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Il gas nazionale e la decarbonizzazione dei settori hard to abate

Il modello di intervento basato sull’aumento della produzione di gas nazionale può rappresentare la chiave per la decarbonizzazione dei settori industriali a ciclo termico

A metà dello scorso anno l’Unione Europea ha definitivamente deciso di inserire il gas naturale tra le energie ritenute rinnovabili, a condizione che sostituisca combustibili più inquinanti, e, pertanto, utile a supportare il processo di transizione ecologica destinato a contrastare il cambiamento climatico attraverso il progressivo abbattimento, fino al loro azzeramento, delle emissioni climalteranti.

Ora, le imprese dei settori hard to abate sono impegnate nella progressiva decarbonizzazione dei propri processi e, a tal fine, sono stati stanziati fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Si pone, quindi, il tema di garantire ai settori industriali a ciclo termico, per un periodo di tempo determinato, l’accesso a quantitativi di gas naturale aventi costi sostenibili in modo da non sottrarre risorse economiche al processo di riduzione dell’impronta carbonica. L’autorizzazione alla produzione di maggiori quantitativi di gas nazionale a il suo utilizzo in sostituzione di quello importato (con abbattimento delle emissioni inquinanti derivanti dalle perdite durante il trasporto internazionale) potrebbe essere ritenuta come una misura di accompagnamento (di buon senso) alla transizione energetica di settori altrimenti difficilmente decarbonizzabili.

Un possibile modello di intervento

È possibile immaginare un meccanismo virtuoso che coniughi l’impiego della risorsa “gas nazionale” al raggiungimento dell’obiettivo di pubblico interesse della riduzione delle emissioni secondo un percorso sostenibile che salvaguardi l’economia nazionale e i posti di lavoro.
Per rendere funzionale il modello di intervento, questo dovrebbe essere di carattere temporaneo, cioè limitato ad un numero di anni utile ad impostare la transizione verso vettori low-carbon che utilizzino tecnologie di produzione meno costose e ugualmente performanti. Inoltre, dovrebbe riguardare volumi di gas nazionale predeterminati e aggiuntivi rispetto alla produzione consolidata, così da sostituire il gas importato e garantire continuità al percorso di riduzione della CO2 emessa. Un’operazione di interesse pubblico, pensata per offrire al Paese la continuità necessaria a raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni in settori che altrimenti rischiano di fallire il traguardo, con costi sociali elevatissimi.

In questo senso, tale meccanismo può essere prioritariamente focalizzato su concessioni esistenti, sia attive che non produttive – prescindere dall’arco temporale di inattività – che necessitano di interventi di ripristino e ammodernamento degli impianti e che comunque potrebbero assicurare i volumi addizionali da riservare allo scopo descritto, fermo restando che, in caso di completo utilizzo del giacimento, il sito potrebbe essere messo a disposizione dello stoccaggio della CO2. Infine, le imprese impegnate nell’adeguamento di impianti e processi, ma per le quali il gas naturale non è al momento un vettore realisticamente sostituibile, potrebbero realizzare forme di co-investimento con i titolari delle concessioni, anche mediante accordi pluriennali all’acquisto di quote di gas. Questi ultimi si impegnerebbero a cedere i volumi di gas estratti nell’ambito del meccanismo alle imprese co-finanziatrici ad un prezzo coerente con il costo di estrazione nazionale.

Ulteriori effetti positivi dell’impiego del gas di produzione nazionale

Il maggior utilizzo di gas nazionale potrebbe produrre oggettivi vantaggi ambientali, economici e sociali. Tra questi: la riduzione della dipendenza energetica del Paese e l’incremento della sicurezza strategica degli approvvigionamenti; la contrazione della catena di approvvigionamento del gas e l’abbattimento delle conseguenti emissioni climalteranti relative alle perdite in atmosfera di metano; il sostegno dell’occupazione nel settore oil&gas nazionale; il contributo alla riduzione della volatilità del prezzo del gas; la riduzione dei pagamenti verso l’estero ed incremento i proventi a favore dello Stato (canoni, royalties e imposte).


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