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Nutriscore, l’Italia che tifa contro a Bruxelles. Il racconto di Butticè

Una due giorni italiana a difesa della Dieta Mediterranea e dell’agro-alimentare nazionale di IT Food e del Circolo Culturale Esperia. Con il ministro Francesco Lollobrigida, Salvatore De Meo, Rosanna Conte, Sossio Chierego e Pietro Paganini

Il Regolamento Ue nr. 1169/2011, il cosiddetto Regolamento Inco, stabilisce le regole per l’informazione dei consumatori, consentendo loro di accedere a informazioni di base come la dichiarazione nutrizionale o l’elenco degli ingredienti. Per facilitare la comprensione di queste informazioni, oltre alla dichiarazione nutrizionale obbligatoria possono essere fornite altre forme di espressione e presentazione o informazioni volontarie, in conformità agli articoli 35, 36 e 37 del Regolamento.

La Francia ha creato un sistema di etichettatura nutrizionale sul fronte della confezione: chiamato Nutri-Score, che al momento può essere apposto dai produttori sui loro prodotti su base volontaria. Il Nutri-Score, secondo il ministero della Salute d’oltre Alpe, « è stato sviluppato per facilitare la comprensione delle informazioni nutrizionali da parte dei consumatori, aiutandoli così a fare scelte consapevoli ».

Il Nutri-Score è stato introdotto per la prima volta in Francia nel 2017, sulla base del lavoro del team del prof. Serge Hercberg e delle competenze dell’Agenzia nazionale per la sicurezza sanitaria (Anses) e dell’Alto Consiglio per la salute pubblica (Hcsp). Dal lancio in Francia, diversi Paesi hanno deciso di raccomandarne l’uso: Belgio, Svizzera, Germania, Spagna, Paesi Bassi e Lussemburgo. Ha trovato tuttavia una forte resistenza, per una volta politicamente trasversale, da parte italiana. Perché è un sistema che rischierebbe di penalizzare fortemente prodotti di alta qualità della Dieta Mediterranea seppure ad alto contenuto calorico, come, ad esempio, i salumi, il parmigiano e lo stesso olio d’oliva.

Due importanti eventi all’insegna della protezione del made in Italy agricolo e della Dieta Mediterranea, e contro il Nutri-Score, si sono tenuti a Bruxelles il 20 ed il 21 marzo. Il primo, presso la sede della Regione Veneto a Bruxelles, con il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida. Il secondo, presso il Parlamento Europeo, con il Presidente della Commissione Affari Costituzionale, Salvatore De Meo (Ppe-FI).

Quelli organizzato il 20 marzo da “ITFood” – network indipendente che connette professionisti italiani del settore agroalimentare, attivi nelle istituzioni pubbliche, nel settore privato e nella società civile in Italia, in Belgio ed in Europa –   ed il 21 marzo dal Circolo Culturale – ispirato ai valori del Ppd –, sono state due occasioni d’incontro della comunità italiana operante nel settore, attorno ad un tema di grande attualità per l’attuale governo. Quello della promozione dei prodotti agro-alimentari italiani, alla base della Dieta Mediterranea che, consentendo alla popolazione del nostro Paese una vita media superiore alla maggior parte degli altri paesi del mondo, e d’Europa, dovrebbe essere un punto di riferimento per le politiche agro-alimentari dell’Unione europea. E non, invece, come denunciato da molti operatori del comparto, che presso la sede della Regione Veneto hanno ringraziato il ministro e l’attuale governo per la vicinanza sinora dimostrata, ed il sostegno fornito alle loro battaglie.

Principale accusato, sul banco degli imputati dei due eventi, come detto, è stato proprio il Nustri-Score.  Attorno al principio che l’educazione alimentare europea debba privilegiare e prendere esempio proprio dalla Dieta mediterranea. A beneficio della qualità piuttosto che della quantità dei prodotti.

