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Quo vado per il procurement europeo della Difesa? Risponde Braghini

Di Fabrizio Braghini

Al centro delle discussioni tenute in occasione della riunione informale dei ministri della Difesa dell’Unione europea a Stoccolma c’è stato anche il procurement europeo nel settore della Difesa. A che punto siamo? Ne parla l’analista di politiche europee e di Difesa, Fabrizio Braghini

Un passo avanti di rilievo nella Difesa europea – l’acquisto coordinato di prodotti per la Difesa – è stato un punto all’ordine del giorno alla riunione informale dei ministri della Difesa Ue, presieduta dalla presidenza svedese di turno al Consiglio. Una dimostrazione della rinnovata e accelerata condivisione e prioritarizzazione della Difesa in ambito europeo spinta dal conflitto in Ucraina.

Servono meccanismi comuni

Il punto riguarda, in una più ampia prospettiva, l’emergenza recentemente espressa dal primo ministro estone Kaja Kallas e dall’Alto rappresentante Josep Borrell, e in precedenza ancora dal Commissario Thierry Breton, circa la necessità di adottare meccanismi per acquisti in comune di munizionamento a supporto dell’Ucraina, rifornire le scorte dei Paesi Ue e aumentare le capacità di produzione in Europa.

Ruolo della Commissione

In questo scenario si attende che la Commissione europea presenti una proposta che dovrebbe comportare una spesa di un miliardo di euro (rispetto a una necessità di quattro miliardi) utilizzando lo strumento dell’European peace facility (Epf), già rifinanziato ed esteso nell’area di applicazione. È bene osservare però che si tratta sempre di contributi governativi esterni al bilancio comunitario. I vincoli del Trattato al procurement per la Difesa rimangono invece in vigore.

La ricerca dello strumento adatto

Il dibattito ha fin dall’inizio sortito diverse opzioni sul meccanismo di acquisto, come l’Eu Emergency support instrument, utilizzato durante l’epidemia per prestiti e acquisti in comune, stoccaggio e distribuzione di vaccini. In merito, si ricorda anche il Joint procurement agreement di dieci anni fa, relativo all’autorizzazione per i Paesi membri a prestiti per acquisti in comune e volontari per contromisure medicali volte a fronteggiare minacce cross-border per la salute, richiamando la crisi per emergenza sanitaria prevista dai Trattati Ue.

Un dibattito di vecchia data

Il procurement in comune nella Difesa non è una novità essendo stato dibattuto tra Nazioni, Agenzia europea di Difesa (Eda), imprese e la Commissione europea con una linea guida sul common procurement della Direttiva Difesa. In sede Nato, i Paesi membri utilizzano l’agenzia Nspa per acquisti in comune, che riguardano in genere le munizioni. Mentre in sede intergovernativa Ue, i Paesi membri utilizzano l’Eda come stazione centrale appaltante secondo le regole europee, con gli Eda Joint arrangements per contratti framework multiannuali; quali varie tipologie di equipaggiamenti svedesi, e altre iniziative in aree come gli Improvised explosive device (Ied), il training, i servizi di logistica per i Battlegroups. È evidente in tale contesto l’obiettivo di coordinare e consolidare la domanda.

Nuova lista per gli acquisti in comune

La Defence joint procurement task force ha recentemente presentato una lista di sette differenti categorie di equipaggiamenti per un possibile acquisto in comune, in un percorso di mappatura delle capacità produttive, identificazione degli squilibri tra domanda e offerta, identificazione delle aree per un ramp-up.

Con l’incentivazione della cooperazione tra i Paesi, il sentiero potrebbe forse proseguire delineando nuovi modelli o dispositivi di cooperazione flessibili in campo normativo e finanziario. La situazione odierna è fluida, dibattuta e condivisa tra le istituzioni comunitarie e intergovernative, nell’attesa delle prossime decisioni che saranno prese dai Paesi membri.

(Foto: Swedish Presidency of the Council of the EU)

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