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Come finirà per TikTok? Gli scenari possibili secondo Reinsch (Csis)

“In Cina la legge impone alle aziende di fornire i dati al governo se questo lo richiede. Quindi penso che il Congresso non debba credere a Tiktok quando dice che non fornisce i dati degli utenti”, così William Reinsch, esperto del Csis, già sottosegretario al Commercio Usa in una conversazione con Formiche.net. Il difficile ban totale, l’opzione della cessione delle quote, i precedenti giuridici e possibili scenari sulla questione della piattaforma cinese

Se l’amministrazione presidenziale o il Congresso ponessero un ban totale su TikTok “non accadrebbe nulla nell’immediato perché ci sarebbe una causa legale che durerebbe anni e arriverebbe fino alla Corte Suprema”, spiega a Formiche.net William Alan Reinsch, esperto del Center for Strategic and International Studies, già sottosegretario al Commercio Usa.

Cosa significherebbe ban totale nel concreto?

L’opzione di cui si discute è quella di richiedere alle piattaforme multimediali come Google e Apple di toglierlo dai loro app store. In questo modo le persone non potrebbero scaricarlo tramite quelle applicazioni. Questo non impedirebbe a un utente di scaricare TikTok da altre piattaforme, ma si tratterebbe più che altro di un’eliminazione graduale perché le persone che hanno già installato l’app perderebbero la possibilità di inserire aggiornamenti e patch. Tuttavia, direi che nel dibattito recente si parla di un ban senza pensare molto a come funzionerebbe di preciso. Prima di tutto, non accadrebbe nulla nell’immediato perché ci sarebbe una causa legale. Siamo in America. Chiunque può fare causa a chiunque per qualsiasi cosa. E vi garantisco che ci sarebbero molti processi sulla questione.

L’ultima volta che si è provato il ban il sistema giudiziario ha bloccato l’iniziativa del presidente Trump. 

Sì, ci sono essenzialmente due argomenti che spiegano perché la nostra legge non permette di vietarlo. Trump ha provato a utilizzare la legge chiamata International Emergency Economic Powers Act. È lo strumento legale che il presidente può usare quando vuole vietare qualcosa. Dà al presidente quell’autorità in caso di emergenze economiche internazionali. Ma a quella legge è stato aggiunto un emendamento noto come emendamento Berman che dice: se vuoi vietare qualcosa, non puoi vietare il flusso di informazioni. L’emendamento è stato scritto quando non esistevano né Internet né i dati digitali. Era destinato ad applicarsi a riviste, libri, giornali, perché l’autore voleva assicurarsi che la voce degli americani potesse essere sempre espressa e non voleva impedire, ad esempio, ai dissidenti in un Paese sottoposto a sanzioni di ottenere informazioni accurate su ciò che accadeva nel loro Paese o negli Usa. Ovviamente ora con i media digitali l’emendamento ha una portata molto più ampia di quella che aveva nel 1978.

Biden potrebbe percorrere la stessa strada?

Se Biden ponesse il ban, questo potrebbe subire lo stesso iter legale di quello di Trump. Ma diverse proposte del Congresso che sono state fatte per il ban, o per autorizzare il Presidente a emettere un ban, includono modifiche all’emendamento Berman. L’altra argomentazione, che probabilmente è quella più forte, che non è stata raggiunta sotto Trump, ma che verrebbe fuori sotto Biden, è il nostro Primo emendamento della Costituzione, ovvero la libertà di parola. Credo che sarebbe molto difficile per il Congresso dimostrare che Tiktok diffonda contenuti talmente pericolosi da poter sospendere la libertà di parola. Staremo a vedere. Ma, di nuovo, ci saranno lunghissime battaglie legali. Questa è una di quelle cose per cui a prescindere da chi perderà, si farà ricorso. Probabilmente si arriverà fino alla Corte Suprema e la cosa non si risolverà per diversi anni.

Si parla del fatto che TikTok trasferisce i dati degli utenti americani in Cina, che è in grado di “indagare” e spiare gli utenti (è successo con giornalisti che scrivono della piattaforma) e che potenzialmente potrebbe manipolare l’opinione pubblica assecondando le strategie del Partito comunista cinese. Tre rischi seri per la sicurezza nazionale americana (e non solo). 

Il problema è che questi rischi potrebbero non “reggere” l’onere della prova in tribunale. Ieri ne ho discusso con una persona che lavora per la nostra comunità di intelligence. Ci sono due argomentazioni. La prima è quella dei dati e l’altra è quella dell’influenza. L’argomento dei dati è che Tiktok ottiene enormi quantità di dati personali che potrebbero essere usati per scopi maligni. Il fatto è che ogni piattaforma social raccoglie dati. Quindi, se ci si lamenta di TikTok, ci si deve lamentare di Instagram, Facebook, Twitter. L’unica differenza è che TikTok è di proprietà di una società cinese e le altre no. In secondo luogo, buona parte dell’audizione in Congresso di Shou Zi Chew ha riguardato la cattiva influenza che TikTok ha sui giovanissimi. E naturalmente questo è un problema che si applica a tutte le piattaforme di social media. Credo che alcuni democratici abbiano sottolineato che se si vuole percorrere questa strada, bisogna parlare di tutte le piattaforme, non solo di una. L’altra argomentazione, più sensata francamente, è che i cinesi utilizzino la piattaforma per influenzare l’opinione pubblica americana con messaggi di propaganda.

Si ritorna alla questione della libertà di espressione. 

Per questo dico che alla fine ci troveremo di fronte alla Corte Suprema.

Sono stati fatti investimenti nel cosiddetto Project Texas, il progetto per mantenere i dati degli utenti statunitensi in data center negli Usa. Il progetto è stato abbandonato? 

Beh, non è bastato a convincere gli americani. Il problema è la fiducia. La vera domanda è: qual è il rapporto tra ByteDance e TikTok? In Cina la legge impone alle aziende di fornire i dati al governo se questo lo richiede. Quindi penso che il Congresso non debba credere a Tiktok quando dice che non fornisce i dati degli utenti.

Un’altra opzione sul tavolo è la cessione delle quote di ByteDance. Cosa significherebbe nel concreto?

Vorrebbe dire che il controllo della società sarebbe nelle mani di americani. Ciò non significa che il 100% dei proventi debba essere americano, ma che Ceo dovrebbe essere americano, e che i membri del consiglio di amministrazione cinesi non dovrebbero essere in grado di accedere alle informazioni della società.

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