Chi scrive, per esperienza personale della vita professionale precedente, trascorsa nella lotta alle frodi anche in campo agro-alimentare, sente il dovere di ricordare che non tutto ciò che è prodotto in Italia possa essere necessariamente, e sempre, considerato sano e di qualità. Sono infatti diversi gli operatori, a volte anche con marchi importanti, scovati negli anni dalla Guardia di Finanza, dai Carabinieri e dall’Ufficio Europeo della Lotta alla Frode (Olaf) e denunciati all’Autorità Giudiziaria per frodi alimentari, oltre che finanziarie. Anche se bisogna tenere presente che gli altri paesi non dispongono di servizi investigativi sofisticati ed attrezzati per combattere questo tipo di frodi come Guardia di Finanza e Carabinieri, va riconosciuto che il problema della qualità esiste anche per i prodotti del made in. Ed assieme ad una campagna di informazione non solo in Italia, ma soprattutto all’estero, sulla qualità dei nostri prodotti agro-alimentari, ne andrebbe fatta anche una, sempre e soprattutto all’estero, sui mezzi investigativi e di controllo dell’agro-alimentare di cui dispone l’Italia, e dei quali dovrebbero attrezzarsi anche gli altri paesi europei, per garantire lo stesso livello di protezione dei consumatori in tutti i Paesi dell’Unione Europea. Ed è un discorso, questo, che sinora si è sentito poco utilizzare dai difensori del made in Italy agro-alimentare. Senza peraltro dimenticare di segnalare che i frodatori e sofisticatori alimentari, in Italia come nel resto d’Europa, per quanto marginali rispetto al mercato, danneggiano due volte la maggior parte degli operatori, onesti e capaci creatori di un made in Italy di alta qualità. Li danneggia attraverso una concorrenza sleale, ma anche, e soprattutto, infangando il marchio dei prodotti italiani. Che il ministro Lollobrigida ha dichiarato con grande forza voler difendere, ad ogni costo, sui tavoli di Bruxelles. Assieme a tutto il governo, ed in particolare al Vicepresidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, il quale, da quando era Vicepresidente della Commissione Europea, responsabile per l’Industria e l’Imprenditoria, si è sempre battuto per la difesa del made in, anche agro-alimentare.

In una Rappresentanza a Bruxelles della Regione Veneto, gremita di europarlamentari, giornalisti, funzionari europei e rappresentanti della comunità istituzionale e imprenditoriale italiana e belga, Luisella Ciani, principale ideatrice e artefice del progetto ITfood, assieme a Irene Zancanaro e un pugno di altre colleghe, hanno dato il benvenuto agli ospiti di questo incontro.

Padrone di casa, nella bellissima sede che la Regione Veneto ha avuto la capacità di acquistare in una delle migliori zone di Bruxelles, l’Avenue de Tervuren, realizzando per il bilancio pubblico un ottimo investimento – che mi piace segnalare – il direttore dell’Ufficio di Rappresentanza, Carlo Clini, che ha presentato agli ospiti l’Assessore ai Fondi Ue, Turismo e Agricoltura, Federico Caner.

“L’idea che gli altri Paesi si fanno del sistema-Italia è quella di un sistema sgretolato, invece il nostro tessuto di imprese è sano e forte, allora oggi sono qui per vedere se c’è la disponibilità a fare un discorso sistemico, sollecitato dalla politica”, ha detto il ministro dell’Agricoltura nel suo appassionato ma equilibrato intervento.

“Il tentativo – ha proseguito il ministro – è costruire un sistema Italia che si confronti con gli altri sistemi in una logica europea” per “immaginare insieme modi per affrontare le scelte di promozione, distribuzione e produzione di filiera”.

La Commissione europea sta lavorando alla riforma dell’etichettatura frontale con l’obiettivo di educare i cittadini europei a adottare una dieta più equilibrata, sana e sostenibile. Per fare ciò, la riforma, secondo il governo italiano, dovrebbe proteggere e promuovere i valori fondamentali dell’Ue. E quindi favorire la diffusione della conoscenza per incoraggiare scelte informate e consapevoli, facilitare il libero scambio e l’imprenditorialità e la diversità che caratterizza le molte culture europee. È quindi preoccupante, secondo il ministro Lollobrigida, e i diversi intervenuti all’incontro, che alcuni dei presupposti su cui sta lavorando la Commissione possano minacciare questi principi fondamentali, senza permettere di raggiungere l’obiettivo di migliorare la salute degli europei.

Quello dell’etichettatura dei prodotti alimentari è un tema sul quale il ministro dell’Agricoltura si è soffermato molto, assicurando il massimo impegno del suo ministero e del governo a salvaguardia della salute dei cittadini, oltre che dei produttori italiani.

Ed è stato il tema centrale della conferenza che si è invece tenuta  il 21 marzo presso il Parlamento Europeo dal Circolo Culturale Esperia, dal titolo: “Front-of-pack labelling: una riforma in tre mosse. Informare il cittadino, garantire la stabilità agroalimentare, preservare le diversità regionali”.

Moderato da Antonio Cenini, presidente di Esperia, la conferenza è iniziata con un interessante intervento di Sossio Chierego, Esperto di marketing strategico e consulente aziendale su «Omologazione vs diversità: una minaccia per le diete e le tradizioni locali dell’Ue?».

Forte della sua pluridecennale esperienza nel marketing agro-alimentare europeo, Chierego ha ricordato che il Nutriscore si inserisce nel contesto Green Deal e Farm 2 Fork, che offrono grandi opportunità ai prodotti italiani, ma non è una soluzione pensata dalla Commissione Europea. È importante quindi continuare a battersi contro un sistema di etichettatura che non va a beneficio della salute dei consumatori ma solo di settori della grande prouzione e distribuzione, penalizzando soprattutto le PMI. Significativo infatti il riferimento fatto alla possibilità della grande industria, con alterazioni da laboratorio della componentistica dei componenti alimentari, a bassissimo costo, di ottenere prodotti da semaforo verde (apparentemente più sano). A discapito degli interessi dei consumatori e della produzione d’eccellenza.

