che è interpretativa. A mio giudizio, forse non ha seguito il garbo istituzionale, ma non è andata oltre il suo mandato. L’Unione europea ha dei tempi molto lunghi nelle sue decisioni e qui c’è un’urgenza.
L’urgenza di seguire i nostri alleati sui rapporti con la Cina…
Ovviamente, il decoupling riguarda le terre rare alla base delle tecnologie attuali. La Cina nei decenni scorsi ne ha monopolizzato la produzione. Se vogliamo salvare le catene del valore dobbiamo porci il problema di come salvaguardarle e quindi di diversificare i fornitori. Abbiamo visto cosa significa renderci totalmente dipendenti dal mercato cinese. Che per di più è un controllato da un regime autocratico che non segue neanche lontanamente le regole di mercato.
Nella dichiarazione congiunta Biden e von der Leyen hanno parlato anche della collaborazione sull’idrogeno.
Sì noi sappiamo che l’Ue sta puntando molto sull’idrogeno, in particolare sull’Africa, ma non so quanto questo sarà apprezzato da alcuni africani perché già si parla di un nuovo colonialismo per come viene impostato. Ovvero con un modello di estrazione delle risorse. L’Africa è un continente su cui si gioca il futuro e dove la Cina è presente, così come la Russia, l’Arabia Saudita, l’Iran. Sono tutti Paesi che stanno costruendo triangolazioni diverse, spostando il baricentro verso l’Asia. C’è l’India che ha ancora ottimi rapporti con i Paesi africani e, anche se non è esattamente una democrazia, la chiamiamo la “più grande democrazia del mondo” e che comunque ha interesse a essere ben distinta dalla Cina.
Qual è la posizione dell’Italia?
L’Italia punta molto sull’idrogeno perché pensa di poterne diventare un hub, come si era già teorizzato tempo fa. Però quale idrogeno? Prodotto come? Dovrebbe essere green ma ad oggi viene prodotto con fonti fossili e poi questo comporterà degli investimenti di lunga durata e dei rapporti con i paesi africani. Questi sono Stati storicamente disegnati sulla mappa geografica che non corrispondono alle nazionalità che li abitano. Da lì proviene il continuo fervore etnico che diventa spesso conflitto. Quei Paesi acquisiranno sempre più rilevanza e il punto sarà trovare un equilibrio.