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Sfide e opportunità del Pnrr. L’analisi di Scandizzo

I possibili benefici del Pnrr non risiedono nella eccezionale disponibilità di risorse finanziarie. Essi dipendono dalla capacità di utilizzare queste risorse per adottare scelte strategiche settoriali e funzionali per garantire uno sviluppo sostenibile e duraturo. Solo così l’Italia potrà trarre pienamente vantaggio dalla sua posizione strategica nel Mediterraneo e diventare leader di uno sviluppo economico sostenibile nella regione

Secondo i dati aggiornati al 25 gennaio 2023, l’Italia ha ricevuto finora 68,9 miliardi di euro di prefinanziamento del Pnrr, pari al 13% dell’importo totale assegnato. L’Italia ha anche presentato alla Commissione europea il primo rapporto semestrale sullo stato di attuazione del piano, che illustra i risultati raggiunti nei primi sei mesi del 2022. Tra questi risultati figurano alcune riforme importanti tra cui la creazione di un portale unico per i servizi digitali della Pubblica amministrazione, l’avvio della riforma fiscale e l’approvazione del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec). Tuttavia, sia nelle relazioni ufficiali, sia in quelle ufficiose, è palpabile il nervosismo del governo e delle altre parti coinvolte, sul progresso del Piano come insieme di progetti di investimenti.

Secondo la relazione della Corte dei Conti del 28 Marzo 2023, oltre la metà delle misure del Pnrr mostra ritardi o è ancora in una fase sostanzialmente iniziale dei progetti. Questi sono ancora largamente in preparazione e fronteggiano numerose difficoltà per passare a una fase di implementazione con significative probabilità di successo. Il decreto-legge n. 13, pubblicato il 24 febbraio 2023, appare una manifestazione tangibile di queste difficoltà, con cui si tenta di cominciare a fare i conti attraverso disposizioni urgenti per l’attuazione del Pnrr e del Piano nazionale degli investimenti complementari (Pnc). Il decreto introduce novità sulla governance del Pnrr, sul mondo della Pa e della scuola, nonché sulle procedure di semplificazione per le opere pubbliche e ambiente, tra cui l’approvazione del nuovo Codice dei contratti pubblici.

Le riforme previste dal Pnrr dipendono dalle azioni legislative del governo e del Parlamento, mentre gli investimenti richiedono una serie di azioni decentralizzate da parte di amministrazioni pubbliche e private, nazionali e locali. Essi inoltre richiedono la disponibilità di risorse “reali”, quali una adeguata offerta di beni e servizi produttivi capaci di alimentare i cantieri dei nuovi progetti. Tuttavia, secondo diverse rassegne informali dei progetti finanziabili e la stessa Relazione della Corte dei Conti prima citata, una grande quota delle azioni previste non è ancora organizzata in forma di progetti cantierabili, ad eccezione di alcuni progetti già pronti e che sarebbero stati realizzati anche senza il piano. Per le opere “nuove”, i disegni progettuali sono ancora largamente in forma preliminare e le stime dei costi sono incomplete e largamente incerte. Questo è particolarmente evidente per le opere di maggiori dimensioni, dove le stime dei costi e soprattutto dei tempi di realizzazione sembrano non tenere conto della lentezza della macchina amministrativa e degli ostacoli che la realizzazione di grandi opere deve affrontare in Italia. Per di più, nella situazione economica attuale, tendono a prevalere vincoli dell’offerta in un ambiente ancora sostanzialmente inflattivo. Questi vincoli suggeriscono che le forniture di beni intermedi necessarie per rendere operativi i cantieri possano essere insufficienti a rispondere alla domanda eccezionale di beni e servizi che sarebbe richiesta per spendere le risorse finanziarie che il Piano rende disponibili.

Per queste risorse (circa 191 miliardi di euro), il Pnrr prevede una concentrazione senza precedenti e di spese per riforme e investimenti (circa 221 miliardi) in un breve periodo di tempo (2023-2026). Insieme alla mancanza di una strategia complessiva di investimenti che faccia capo a obiettivi unificanti e mirati alla sostenibilità, questa anomala concentrazione di disponibilità monetarie è del tutto virtuale senza un impiego corrispondente di risorse reali. Essa tende a generare l’illusione di finanziamenti demiurgici, ostacolando di fatto la formulazione e la realizzazione di piani e progetti realistici e sostenibili nel lungo termine. La mancanza di un disegno strategico mirato ad attivare filiere di progetti, che coinvolgano catene produttive esistenti e con capacità di offerta effettive, minaccia di esacerbare un vecchio problema, alla radice delle difficoltà sistemiche che affliggono gli investimenti pubblici in Italia.  Dal lato della domanda, il PNRR alimenta così una narrativa di risorse abbondanti e fugaci, e minaccia di risolversi in una disordinata ricerca di modalità di spesa, piuttosto che di investimenti produttivi. Dal lato dell’offerta, la stessa prospettiva determina una carenza acuta di tempi e di risorse per disegnare, valutare e realizzare in modo adeguato i progetti possibili. Ciò ha l’effetto paradossale di ridurre il programma degli investimenti a un mosaico di tentativi, spesso disperati, di passare dalle parole ai fatti, senza gli strumenti e le capacità produttive per farlo.

