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Polonia über alles. Morawiecki parla da Heidelberg (a tutta l’Europa)

Di Giulia Gigante

Mateusz Morawiecki ha pronunciato il suo discorso presso l’Università di Heidelberg, confermando la centralità politica e strategica della Polonia nel conflitto russo-ucraino e nella nuova Europa che sorgerà a guerra conclusa. Una Polonia che incanala il proprio revanscismo nel desiderio non solo di rimescolare le carte, ma di distribuirle…

Polonia über alles. Non è un titolo da strilloni né clamore propagandistico. Ma la sintesi, o meglio l’immagine, più esaustiva dell’Europa secondo Mateusz Morawiecki. Andiamo ad Heidelberg, tra le luci affusolate della più antica università della Germania, dove il primo ministro ha abbracciato la narrazione occidentale. E lo fa, per l’appunto, in terra tedesca. Un’entità che i polacchi descriverebbero attraverso l’epigramma catulliano “odi et amo”, soprattutto dopo aver fatto delle riparazioni di guerra un imperativo categorico, un punto dirimente per i rapporti di buon vicinato.

“L’Europa a una svolta storica”. Un discorso che rappresenta il sequel di quello pronunciato dal cancelliere Olaf Scholz nel 2022 e, cinque anni prima, da Emmanuel Macron. Il tema non cambia: il futuro del vecchio continente. Intrecciati, accostati e interpretati come sinonimi. Morawiecki è schematico, diretto, essenziale. Il suo discorso può essere suddiviso in quattro passaggi-chiave: la lezione congenita nella storia d’Europa, l’importanza della resistenza ucraina, la (ri)definizione dei valori europei e il ruolo globale e globalizzante che spetta al nostro piccolo mondo antico.

Prima di centrare il punto, Morawiecki fa un giro di elogi e ripercorre i sentieri che spesso si sono incrociati, ma mai uniti. Ricorda che Germania e Polonia sono vicine da oltre undici secoli e che hanno fondato le loro prime università quasi contemporaneamente; Cracovia nel 1394 e Heidelberg nel 1386. “Nel corso dei secoli ci sono stati molti polacchi di origine tedesca o tedeschi di origine polacca e slava” ha rammentato il premier. “Oggi, lavoriamo a stretto contatto economico, il che crea una forte interdipendenza. Siamo il quinto partner commerciale della Germania, dopo Cina, Stati Uniti, Paesi Bassi e Francia. Presto passeremo al quarto posto, scavalcando Parigi. E poi anche al terzo. E la Polonia, insieme ad altri paesi del Gruppo di Visegrad, è oggi un partner molto più importante della Cina o degli Stati Uniti. E sebbene abbiamo punti di vista diversi su alcune questioni, condividiamo anche molti problemi comuni che devono essere superati insieme”. Poi, arriva al sodo. Tornano le città polacche saccheggiate, distrutte e le macerie disseminate dagli elmetti della Wehrmacht.

“La Polonia lotta ancora con la crudele eredità della Seconda guerra mondiale. Poi abbiamo perso la nostra indipendenza, la nostra libertà, oltre cinque milioni di cittadini. Mentre alla Germania occidentale è stato permesso di svilupparsi liberamente, la Polonia ha perso cinquant’anni del suo futuro.  Non voglio soffermarmi su questo tema nel mio intervento, ma non posso trascurarlo. La Polonia non ha mai ricevuto alcuna riparazione dalla Germania per i crimini della seconda guerra mondiale, per la distruzione, il furto delle proprietà e dei tesori della cultura nazionale. Dopotutto, la piena riconciliazione tra un carnefice e la sua vittima è possibile solo quando c’è una ricompensa. In questo momento cruciale della storia dell’Europa, abbiamo bisogno più che mai di tale riconciliazione, perché le sfide che dobbiamo affrontare sono tragiche”.

