Dopo l’ascesa al potere nel principale partito della sinistra italiana, cioè il Pd, di Elly Schlein, è evidente a tutti che ruolo e la funzione specifica dei cattolici popolari e sociali è destinato a cambiare profondamente. E le prime avvisaglie sono immediatamente arrivate. Il commento di Giorgio Merlo
Il grande storico cattolico Pietro Scoppola amava dire che il rapporto cattolici e politica in Italia è sempre stato una sorta di historia dolorum. Cioè una convivenza feconda ed importante per la qualità della nostra democrazia e il futuro delle nostre istituzioni ma sempre carica di difficoltà e anche di contraddizioni.
Ora, dopo l’ascesa al potere nel principale partito della sinistra italiana, cioè il Pd, di Elly Schlein, è evidente a tutti che anche da quelle parti il ruolo e la funzione specifica dei cattolici popolari e sociali è destinato a cambiare profondamente. E le prime avvisaglie sono immediatamente arrivate. La manifestazione di Milano dei giorni scorsi organizzata dalle “famiglie arcobaleno” ha visto proprio nel nuovo segretario del Pd il punto di riferimento politico e culturale di quel mondo, seppur variegato e complesso. Ma quello su cui voglio richiamare l’attenzione è che proprio quella iniziativa milanese finalizzata alla difesa di alcuni diritti non ha affatto riproposto la storica contrapposizione tra i “guelfi” e i “ghibellini” come avevamo conosciuto nel passato.
Perché in discussione, adesso, c’è semplicemente una visione differente della società frutto anche, e soprattutto, di un sistema valoriale, etico, culturale e politico diverso se non addirittura alternativo. Semmai, e al contrario, emergono in modo netto e tagliente le diversità culturali che non possono più essere sottaciute o, peggio ancora, sacrificate sull’altare di piccole convenienze personali o di corrente. Il tutto senza
erigere alcun steccato ideologico, confessionale o addirittura di natura clericale e reazionaria.
A cominciare anche, e soprattutto, dalla cultura cattolico popolare. Un filone di pensiero che non può, soprattutto di fronte all’ennesima riproposizione della cultura radicale, libertaria e laicista, non far sentire laicamente e rispettosamente la sua voce. Ora, per fugare qualsiasi equivoco, non c’è nessuno che pensa di bloccare i diritti delle persone e, men che meno, i diritti sacrosanti dei bambini, in virtù di una concezione, ripeto, culturale e politica confessionale o clericale.
Chi fa accuse del genere, com’è ovvio e scontato, fa solo propaganda politica e bassa speculazione giornalistica e culturale. Semmai, e al contrario, si tratta di avere il coraggio e la coerenza di riaffermare laicamente la propria visione culturale, e di società, senza per questo negare diritti altrui o non riconoscere la dignità di tutte le persone e di tutte le esperienze di relazione affettiva che sono presenti nella nostra società sempre più articolata e pluralistica.
E quella dei cattolici popolari, soprattutto dopo un lento ma irreversibile ritorno delle culture politiche e delle stesse identità politiche, non può che ritornare visibile. Un protagonismo che prescinde, però, da prove di forza o da riaffermazioni integralistiche. E questo per la semplice
ragione che le culture politiche, nello specifico quelle democratiche, riformiste e costituzionali, continuano ad essere punto di riferimento e bussola di orientamento delle persone nella misura in cui non rinunciano alla propria specificità ed originalità.
Del resto, i grandi leader del passato del cattolicesimo popolare e sociale hanno sempre avuto il coraggio, la coerenza e la dignità di non rinunciare alle proprie idee e alle proprie convinzioni. Erano sì leader e statisti politici ma erano anche, e soprattutto, nella loro comunità di riferimento degli educatori e dei modelli a cui guardare con rispetto ed ammirazione. E oggi, come ieri, la vera sfida dei cattolici popolari è propria quella di riproporre un modello di coerenza con la propria tradizione culturale e storica accompagnata dal coraggio di inverarla nella società contemporanea. Senza alcuna presunzione, senza alcuna arroganza e, soprattutto, senza alcuna deriva confessionale e clericale. E sempre nel pieno rispetto del principio della laicità dell’azione politica.