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Perché la commissione antimafia dovrebbe indagare anche sulla malavita cinese

Il comitato dovrebbe nascere la prossima settimana. Tra i compiti c’è anche quello di “valutare la penetrazione nel territorio nazionale e le modalità operative delle mafie straniere” e individuare ”specifiche misure legislative e operative di contrasto”. Gli alert delle intelligence italiana e francese, oltre alle indagini e ai processi in corso, raccontano il rafforzamento delle attività criminali siniche tra evasione fiscale e riciclaggio per assistere le cosche locali e i narcotrafficanti

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo della legge che istituisce, anche in questa legislatura, la commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. Tra i compiti della commissione, che sarà composta da 25 senatori e altrettanti deputati e potrebbe essere costituita già la prossima settimana, c’è quello di “valutare la penetrazione nel territorio nazionale e le modalità operative delle mafie straniere e autoctone tenendo conto delle caratteristiche peculiari di ciascuna struttura mafiosa e individuare, se necessario, specifiche misure legislative e operative di contrasto”.

LA RELAZIONE DELL’INTELLIGENCE

A tal proposito, i nostri organismi informativi si sono soffermati sulla criminalità cinese nella “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza”, curata dal Comparto Intelligence e relativa all’anno 2022 presentata due settimane fa durante un evento aperto alla stampa a cui ha preso parte anche il sottosegretario Alfredo Mantovano, Autorità delegata ai servizi di informazione e sicurezza, nella cui delega rientra anche il Dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio. In quel documento l’intelligence scrive di “dinamismo affaristico-criminale di spregiudicati imprenditori sinici che, anche attraverso il ricorso ad articolati schemi di evasione fiscale e riciclaggio, cui spesso si accompagnano fattispecie di sistematica raccolta e trasferimento in Madrepatria dei proventi di attività illegali, sono riusciti – sfruttando a proprio vantaggio opportunità offerte dal mercato e vulnerabilità sistemiche nazionali – a consolidare il loro posizionamento all’interno di taluni settori economici nazionali, anche attraverso una sistematica collocazione in ben definite aree territoriali”.

L’INCHIESTA CHINA TRUCK

Il caso più clamoroso è quello dell’inchiesta China truck, sulla presunta mafia cinese a Prato. È notizia di pochi giorni fa che, dopo oltre dieci anni, il maxi-processo non si è potuto aprire perché non è stato possibile notificare l’atto di costituzione delle parti a quattro dei 55 imputati cinesi. È trascorso più di un anno dal 16 febbraio del 2022 quando avrebbe dovuto iniziare il maxi processo con la prima udienza: niente di fatto anche allora fra difetti di notifiche e lo smarrimento dei faldoni. Apertura, dunque, rinviata ancora una volta, a fine maggio. Ma la chiusura potrebbe essere dietro l’angolo, almeno per alcuni. Infatti, se a quella data saranno riscontrati ulteriori difetti di notifica, allora il collegio del tribunale provvederà allo stralcio della posizione degli imputati irreperibili e procederà con l’estinzione del reato per un imputato che nel frattempo è morto.

LA BANCA CLANDESTINA A FIRENZE…

È più recente il caso della banca clandestina cinese a Firenze. Ieri, infatti, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze ha emesso un’ordinanza per l’arresto di due persone di origini cinesi per associazione a delinquere dedita alla commissione di reati di esercizio abusivo dell’attività finanziaria e bancaria. In totale gli indagati sono 13. Questo “istituto” offriva servizi occulti di trasferimento di denaro in Cina dietro pagamento del 2,5% dell’importo trasferito. Il sistema di trasferimento aveva due principali canali: per piccoli importi gli indagati usavano le applicazioni WeChat e Alipay, che consentono trasferimenti di denaro associando a un conto una o più carte di credito dalle quali, al momento del pagamento, viene prelevato l’importo esatto ritiro; per importi più consistenti, il denaro veniva anticipato attraverso conti correnti e carte bancarie accesi in Cina in favore di altri soggetti in Cina indicati dagli stessi clienti, dopodiché il denaro raccolto in contanti nel negozio fiorentino o nella filiale pratese veniva prelevato da ulteriori connazionali e trasportato fisicamente in madrepatria con altre modalità.

… E QUELLE NEL RESTO D’ITALIA

Nei giorni scorsi, il Partito democratico ha chiesto al governo risposte in merito alle rivelazioni del quotidiano La Repubblica su una banca segreta con filiali a Roma, Firenze, Padova, Prato, Napoli e Reggio Calabria, che muove miliardi di euro verso la Cina offrendo servizi speciali per clienti speciali. “China underground bank” – così la chiamano gli investigatori italiani, a partire da quelli della Guardia di Finanza – serve narcotrafficanti legati alla camorra e alla ‘ndrangheta, imprenditori in gran parte del Nord Est, oligarchi russi che dopo le sanzioni per la guerra in Ucraina non possono fare acquisti tracciati in Italia e super ricchi cinesi che vogliono fare shopping nelle grandi vie della moda italiana.

L’ALLERTA FRANCESE

Anche le agenzie d’intelligence francesi hanno accesso un faro su questi traffici illeciti che passano anche per l’Italia. Europe 1 ha dato conto di una nota di inizio anno co-firmata dalla Direction Nationale du Renseignement et des Enquêtes Douanières (l’intelligence doganale) e dal Service d’information, de renseignement et d’analyse stratégique sur la criminalité organisée (criminalità organizzata). “Suscita meno fantasia mediatica della mafia italiana e russa o dei cartelli colombiani”, scrive la testata francese. Ma gli analisti rivelano punto per punto la “straordinaria capacità di resilienza e adattamento” della mafia cinese, che ha fatto del riciclaggio di denaro la sua specialità, nel territorio francese. L’Italia è, come la Francia, anche snodo tra la Spagna e la Cina, si legge dalla nota delle agenzie transalpine. Queste sottolineano poi sia la centralità di Prato e Milano come centro dei grossisti di prodotti tessili, sia la partecipazione cinese nel terminal container deep-sea del porto di Vado Ligure, gestito da Apm Terminals Vado Ligure Spa, funzionale come Marsiglia all’espansionismo di Pechino sotto la leadership di Xi Jinping. La società italiana, infatti, è composta da: Apm Terminals (50,1%); dal colosso statale cinese Cosco Shipping Ports, azienda cruciale per la Via della Seta (40%); Qingdao Port International (9,9%).

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