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Chi c’è dietro la società che aiuta Huawei a crescere a Napoli

Il colosso cinese attivo in Italia non parla più di 5G ma lancia iniziative con il Wwf e programmi per i giovani imprenditori. Due ultimi episodi raccontano l’attenzione sul Sud, con l’aiuto di un “hub” all’Università Federico II che fa parte di una rete di Pechino per favorire il trasferimento tecnologico

In Italia, Huawei non parla più della rete 5G. Parla, per esempio, di biodiversità con i progetti lanciati con il Wwf. O, ancora, di innovazione con un occhio al Pnrr. Già un anno e mezzo fa su Formiche.net notavamo come, dopo i bandi di alcuni Paesi occidentali per ragioni (contestate dalla società) di sicurezza nazionale e soprattutto la stretta del governo Draghi, le aziende cinesi delle telecomunicazioni avessero deciso di ammorbidire la linea: “Da lupi guerrieri a volto umano”, titolavamo.

Negli ultimi giorni due episodi raccontano la forte attenzione di Huawei verso il Sud Italia, che riflette quella della Cina per la stessa parte d’Italia, come testimoniano le recenti mosse attorno a Taranto e il suo porto.

Il primo: martedì l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli è entrata a far parte della Huawei ICT Academy. “In questi anni l’Ateneo sta investendo molto sull’innovazione tecnologica che è diventata una delle priorità della governance”, ha spiegato il rettore Gianfranco Nicoletti. “Saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione per il lavoro e la comunicazione è per le nuove generazioni imprescindibile. Per questo l’ingresso della nostra Università e dei suoi studenti nella Huawei ICT Academy è per noi un grande risultato e allo stesso tempo un necessario punto di partenza. Una sinergia che ci auguriamo possa sempre più consolidarsi e ampliarsi nel tempo”. La partnership permetterà a studenti, docenti e dipendenti dell’ateneo di accedere a un programma di formazione completo che va dalla progettazione e lo sviluppo di reti di computer alla gestione dei sistemi informatici e alla sicurezza informatica.

Il secondo: mercoledì l’Università degli Studi di Napoli Federico II ha ospitato l’Innovation China Day, nell’ambito di Startups Go Global, il programma di accelerazione internazionale e formazione imprenditoriale promosso da Spici srl e Noesi Evolution. Presenti “rappresentanti del mondo imprenditoriale e accademico italiano e cinese che racconteranno le proprie esperienze di collaborazione tra Italia e Cina”, spiegavano gli organizzatori annunciando l’iniziativa. Presenti tra gli altri: Liu Jianzhou, vice consigliere per la scienza e la tecnologia dell’ambasciata cinese in Italia; Francesco Boggio Ferraris, direttore dell’Academy della Italy China Council Foundation; “Testimonianza di una grande azienda: Huawei” con Fabio Romano, Head of Industry ecosystem development, e Diego Chiantone, Cloud Business Development Manager.

Non è la prima volta che Huawei e Spici Srl lavorano assieme. La scorsa settimana, ultimo esempio, hanno lanciato assieme la seconda edizione programma Acceleration for Change, rivolto a startup, spinoff, piccole media imprese e independent software vendor “che siano interessati a sviluppare e validare in ambiente Public Cloud Huawei europeo, prodotti, tecnologie, sistemi e processi innovativi negli ambiti del cloud computing, dell’intelligenza artificiale e del machine learning”.

Che cosa è Spici Srl, che si presenta come Società per l’innovazione, la cooperazione e l’internazionalizzazione? Si tratta di un “hub di open innovation nato nel Polo Tecnologico di San Giovanni a Teduccio dell’Università di Napoli Federico II”, si legge sul sito. Sempre qui si scopre che l’hub fa parte dell’International Technology Transfer Network, rete nata con il supporto del ministero della Scienza e della tecnologia della Repubblica popolare cinese e posta sotto la guida della China Association for International Science and Technology Cooperation, che “mira a favorire il trasferimento tecnologico internazionale”, elemento centrale di Made In China 2025, cioè il programma attraverso con cui Pechino vuole raggiungere il dominio globale nella produzione high-tech.

Tra i fondatori di Spici c’è Enrico Iaria, dieci anni vissuti a Shanghai in campo innovazione, che sul curriculum tiene a sottolineare: “Nel 2018 Forbes China l’ha nominato tra i 30 Under 30 innovatori più influenti in Cina. Ad oggi è l’unico italiano mai insignito di tale riconoscimento”. Lo stesso documento informa che dal 2018 “collabora ai programmi di innovazione e cooperazione scientifica, trasformazione digitale e accelerazione/sviluppo d’impresa” dei ministeri italiani – Miur, Maeci, Mise – “in riferimento ai quali è stato inoltre coordinatore di progetti in ambito internazionale”.

Cina, ma non solo. Infatti, nel giugno 2021, Spici ha firmato un accordo con l’Iranian association for management of technology and innovation e l’International technology transfer network con lo scopo di co-creare un programma di cooperazione tecnologica e innovazione congiunta tra Italia, Cina e Iran.

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