A proposito di etichettatura, gusto e regime alimentare, Chierego ha messo in evidenza come l’essere umano definisca il proprio «comfort food » in quella che ha definito la sua « fase di imprinting ». «Il regime alimentare è appreso e memorizzato per tutta la vita, a prescindere dal gusto. Cambi di regime alimentare necessitano modifiche delle proprie credenze, ad esempio religiose, o la comunicazione di benefici chiave. In assenza dei quali, si prova un cibo (come i tedeschi fanno, ad esempio, quando si trovano in vacanza a Napoli), ma poi si torna al proprio regime alimentare».  Da ciò discende la necessità di una grande opera di informazione, e non solo in Italia e tra circoli italiani, ma in tutto il mondo, e con non italiani, sui benefici della Dieta mediterranea.

Chierego ha fatto anche una proposta concreta di soluzione integrata etichetta ed applicazione da smart phone con codice a barre.

Tale sistema permetterebbe al consumatore, attraverso un semplice lettore di codice a barre disponibile su tutti i telefonini, di gestire il calcolo nutrizionale e le valutazioni fuori pacco. In altri termini, il consumatore, tramite il suo telefonino, disporrebbe di un «Nutrizionista personale digitale» ed uno strumento di indirizzo per il consumo responsabile.

Concetti che sono stati ribaditi, sempre col supporto di dati scientifici, da Pietro Paganini, di Competere fondatore di Competere, piattaforma di professionisti che produce analisi e ricerche per innovare i processi produttivi e migliorare la qualità della vita e dell’ambiente.

Il quale ha ricordato che sono in corso ricerche scientifiche di grande importanza, con utilizzo anche dell’intelligenza artificiale, che tra qualche anno permetteranno di ottenere il proprio Dna a prezzi bassissimi. Aprendo la strada a diete personalizzate, che vanno nella direzione completamente opposta alla filosofia del Nutri-Score. In quanto si tenderà a misurare e predire cosa il nostro corpo ha bisogno in un preciso momento

Secondo il Nutri-Score, gli uomini, sul piano dell’alimentazione, sono tutti uguali. Smentendo così i principi fondanti dell’Ue, che valorizza le diversità sia degli Stati che dei propri cittadini. Secondo Paganini, bisogna eliminare il Nutri-Score e, sulla base di alternative di etichettatura smart proposte da Chierego, andare verso la concezione di una etichettatura «Life-Score », permettendo ad ogni consumatore di scegliere i prodotto, nelle giuste quantità, più adatti alle proprie esigenze dietetiche personali.

Rosanna Conte, eurodeputato Id-Lega, membro della Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, si è dichiarata poco ottimista nei risultati di quella che è una battaglia (che non deve essere definita guerra) non contro altri Stati, ma contro gli interessi di grossi gruppi imprenditoriali. A suo avviso l’Italia deve approfittare di questo momento di calma apparente, a livello del processo normativo europeo, per accentuare la sua capacità di informazione e sensibilizzazione degli altri Stati membri Ue sui benefici di una dieta sana, qualitativamente e quantitativamente, orientata a quella Mediterranea. Col supporto di dati scientifici.

Il presidente della Commissione Affari Costituzionali dell’Europarlamento, Salvatore De Meo, nel suo intervento conclusivo, ha definito il Nutri-Score come «sistema fuorviante, non scientificamente supportato, con cui si intende condizionare ed orientare il consumatore verso un sistema alimentare universale, anestetizzando ed appiattendo i nostri gusti e le nostre diversità alimentari, che fanno invece parte degli elementi di identità dell’Unione europea che vede proprio nelle diversità il suo punto di forza».

Aggiungendo di non credere che «voglia garantire al consumatore acquisti salutisti ma favorire un nuovo sistema commerciale e produttivo con la demonizzazione di alcuni alimenti. Come è accettabile assegnare un bollino “rosso” a molti prodotti della dieta mediterranea e del Made in Italy ed un bollino “verde” a quelli ultra processati delle grandi industrie alimentari?».

Secondo l’europarlamentare forzista, da tempo impegnato nella crociata italiana per un’etichettatura nell’interesse dei cittadini-consumatori, e non solo di grossi gruppi imprenditoriali «c’è bisogno di un sistema di etichettatura fronte pacco armonizzato ma supportato da studi scientifici. Per dare al consumatore un’informazione oggettiva ed aggiuntiva che lo renda responsabile e consapevole nei suoi acquisti. La vera sfida non è riempire di etichette le confezioni dei prodotti, ma creare una cultura alimentare in cui ogni alimento possa essere consumato nelle giuste quantità, e nell’ambito di un regime alimentare equilibrato e variegato».

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