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Le zampe del Dragone sull’elite italiana. I casi Silk Faw e Alpi Aviation

Le vicende della fallita joint venture delle hypercar in Emilia-Romagna e della vendita illegale del produttore di droni friulano hanno un elemento in comune: Pechino ha tentato di sfruttare figure di spicco della società civile locale. Ecco perché

Nemmeno il tempo di accendere i motori che Silk Faw, joint venture sino-americana delle hypercar elettriche di lusso sportive, aveva già arruolato dei pesi massimi: il designer Walter de Silva, come responsabile dello stile; Roberto Fedeli, ex Ferrari, come vicepresidente; Amedeo Felisa, ex amministratore delegato di Ferrari, come consigliere; Katia Bassi, un passato in Ferrari, Lamborghini e Aston Martin, morta nel novembre scorso, come direttore amministrativo.

Amedeo Felisa

A settembre del 2021 aveva fatto il suo debutto in Italia la Silk-Faw Hypercar S9. Poi erano state annunciate la S7 e la sua versione berlina. Ma i lavori a Reggio Emilia – un investimento annunciato da un miliardo di euro nell’area di Gavassa, su un totale di 320.000 metri quadrati, per un migliaio di dipendenti – non sono mai partiti, il terreno è rimasto vuoto, i dipendenti hanno iniziato a non percepire gli stipendi dall’estate scorsa e de Silva, Felisa e Fedeli hanno lasciato il progetto (gli ultimi due sono alla guida di Aston Martin ora). L’unica dichiarazione pubblica dell’azienda è datata novembre, per ricordare la defunta Bassi.

Da mesi, ormai, la procura di Reggio Emilia indaga assieme alla Guardia di Finanza per reati fiscali. Nelle scorse settimane, la Regione Emilia-Romagna ha revocato i 4,5 milioni di euro concessi (ma mai versati) all’azienda e ha stracciato l’accordo per l’insediamento a Gavassa di Reggio Emilia (terreno mai neppure acquistato dalla società). Il Resto del Carlino ha dato notizia di un blitz della Guardia di Finanza negli uffici di Invitalia a Roma per sequestrare le pratiche con cui Silk-Faw aveva chiesto 38 milioni di aiuti tramite accesso ai fondi del Pnrr, promettendo 380 milioni di investimenti. Gli inquirenti indagano per tentata truffa aggravata ai danni dello Stato. Inoltre, stanno anche scandagliando i conti dell’azienda e il giro di finanziamenti con altre società afferenti (soprattutto alcune operazioni depositate e transitate dalle Isole Cayman) per accertare se possa sussistere anche un’ipotesi di riciclaggio.

Scrive Il Sole 24 Ore che “i continui rinvii di date e l’opacità finanziaria dietro alle scatole societarie” sono diventati “un campanello di allarme diventato quasi assordante” in Regione. Il quotidiano ricorda che “l’operazione fa capo a Silk Sports Car Company, che ha assorbito il veicolo iniziale Silk EV ed è controllata da una omonima impresa di diritto irlandese controllata all’85% da [Jonathan] Krane e di cui Faw ha solo il 15% e pare non si trovino finanziatori e investitori che anticipino il denaro per mantenere gli impegni annunciati”.

“Una grande occasione persa”, ha commentato Romano Prodi, ex presidente del Consiglio, parlando con Il Resto del Carlino e negando di esserne stato il promotore come a più riprese e in più situazione riportato.

Come detto, Silk Faw, joint venture che coinvolge anche il noto marchio cinese legatissimo al Partito comunista cinese di Xi Jinping, è andata a caccia di manager e designer italiani. Prima di tutto, di volti che possano servire sia agli scopi “interni” sia a quelli “esterni”: raccontare ai cinesi lo sviluppo e il prestigio internazionale raggiunto dal Paese sotto il Partito comunista cinese; rassicurare gli interlocutori italiani, anche sfruttando le relazioni di queste figure.

Si chiama elite capture. Se ne parla in due libri recentemente pubblicati: The Defender’s Dilemma” di Elisabeth Braw e “Hidden Hand” di Clive Hamilton e Mareike Ohlberg. “Le nomine aziendali sono un aspetto particolarmente problematico del fenomeno dell’elite capture”, scrive Braw. “Durante la Guerra fredda, le poche aziende del Patto di Varsavia attive in Occidente non erano certo in grado di offrire posti di lavoro o nomine nei consigli di amministrazione a politici in pensione e ad altri membri di spicco della società. Oggi, simili opportunità sono abbondanti”.

Niente di nuovo. Anche nel caso di Alpi Aviation, l’azienda friulana produttrice di droni passata violando le leggi italiani nelle mani di due gruppi statuali di Pechino, i cinesi avevano cercato volti italiani. Nello specifico, quello di Massimo Tammaro, già manager Ferrari ma soprattutto un ex militare, ex comandante della Frecce Tricolori. Oggi sul suo profilo LinkedIn non cita

Massimo Tammaro

più tra le sue esperienza quella in Alpi Aviation. Che, invece, è diventato un caso di studio anche per l’intelligence americana. Il governo Draghi ha annullato quella vendita ma ormai le competenze di Alpi Aviation potrebbe essere volate per sempre in Cina. L’acquisizione, spiegavano gli investigatori della Guardia di Finanza, non avrebbe avuto scopi di investimento ma l’acquisizione di know-how tecnologico e militare

E anche qui, niente di nuovo. Il Sole 24 Ore ricorda l’acquisizione di Goldoni da parte del numero uno cinese della meccanica agricola, il gruppo Lovol Arbos. Tre anni di gestione (2015-2018), “giusto il tempo per i cinesi di acquisire know-how e progetti del marchio secolare di Migliarina di Carpi, fare carta straccia del piano triennale che prevedeva la costruzione del più grande centro R&S dei trattori a campo aperto in Europa e lasciare a spasso 220 dipendenti”, scrive il giornale economico.

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