A questo punto, il discorso del numero due di Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość) volge al tanto agognato crollo del titano sovietico. Brutale, ingombrante e spregiudicato come solo le forze primordiali del Novecento sanno essere. E, per fortuna, messo in ginocchio dagli scioperi di Solidarność, dall’attivismo politico di Giovanni Paolo II e dall’era reaganiana. Qui, subentra il romanticismo politico che regge il patriottismo polacco.

“Anche durante la recente crisi Covid-19, abbiamo constatato che gli stati nazionali sono fondamentali per proteggere la salute dei cittadini. In precedenza, durante la crisi del debito, abbiamo assistito a un chiaro conflitto tra i paesi dell’Europa meridionale, Grecia, Italia e Spagna, e le istituzioni sovranazionali” sottolinea Moraweicki. “Gli stati nazionali salvaguardano la libertà, la cultura, il carattere sociale, economico, politico e militare. Qualsiasi sistema politico che non rispetta la sovranità altrui, la democrazia, o la volontà elementare della nazione prima o poi cadrà nell’utopia o nella tirannia”.

Infatti, per l’Antemurale Christianitatis l’Europa è quella madre di civiltà e di dignità umana che “vale la pena proteggere” dall’ombra del Cremlino, promessa di caos e morte.

“Oggi gli ucraini non combattono solo per il proprio Paese. Dal 24 febbraio 2022 combattono quotidianamente per la libertà di tutta l’Europa. La sconfitta di Kiev sarebbe la sconfitta dell’Occidente. Anzi, dell’intero mondo libero. Una sconfitta maggiore del Vietnam. E dopo una tale disfatta la Russia colpirebbe ancora, modificando drammaticamente il mondo così come lo conosciamo” continua Morawiecki, rievocando i mostri del passato. “Questo incoraggerebbe Putin, proprio come la pacificazione degli anni ’30 ha incoraggiato Hitler. Anche il presidente russo, come Hitler all’epoca, gode di un enorme sostegno pubblico. Non è un’esagerazione dire che siamo di fronte alla minaccia di una Terza Guerra Mondiale. L’unico modo per evitare il disastro è fermarsi a nutrire la Bestia”.

Con Mosca non si tratta. Come avverte il premier: “Fare accordi con la Russia è fallimentare”. Perché l’Orso non va solo stanato, ma abbattuto.  E per farlo urge una nuova idea di Europa. Ma come creare una leadership europea su scala planetaria? Innanzitutto, secondo Morawiecki, è necessario “sviluppare le nostre capacità di difesa”, porre le condizioni per un riequilibrio di potere tra tutti gli stati membri e per il completamento dell’integrazione con i Balcani occidentali, l’Ucraina e la Moldavia. Ergo, i confini europei devono subire un considerevole allargamento verso Est. Inoltre, Morawiecki non ha rinunciato alle solite sferzate contro la coltre burocratica che avvolge le attività dell’Unione.

“Le competenze dell’Ue dovrebbero limitarsi a quelle nominate nei trattati, soprattutto nel Trattato di Roma. Perciò, lasciateci ridurre il numero di settori di competenza dell’Ue”. In breve, il processo decisionale “non può essere trasferito e confinato nelle “coalizioni di potere di Bruxelles”, tutt’al più sarebbe cosa buona e giusta tentare di svilupparlo attraverso le tradizionali procedure democratiche.

“L’Europa ha un grande potenziale. Deriva dalla sua storia e dal suo patrimonio, ma continua oggi nelle sue innumerevoli qualità e vantaggi. Ciò di cui l’Europa ha bisogno, tuttavia, è determinazione e coraggio” conclude il premier. “E sono profondamente convinto che se lavoriamo sodo per le nostre rispettive patrie e per il continente nel suo insieme, l’Europa prevarrà. L’Europa vincerà!”.

In buona sostanza la Polonia, ormai libera da qualsivoglia complesso di inferiorità, coglie l’occasione per scrollarsi di dosso un passato di subalternità e riverenze.


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