In sintesi, lo stato attuale del Pnrr presenta il pericolo di una molteplicità di progetti non coordinati e di dubbia realizzabilità, e una governance in difficoltà sia per la valutazione dei progetti stessi, sia per la loro implementazione. L’assegnazione di risorse condizionate al cofinanziamento di privati o enti pubblici rende gran parte del finanziamento aleatorio, con gli stessi piani finanziari ancora non finalizzati per una molteplicità di interventi. Inoltre, il Piano manca ancora di componenti  cruciali in grado di assicurare modularità, replicabilità e rapidità di esecuzione per realizzare progetti di successo in tempi brevi. La disponibilità straordinaria di risorse finanziarie, tutte direttamente o indirettamente a debito, seppur a basso prezzo, non avrà effetti negativi, solo se verrà utilizzata in modo oculato, mobilitando risorse reali adeguate, migliorando il sistema degli investimenti pubblici, ed evitando gli effetti collaterali più pericolosi.

A questo scopo è necessario richiamare alcune considerazioni più sostanziali sulle opportunità e i rischi che il Pnrr presenta per il nostro Paese. I risultati delle valutazioni effettuate attraverso diversi modelli economici dei centri di consulenza internazionali, utilizzati dalle pubbliche amministrazioni e dalle istituzioni multilaterali, mostrano che l’effetto dinamico del dispiegamento di risorse previsto dal PNRR, anche se andasse a buon fine, potrebbe assicurare un notevole incremento sia del Pil che del tasso di crescita solo per un periodo di tempo limitato e con effetti ambigui sulla produttività e la crescita.

Secondo queste valutazioni, la persistenza dell’impatto dipenderebbe in modo significativo dalla crescita del settore R&S e dalla innovazione e potrebbe riverberarsi positivamente sulla espansione del surplus commerciale e sull’equilibrio dei conti pubblici. Tuttavia, le stesse valutazioni suggeriscono che una volta esaurito lo stimolo di domanda eccezionale degli anni di cantiere del Piano, i tassi di crescita tenderebbero a ricadere su livelli modesti comparabili a quelli che si verificherebbero comunque, seppure a livelli di reddito minori, senza l’attuazione del Pnrr. Questo messaggio è suggerito da diverse analisi quantitative che indicano il pericolo che gli effetti del Pnrr, anche nel caso di attuazione di successo, si esauriscano in una “fiammata” di attività temporanee, concentrata nel periodo 2023-2027, seguita da una rapida caduta verso i livelli storici di bassa crescita o di stagnazione caratteristici della storia recente del nostro Paese.

Il pericolo di una debole persistenza del profilo di crescita determinato anche nel caso di successo del Pnrr, può essere ricondotto ad alcune sue criticità che, al di là di un apprezzabile disegno di modernizzazione, dipendono dall’assenza di una strategia complessiva di sviluppo economico a lungo termine per il Paese. A questo problema di base si aggiungono la mancanza di un’adeguata localizzazione geografica degli interventi, che potrebbe generare disomogeneità e inefficienze nel territorio, e la scarsa attenzione ai problemi sociali che potrebbe compromettere la sostenibilità sociale dei progetti. Questi fattori peraltro non sono esclusivamente legati al Pnrr, ma richiedono una riflessione più ampia sulla strategia di sviluppo del Paese e sulle politiche pubbliche a livello nazionale e locale.

Mentre va riconosciuto che il Pnrr è un documento fondamentale per la ripresa economica dell’Italia dopo la pandemia di Covid-19, per garantire una ripresa sostenibile e duratura, l’enfasi sulla parcellizzazione dei finanziamenti disponibili rischia di portare fuori strada politici e imprenditori. L’esame del Piano in questa fase critica di implementazione suggerisce piuttosto la necessità di concentrarsi su interventi che consentano di valorizzarlo come strumento strategico di politica economica di lungo termine. Alcuni di questi, riconosciuti in principio, ma non sufficientemente valorizzati dalla struttura e organizzazione attuale, riguardano l’innovazione, l’energia, i porti e la logistica. In particolare, l’Italia potrebbe utilizzare i fondi strutturali e quelli europei per l’energia (Re-Power Eu) per sfruttare la sua posizione chiave nel Mediterraneo e diventare un hub logistico e commerciale per l’Europa.

Queste indicazioni sono particolarmente critiche per il Mezzogiorno, avamposto dell’Italia nel Mediterraneo, dove le difficoltà economiche e sociali richiedono più che mai una governance strategica della programmazione degli investimenti. I provvedimenti del governo sembrano indirizzati ad assicurare un approccio più sistematico e coerente, con una maggiore attenzione alla valutazione dei progetti e alla loro fattibilità a lungo termine. Ciononostante, i ritardi nell’esecuzione dominano le preoccupazioni della politica che, allo stesso tempo continua a sottovalutare la prospettiva strategica.

In conclusione, il Pnrr rappresenta una sfida e un’opportunità per l’Italia. I possibili benefici non risiedono nella eccezionale disponibilità di risorse finanziarie, che non ha valore se non riesce a mobilitare in modo produttivo risorse reali della stessa grandezza. Essi dipendono invece dalla capacità di utilizzare queste risorse per adottare scelte strategiche settoriali e funzionali per garantire uno sviluppo sostenibile e duraturo. Solo così l’Italia potrà trarre pienamente vantaggio dalla sua posizione strategica nel Mediterraneo e diventare leader di uno sviluppo economico sostenibile nella regione. In questo quadro, modificare il Pnrr attraverso l’utilizzo dei fondi strutturali e di quelli del RePower-Eu può portare a una serie di vantaggi per l’Italia, compreso un nuovo impeto nei settori cruciali dell’innovazione, della logistica e dell’energia verde, per investire nell’industria del futuro, e creare un’economia sostenibile per le future generazioni.



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