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Così possiamo agire sulle emissioni di metano

Di Ilaria Restifo

Agire tempestivamente per ridurre le emissioni di metano è la strada più diretta per sperare di contenere la temperatura globale. Significa produrre benefici immediati che il semplice contrasto alla CO2, da solo, non può garantire. L’analisi di Ilaria Restifo, referente per l’Italia dell’Environmental Defense Fund Europe

Quando si dice metano, si pensa normalmente al gas che si usa per accendere il fornello e mettere su l’acqua per la pasta. Ma dietro a questo semplice gesto quotidiano c’è una complessa filiera industriale e migliaia di chilometri di distanza dal nostro fornello. E forse non tutti sanno che dietro l’innocua formula chimica CH4 – che si trova in natura – si cela un potentissimo gas di serra, pari per importanza all’anidride carbonica, e responsabile di circa il 30% dell’aumento della temperatura globale: il metano, appunto.

Parlando del ruolo climalterante dei gas serra, si punta generalmente il dito contro la CO2. Verissimo. Ma se si parla di metano, la variabile da considerare – prima di tutte le altre – è il fattore tempo. Il ruolo climalterante del metano è legato al breve termine, non al lungo termine, poiché questo gas decade rapidamente in atmosfera, mentre la CO2 permane con tempi lunghissimi. Però, durante i primi 20 anni dal rilascio in atmosfera, una molecola di metano ha un potenziale di riscaldamento di oltre 80 volte superiore a quello della CO2.

Quindi agire tempestivamente per ridurre le emissioni di metano è la strada più diretta per sperare di contenere entro 1.5 °C la temperatura globale. Significa produrre benefici immediati che il semplice contrasto alla CO2, da solo, non può garantire. I rilasci in atmosfera di questo gas sono dovuti sia a cause naturali che ad attività umane. Ma le attività umane hanno un ruolo preponderante, dovute principalmente a tre settori produttivi: l’agricoltura intensiva, la gestione dei rifiuti e l’energia.

Sebbene l’agricoltura intensiva sia il settore umano che, globalmente, genera maggiori emissioni di metano, il settore energetico è quello che offre maggiori possibilità di intervento. Perché? Perché a differenza delle altre fonti antropiche, è fisicamente più concentrato e ha un numero di attori relativamente limitato, facilitando l’attuazione di strategie di mitigazione. Soprattutto perché si dà il caso che il metano sia anche la componente principale del gas naturale e che abbia un valore economico intrinseco. Evitare rilasci dal settore energetico equivale a una maggiore disponibilità della commodity metano sui mercati energetici, riducendo quindi la necessità di sfruttare nuovi giacimenti.

Tra febbraio e marzo, i nuovi report di IPCC e AIE

Ma la crisi energetica non sembra aver portato a una significativa riduzione dei livelli emissivi di metano. Anzi! È del 19 marzo scorso l’allarme ribadito dagli scienziati dei 194 Paesi Onu nel nuovo rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change): la temperatura continua a salire e ogni aumento si trasforma rapidamente in una escalation di pericoli. Un quadro che mette a nudo i rischi legati alla crisi climatica, e che segnala i target necessari a rispondere a questa sfida: -43% emissioni di gas serra entro il 2030 e -60% entro il 2035 per evitare che le temperature superino il punto di non ritorno di 1,5°C. Secondo il rapporto, le politiche attuali sono insufficienti per raggiungere questi obiettivi, nonostante la disponibilità di soluzioni economicamente vantaggiose.

Un mese prima, il 23 febbraio, era uscito il nuovo Rapporto sul Methane Tracker dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (Aie). Una notizia passata pressocché inosservata per chi non è addetto ai lavori. Anche qui, lo scenario è piuttosto sconfortante: nel 2022, le emissioni di metano si ostinano a rimanere a livelli ancora troppo elevati, anche se le azioni di mitigazione per ridurle sarebbero state fortemente agevolate dall’impennata dei prezzi energetici dell’anno scorso. In termini di stime globali, circa 260 miliardi di metri cubi vengono dispersi nell’atmosfera ogni anno dalle operazioni di Oil&Gas. Solo per dare un’istantanea: queste cifre vanno ben oltre i volumi di metano che, prima della guerra in Ucraina, venivano importati annualmente in Europa dalla Russia (ca. 150 miliardi di metri cubi).

