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In Italia c’è bisogno di un partito dei cattolici. L’opinione di Chiapello

Di Giancarlo Chiapello

Il segretario nazionale di Italia Popolare sostiene che “occorre una messa a terra politica di posizioni, di una visione, di una identità ricordando la concretezza di don Luigi Sturzo”. Facendo leva sul fatto che “papa Francesco ottiene una fiducia da parte degli italiani addirittura superiore a quella del Presidente della Repubblica”

Come mi disse qualche anno fa un importante leader democratico cristiano lombardo, nella politica di oggi in generale e nel ristretto e invecchiato mondo post Dc in particolare, si tende a dare risposte in assenza di domande. Le risposte sono normalmente legate, più che al pensiero e all’identità, alla collocazione più o meno individuale di gruppi che sommano salvezze individuali e non cercano certo alleanze alla pari nel gioco della democrazia, che non hanno particolare voglia di tramontare: ecco allora le diverse proposte, da quella centrista conservatrice a quella centrista terzopolista, da quella “cattolicista democratica” a sinistra, che poi, è la storia triste di un suicidio come previsto da Gramsci, a quella legata ad una sorta di una utilità marginale da sfruttare dove si riesce con qualche richiamo nostalgico.

I problemi che emergono sono tre: la coazione a ripetere, il distacco tra questi gruppi e il mondo cattolico con la visione sociale cristiana e l’assenza del popolo e delle sue domande. I progetti più o meno nobilitabili con richiami politicisti da addetti ai lavori e con qualche ridondante citazione sempre uguale possono essere comprensibili e creare rete per trattare quattro o cinque posti ma, alla prova dei fatti quelle che poi diventano solo correnti tollerate qua o là non hanno, negli anni, dato mai buona prova di sé se il parametro è la coerenza. Dopo diversi decenni in assenza della Democrazia Cristiana e del Partito Popolare di Mino Martinazzoli e con ancora in giro la classe dirigente che li fece deragliare con errori storici e esasperati individualismi non è semplice comprendere il futuro del popolarismo italiano (da quella classe dirigente abbandonato, come chi ha fondato nel 2004 Italia Popolare ben sa, fino al dibattito in corso oggi perché di fatto alla canna del gas), ma vengono in soccorso i fatti: il primo è legato all’esistenza di un dibattito e di una presenza viva e vitale a livello europeo di partiti e movimenti politici legati al popolarismo europeo, che, pur con le sue difficoltà rimane ancorato al Magistero Sociale della Chiesa, dentro cui è in atto un dialogo tra popolari e democristiani storici, soprattutto tra le organizzazioni giovanili, di lingua italiana (anche perché serve invertire un declino politico italiano), il secondo emerge dal sondaggio di YouTrend per SkyTG24 dove tra i vari dati emerge un 24% di intervistati che ritiene che in Italia ci sia bisogno di un partito forte che faccia esplicito riferimento ai valori cattolici e fa emergere che le basi elettorali più avverse a questi sono quelle di Pd, M5S, Azione/Italia Viva (cosa che chiarisce molte cose).

Uscendo dalle astrazioni del centrismo avulso dall’identità ecco che appaiono le domande: la prima si lega all’impossibilità di essere popolari e democristiani fuori da un circuito europeo e la seconda, comunque legata alla precedente, va nella direzione di come costruire la rappresentanza di quel quasi quarto di elettori che chiedono coraggio e soprattutto coerenza che di fatto bocciano tutte le “fantasiose” formule susseguitesi che non sono state fedeli al miglior pensiero politico di cattolici italiani. In una situazione nazionale di strisciante crisi di sistema, che si cerca di nascondere con artefatte polarizzazioni che guardano all’indietro o con solo soluzioni leaderistiche e tecnocratiche, che porta ad andare verso un 60% di astensione, quella percentuale, che pone finalmente una concreta domanda, assume evidentemente una posizione strategica nel sistema e nella possibile soluzione della crisi, che non potrà che trovarsi nel modello politico delle famiglie europee.

Se colleghiamo il fatto che papa Francesco ottiene una fiducia da parte degli italiani addirittura superiore a quella del Presidente della Repubblica diventa chiaro che serve una messa a terra politica di posizioni, di una visione, di una identità ricordando, in questi giorni in cui si festeggia il decennale di Pontificato, la concretezza a cui lui ha richiamato nel 2019 ricordando la figura di Don Luigi Sturzo: “Il suo insegnamento e la sua testimonianza di fede non devono essere dimenticati, soprattutto in un tempo in cui è richiesto alla politica di essere lungimirante per affrontare la grave crisi antropologica. Vanno dunque richiamati i punti-cardine dell’antropologia sociale sturziana: il primato della persona sulla società, della società sullo Stato e della morale sulla politica; la centralità della famiglia; la difesa della proprietà con la sua funzione sociale come esigenza di libertà; l’importanza del lavoro come diritto e dovere di ogni uomo; la costruzione di una pace giusta attraverso la creazione di una vera comunità internazionale. Questi valori si basano sul presupposto che il cristianesimo è un messaggio di salvezza che si incarna nella storia, che si rivolge a tutto l’uomo e deve influire positivamente sulla vita morale sia provata che pubblica. A distanza di cento anni dall’appello “A tutti gli uomini liberi e forti” … rimanda a un impegno creativo e responsabile dei cristiani, chiamati a interpretare i segni dei tempi alla luce del Vangelo, per realizzare una prassi sociale e politica animata dalla fede e vissuta come esigenza intrinseca della carità. Penso soprattutto ai giovani, che vanno adeguatamente coinvolti, perché possano portare nuova passione, nuova competenza, nuovo slancio all’impegno sociale e politico”. E’ tempo di ascoltare le domande e ritrovarsi, forse, a vestire i panni di popolari dissidenti rispetto a circuiti così autoreferenziali da essere ormai sordi.

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