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Il terzo polo e i cattolici, il partito che verrà secondo Merlo

È sempre più indispensabile definire il polo di centro, dove l’innesto cattolico popolare e sociale non potrà che essere visibile, percepito e protagonista. Come ha precisato l’ex ministra Elena Bonetti. Il commento di Giorgio Merlo

Elena Bonetti, già ministro nel governo Draghi ed esponente di spicco del cosiddetto “terzo polo”, l’ha detto con rara chiarezza e con grande determinazione. E cioè, “è necessario che nel nuovo partito che nascerà ci sia un’anima costituente popolare, che prende le proprie origini dal cattolicesimo democratico e sociale”.

Ecco, in poche e semplici parole Elena Bonetti ha spiegato come deve decollare e come si deve organizzare lo spazio politico di un Centro riformista, dinamico, innovativo e moderno nel nostro Paese. Certo, sempre la Bonetti accompagna queste parole sostenendo, giustamente, che il futuro partito di centro deve essere “capace di essere un polo che ricompone e orienta posizioni differenti per giungere ad una sintesi in avanti”. E quindi, e di conseguenza, un incontro di “anime liberali, socialiste, popolari”. Per finire che “i cattolici sono chiamati ad essere protagonisti nel processo decisionale, per incidere e guidare la sintesi necessaria”.

Ora, di fonte al consolidamento della destra democratica di governo da un lato e al cambiamento radicale del profilo e dell’identità politico e culturale del Partito democratico dall’altro, è sempre più indispensabile definire e costruire il polo di centro. Uno spazio politico che, com’è evidente a tutti, non può che essere plurale e che, per fermarsi all’esperienza cattolico popolare e sociale, non può che vederla protagonista nella stessa costruzione del progetto politico complessivo del partito. Certo, su questo versante non possiamo dimenticare la concreta esperienza di ciò che capita nel Pd dopo la vittoria a valanga di Elly Schlein. E cioè, gli ex popolari sono destinati a ricoprire lo stesso ruolo che ebbero negli anni ‘70 i “cattolici indipendenti di sinistra” all’interno del glorioso Partito Comunista Italiano. Un ruolo del tutto marginale e periferico se non per confermare, appunto, una virtuale ed anacronistica natura “plurale” di quello storico partito.

Ma se il Pd, per il cambiamento della sua identità e del suo profilo – e cioè da partito plurale a movimento politico radicale, libertario, estremista e massimalista – non può che ridurre i cattolici popolari ad un ruolo del tutto ornamentale ed ininfluente, con buona pace dei vari Castagnetti e Del Rio, il futuro partito di centro può essere una grande opportunità per una tradizione culturale che storicamente ha svolto un ruolo decisivo e qualificante per costruire una “politica di centro” contro gli “opposti estremismi” e un sempre più insopportabile “bipolarismo selvaggio”. Ma tutto ciò è possibile solo se il partito di centro sarà autenticamente e visibilmente plurale.

Nella sua accezione più profonda, cioè nella costruzione del progetto politico complessivo con la partecipazione attiva alla fase costituente. E questo si rende necessario anche per un altro elemento. E cioè, non è lontanamente pensabile costruire un partito di centro che assomigli ad una sorta di “partito repubblicano o liberale” di massa. Di massa si fa per dire, come ovvio e scontato. Un partito di centro è credibile nella misura in cui la cultura politica del cattolicesimo popolare e sociale riesce a portare un contributo di qualità nel progetto del partito, ben sapendo che quella tradizione non solo è portatrice di valori e di principi che conservano una bruciante attualità ma anche, e soprattutto, perché rappresenta un pezzo di società che non si riconosce banalmente nella polarizzazione selvaggia e dogmatica della destra e della sinistra.

Infine, in una fase politica che contempla ancora una volta una marcata scomposizione e ricomposizione del quadro politico riconducibile a ciò che è capitato nel Pd, innanzitutto, ma anche sul futuro versante delle alleanze, è giocoforza che il cattolicesimo popolare ritorni a giocare un ruolo politico in prima linea. Del resto, la stagione della sola testimonianza o del solo pre politico sono giunti al capolinea. Adesso è indispensabile un rinnovato e qualificato impegno politico e, su questo fronte, innovare e irrobustire il campo di un centro dinamico, riformista e democratico diventa quasi un dovere morale. E questo anche perché, e finalmente, le tradizionali identità politiche possono tornare nuovamente protagoniste. La destra democratica e di governo con Giorgia Meloni; la sinistra radicale e libertaria con Elly Schlein e un centro riformista e di governo. Dove, però, l’innesto cattolico popolare e sociale non potrà che essere visibile, percepito e protagonista. Come, giustamente, ha scritto e detto Elena Bonetti.


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