Ogni molecola di metano recuperata può essere utilizzata e resa disponibile sui mercati in un momento di grave crisi energetica. Queste sono le misure più incisive che i Paesi possono adottare in una doppia ottica di efficienza energetica e di lotta ai cambiamenti climatici. L’AIE stima che le emissioni di metano dalle operazioni di Oil&Gas nel mondo potrebbero essere ridotte del 75% grazie alle attuali tecnologie. “Non ci sono scuse per livelli emissivi ancora così alti”. È il monito dell’Aie alle industrie fossili – che fanno ancora troppo poco per ridurle – e ai decisori politici, che sono chiamati ad intervenire rapidamente.

La crisi energetica ha portato ad una rapida sostituzione del metano di provenienza russa ma ha aumentato la produzione e il trasporto da altri Paesi, dove spesso si verificano grandi inefficienze e significativi rilasci di metano in atmosfera tramite la combustione incompleta o lo sfiato di gas di scarico, pratiche diffuse nocive all’ambiente.

Come si può agire

Un punto su cui insistiamo è la necessità di una forte presa di coscienza da parte delle istituzioni nazionali e internazionali e delle stesse imprese, che fino a tempi recenti hanno trascurato l’impatto del metano sul clima. L’Environmental Defense Fund (EDF) dedica da dieci anni buona parte delle sue attività in una campagna globale di riduzione delle emissioni di metano. La nostra presenza in Europa è legata all’iter legislativo previsto dal Green Deal per la decarbonizzazione del continente.

Come principale importatore di gas fossile al mondo, infatti, l’Europa può avere un ruolo rilevante nel contrasto alle emissioni di metano, non solo all’interno dell’Unione ma anche oltre i propri confini. Le misure da attuare per il settore energetico sono peraltro già note e si concentrano su quattro punti chiave: a) potenziare la misurazione e la rendicontazione delle emissioni su tutta la filiera; b) eliminare le perdite tramite il rilevamento e la riparazione con una frequenza adeguata; c) porre fine a pratiche diffuse di sfiato e combustione in torcia, promuovendo la cattura dei volumi altrimenti dispersi in atmosfera; d) limitare l’impronta emissiva del metano negli import: le suddette misure, per essere davvero efficaci, devono essere applicate anche nei paesi esportatori di combustibili fossili.

In generale, oggi esistono tecnologie che utilizzano anche l’intelligenza artificiale a questi scopi, tecnologie cosiddette top-down e bottom-up, compresi droni, aerei e satelliti. Tecnologie avanzate in grado di individuare hotspot emissivi ed effettuare rilevamenti a livello di componente o di impianto, compresa una migliore gestione dei flussi del gas naturale nelle reti. Oggi le emissioni sono ancora prevalentemente stimate, ma l’esperienza di Edf negli Usa ha dimostrato come sia necessario passare alle misurazioni puntuali di tutte le emissioni, e questo è anche contemplato nella proposta di Regolamento Ue, attualmente in esame, per ridurre le emissioni di metano dal settore energetico in Europa.

Nei campi di produzione americani di gas naturale Edf ha indagato con un’ampia ricerca condotta tra il 2012 e il 2018. I risultati di questa ricerca hanno dimostrato che le emissioni dell’industria Oil&Gas negli Usa sono superiori di circa il 60% rispetto alle stime ufficiali dell’Epa. Anche sulla base di precedenti come questi, il governo americano ha recentemente introdotto provvedimenti che impongono per la prima volta una “tassa” diretta sulle emissioni di metano. Si prevedono multe di 900 dollari per ogni tonnellata di CH4 emessa nel 2024 al di sopra della soglia annuale. Queste penalità saliranno a 1.200 dollari nel 2025 e 1.500 dollari a partire dal 2026. Il segnale è chiaro: avete tempo per mettervi in regola, se non lo fate sarete multati.

Noi, intanto, in Europa siamo in attesa dell’entrata in vigore della prima legislazione a livello continentale che regolamenta le emissioni di metano dell’industria energetica, anche cominciando a guardare fuori dai propri confini. E speriamo di non sprecare questa occasione.

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