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Grillo chiama Pechino. Tutte le mire cinesi sul porto di Taranto

Il fondatore del M5S ha chiesto ai deputati di “aprire” lo scalo pugliese (sensibile per le attività Nato) “ai grandi mercantili” che arrivano da Est per renderlo uno snodo della Via della Seta marittima. Il governo, tramite il viceministro Rixi, dice no. Il futuro della piattaforma logistica e un nuovo bando green… L’ipotesi Golden power

Per Beppe Grillo le mire cinesi sul porto di Taranto sono “un’occasione” da non perdere, capace di far entrare l’Italia nella cosiddetta Via della Seta marittima. ll fondatore del Movimento 5 Stelle ha colto l’occasione della tappa romana del suo tour teatrale per incontrare i parlamenti del Movimento alla Camera. Racconta La Stampa che, al di là dell’incoraggiamento su alcune generiche battaglie grilline, ha chiesto qualcosa di più preciso: “Dobbiamo aprire il porto di Taranto ai grandi mercantili cinesi. È l’unico porto, in quella zona, ad avere un fondale più profondo di 20 metri”, capace dunque di ospitare i giganteschi mercantili di Pechino.

Niente di nuovo per Grillo, che un mese fa si era presentato all’insediamento del nuovo ambasciatore cinese a Roma, Jia Guide, con un “regalo” per lui: “Questa è la sonda che volteggiava sopra casa mia. L’ho recuperata e restituita al suo legittimo proprietario”, ha ironizzato con riferimento al pallone-spia cinese abbattuto dal governo americano essere stato individuato sopra i cieli statunitensi. Già a ottobre 2020 il fondatore del Movimento 5 Stelle chiedeva di trasformare i porti di Taranto e Gioia Tauro, aree cruciali per le attività della Marina italiana e della forze Nato, in due terminali per fare dell’Italia un perno della Via della Seta firmato un articolo sul suo blog con lo pseudonimo J. Lo Zippe. Neppure un anno prima, pochi mesi dopo l’adesione italiana alla Via della Seta con la firma del memorandum d’intesa nel marzo 2019, il progetto di Ferretti Group, gruppo del made in Italy controllato dal colosso pubblico cinese Weichai, per il nuovo stabilimento di produzione di scafi per gli yacht nel porto pugliese veniva annunciato dal tarantino Mario Turco, allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo Conte II e oggi vicepresidente del Movimento 5 Stelle guidato dallo stesso Giuseppe Conte. Fu inserito nel cosiddetto “Cantiere Taranto”.

La Cina sta cercando un nuovo sbocco marittimo nell’Europa del Sud, un porto alternativo al Pireo, acquisito durante la crisi greca dal colosso statale Cosco (è bene precisare che in Italia una simile operazione non è possibile essendo i porti di proprietà del demanio marittimo, e dunque inalienabili). Per Grillo, Taranto è il porto perfetto. Il governo italiano, invece, “è contrario a una soluzione di questo genere”, ha assicurato Edoardo Rixi, viceministro alle Infrastrutture, parlando con La Stampa.

Ciò non significa che le aziende cinesi siano disposte a stoppare le proprie mire. Oltre a Ferretti Group, il cui progetto per un’area ad appena dieci miglia da quella in cui si trovano le Standing Naval Forces della Nato e le navi della missioni Irini delle Nazioni Unite è stato recentemente approvato da Comune e Regione, anche Progetto Internazionale 39 ha messo gli occhi su Taranto. In particolare, su un’area di 132.171 metri quadrati della piattaforma logistica del porto, messa sul mercato dall’Autorità di sistema portuale del Mar Ionio. Come raccontato su Formiche.net nelle scorse settimane, il 34% della società è diviso tra Sergio Gao Shuai, al 33%, e l’Associazione per lo sviluppo economico e culturale internazionale, il cui presidente è proprio Gao Shuai, che detiene l’ultimo 1%. L’uomo risiede a Milano da molti anni, è fondatore del Dragon Business Forum, responsabile di progetti per favorire rapporti tra imprese italiane e cinesi ma soprattutto è un delegato del governo di Pechino.

Sergio Prete, a capo dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ionio (e unico italiano tra gli esperti del Shanghai International Shipping Institute), ha spiegato che “Progetto Internazionale 39 è solo una società di scopo, in realtà gli investitori saranno altri e sono italiani”. Quali siano, per ora non si sa, ma in passato sullo scalo è stato forte l’interesse di Cosco, compagnia di Stato cinese e cruciale nel progetto Via della Seta lanciato dal leader Xi Jinping, come raccontato sempre su queste pagine. Ma non si può escludere un intervento del governo con l’esercito dei poteri speciali. Infatti, la normativa Golden power può applicare anche nel caso di una piattaforma logistica connessa a una infrastruttura di rilievo nazionale qual è il porto di Taranto.

Ma le mire delle aziende cinesi, leader del mercato green-tech, potrebbero riguardare anche un bando pubblicato negli ultimi giorni sull’Albo pretorio dell’Autorità di sistema portuale del Mar Jonio. “Questo progetto”, ha spiegato Prete, “valorizza le aree non utilizzate ai fini commerciali per realizzare un grande impianto fotovoltaico di produzione di energia da fonti rinnovabili che avrà la finalità di soddisfare l’approvvigionamento dell’energia appunto e le esigenze dell’Autorità e di soddisfare anche le esigenze dei realizzandi impianti di cold ironing (ovvero quel sistema che dovrà fornire elettricità alle navi sulla banchina finanziato grazie alle misure del Pnrr) con energia prodotta da fonti rinnovabili. In più, ovviamente, dovrà fornire la possibilità di offrire tariffe energetiche competitive agli operatori portuali”, ha aggiunto.

Il tutto, comprese le richieste di Grillo ai deputati pentastellati, avviene in una fase cruciale per l’Italia. Il governo di Giorgia Meloni deve decidere entro fine anno se lasciare che il memorandum d’intesa sulla Via della Seta si rinnovi automaticamente o se comunicare entro dicembre un passo indietro a Pechino. La presidente del Consiglio è stata invitata in Cina dal leader Xi Jinping in occasione del loro bilaterale a margine del G20 di Bali, in Indonesia, a novembre dell’anno scorso. Una sua presenza al terzo Forum Belt and Road per la cooperazione internazionale, che Pechino ha in programma di organizzare entro la fine dell’anno, potrebbe essere un chiaro segnale della volontà di Roma.


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