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La cooperazione scientifica russo-cinese è un cambiamento strategico

Mentre il dibattito occidentale si è concentrato sugli possibili scambi di armamenti tra Russia e Cina, sottotraccia è avvenuta una trasformazione storica: la cooperazione scientifico-tecnologica. Il ruolo delle università e la storia dei rapporti tra i due Paesi, tra sospetti, spie e arresti

Mentre Vladimir Putin era impegnato a corteggiare Xi Jinping al Cremlino, con molti che si chiedevano se la loro cooperazione si fosse estesa alle spedizioni di armi, un cambiamento più strategico stava emergendo tra Cina e Russia.

A marzo, un numero talmente elevato di russi ha richiesto il visto per la Cina che il numero allocato per due mesi è stato esaurito in due giorni. L’enorme richiesta è stata indotta in parte da turisti desiderosi di vedere la Cina ora che le restrizioni sono state rimosse, ma l’afflusso ha coinvolto anche uomini d’affari che cercano di porre fine alla carestia di tecnologia e attrezzature causata dalle sanzioni per l’invasione dell’Ucraina. Molti richiedenti erano dipendenti di aziende russe di informatica e telecomunicazioni che speravano di partecipare alla fiera di Canton a Guangzhou in aprile.

Non è stata quindi una sorpresa che uno degli accordi firmati da Putin e Xi riguardasse la cooperazione nel campo delle tecnologie dell’informazione e dell’economia digitale. In maniera non esplicita, ma chiara per chiunque segua le relazioni russo-cinesi, l’accordo ha significato concessioni significative e ha rafforzato la tesi secondo cui il Cremlino sta ora facendo da fratello minore al regime di Xi. Si tratta di una svolta a cui i cinesi aspiravano da decenni.

È vero che la cooperazione tecnologica non è stata interrotta dalla guerra. Se Huawei ha chiuso la sua divisione aziendale in Russia, il gigante delle telecomunicazioni mantiene comunque dei centri di ricerca e sviluppo a Mosca, San Pietroburgo, Nizhny Novgorod e Novosibirsk, tra cui l’Istituto di ricerca Huawei, che ha assunto nuovi ricercatori durante il primo anno di guerra. Ma di maggiore interesse per la Cina è l’accesso ai programmi di R&D tecnologico russi, gli stessi di cui si sono nutriti i suoi scienziati negli Stati Uniti.
Negli anni ’70 l’amministrazione Carter, desiderosa di normalizzare le relazioni diplomatiche attraverso gli scambi formativi, offrì posti per studenti cinesi negli Stati Uniti.

I cinesi colsero al volo l’opportunità e, invece delle poche centinaia previste dal Dipartimento di Stato, la Cina chiese tanti posti per i suoi studenti quanti ne avevano tutti gli altri Paesi messi insieme: ne arrivarono decine di migliaia, secondo libro di Daniel Golden del 2017 “Spy Schools: How the Cia, Fbi, and Foreign Intelligence Secretly Exploit America’s Universities”. Questo era solo l’inizio.

Mentre i laureati americani in ingegneria o in informatica entrano in aziende high-tech o lanciano startup, sono gli studenti internazionali, molti dei quali provenienti dalla Cina, a dominare i programmi di laurea in questi campi nelle università statunitensi, fornendo la forza lavoro per la ricerca d’avanguardia statunitense.

La Russia non ha mai consentito agli studenti cinesi questo tipo di accesso: la paranoia di entrambe le parti ha impedito una piena cooperazione nell’istruzione tecnica.

La Cina inviò i suoi primi studenti in Russia nel settembre 1948, per studiare ingegneria e medicina. Molti hanno frequentato la scuola di ingegneria Bauman a Mosca, sul fiume Yauza, oggi Università Tecnica Statale Bauman di Mosca. Si tratta della migliore università di ingegneria del Paese, che è stata fortemente coinvolta nella ricerca militare e sulla sicurezza, dai missili ai carri armati, fino alle tecnologie di sorveglianza. È dove si è laureato Andrei Bykov, vicecapo dell’Fsb negli anni Novanta e padre del progetto di sorveglianza delle telecomunicazioni russe Sorm.

Ma questo roseo periodo di cooperazione si è interrotto bruscamente nel 1962, in seguito al peggioramento delle relazioni tra i due Paesi. Gli studenti cinesi hanno iniziato a tornare solo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Ancora una volta, si sono concentrati su Bauman, uno sforzo promosso da uno statista cinese, Song Jian, il padre del primo missile balistico cinese lanciato da un sottomarino, il JL-1. Laureato alla Bauman, Song Jian è stato presidente onorario della società dei laureati cinesi dell’Università Bauman negli anni Novanta e presidente dell’Accademia cinese di ingegneria, ma soprattutto ha diretto la Commissione statale per la scienza e la tecnologia, il principale organo governativo che sovrintende allo sviluppo scientifico in Cina.

L’Università Bauman ha accolto studenti cinesi, ma non in gran numero, e nessuno è rimasto a fare ricerca, a differenza delle università statunitensi. Negli anni Duemila, l’atmosfera è peggiorata quando la comunità di ricerca russa è stata colpita dalla mania delle spie e sottoposta a una spietata campagna dell’Fsb. È interessante notare che non si trattava solo di presunte spie occidentali. Tra le persone imprigionate sulla base di prove dell’Fsb ce n’erano alcune accusate di aver condiviso segreti con i cinesi.
L’Fsb ha preso di mira soprattutto le strutture di ricerca e nel 2016 è stato il turno dell’Università Bauman, quando uno scienziato e docente dell’istituto, Vladimir Lapygin, è stato incarcerato con l’accusa di spionaggio a favore dei cinesi. Il professore 76enne è stato condannato a sette anni al rigido regime di una colonia penale. Inutile dire che la cooperazione scientifica ne risentì.

I cinesi hanno continuato a provarci. Avendo apparentemente capito che non avrebbero mai ottenuto l’accesso alle scuole di ingegneria russe nella misura desiderata, hanno cambiato strategia. La Cina ha iniziato a chiedere alla Russia di aprire sedi locali delle sue università tecniche. Lì gli studenti avrebbero avuto accesso illimitato ai professori russi, lontano dall’occhio vigile dell’Fsb.

Nel 2014 la Cina ha inaugurato un’università russo-cinese a Shenzhen, che nel 2017 ha ottenuto il suo campus e i primi studenti. Ma, ancora una volta, i russi stavano giocando.
L’università russo-cinese di Shenzhen è una joint venture: La Cina è rappresentata dall’Istituto di Tecnologia di Pechino e la Russia dall’Università Statale di Mosca; Ma alla MSU non si insegna ingegneria. Ha invece aperto un centro di lingua russa e programmi sulle biotecnologie. In Russia c’erano ancora meno di 40.000 studenti cinesi e la maggior parte di loro studiava il russo, non l’ingegneria.

Nel 2019, i cinesi hanno fatto un passo avanti: il Politecnico di Harbin ha aperto un istituto di ingegneria Bauman ad Harbin, un progetto congiunto con l’omonima università. Tuttavia, si è trattato di uno sforzo relativamente piccolo e non tutti l’hanno accolto con favore. “Alcuni potrebbero pensare che non sia saggio trasferire queste conoscenze. Attraverso questo istituto possono verificarsi delle fughe di notizie. È meglio costruire università non ingegneristiche”, si leggeva in un commento sotto la notizia del progetto.

Solo quando Putin ha lanciato l’invasione dell’Ucraina è stato compiuto il passo decisivo. A luglio, Bauman ha accettato di partecipare alla joint venture di Shenzhen. “Abbiamo deciso di (…) stabilire una cooperazione con l’Università Bauman in modo che gli studenti, come previsto, studiassero secondo i più alti standard russi”, ha spiegato Sergei Shakhrai, vicepresidente dell’Università statale di Mosca a Shenzhen.
C’è voluta una guerra per far sì che ciò accadesse, ma la Cina ha fatto la sua parte. La settimana scorsa, sul sito web dell’Università Bauman è apparso un annuncio di corsi di lingua cinese per studenti.

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Questo articolo di Andrei Soldatov e Irina Borogan è stato pubblicato in inglese sul sito del Center for European Policy Analysis ed è stato tradotto in italiano per Formiche.net da Matteo Turato



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