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Ecco come nasce la riforma italiana dell’Onu. Parla l’amb. Vento

Oggi alla Farnesina la riunione del gruppo “Uniting for Consensus” a livello di alti funzionari. Il diplomatico, già rappresentante permanente alle Nazioni Unite: “La proposta prende atto della difficoltà di creare nuovi seggi permanenti e propone di aumentare il numero dei componenti del Consiglio di Sicurezza”

“L’Italia punta a riformare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per renderlo adatto alle sfide del mondo di oggi”. Lo ha spiegato, in un tweet, Maria Tripodi, sottosegretaria agli Esteri, che oggi ha preso parte alla Farnesina alla riunione del gruppo “Uniting for Consensus” a livello di alti funzionari per discutere delle strategie con cui promuovere una riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. “Uniamo i nostri sforzi”, ha aggiunto Tripodi, “per una riforma che sia veramente vantaggiosa per tutti”.

L’appuntamento è stato fortemente voluto dall’Italia, che punta a rilanciare l’azione del gruppo. “Ora più che mai è urgente riformare l’organo più importante dell’Onu, rendendolo adatto alle sfide del mondo di oggi”, ha sottolineato Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri. “Non è più ammissibile”, ha proseguito, “che le decisioni che riguardano la pace e la sicurezza internazionale siano prese da pochi”. Nelle scorse settimane, come raccontato su Formiche.net, della questione aveva parlato Giorgio Silli, sottosegretario agli Esteri, incontrando ha incontrato alla Farnesina una delegazione del Congresso statunitense, guidata da Steve Cohen, co-presidente della Helsinki Commission.

Composto da dodici Paesi (Argentina, Canada, Colombia, Costa Rica, Italia, Malta, Messico, Pakistan, Repubblica di Corea, San Marino, Spagna, Türkiye), il gruppo intende portare il numero dei membri del Consiglio di Sicurezza dagli attuali 15 a 26, creando solo nuovi seggi non permanenti. La proposta di riforma, che nasce dal cosiddetto Coffee Club ideato dall’ambasciatore Francesco Paolo Fulci, rappresentante permanente d’Italia alle Nazioni Unite negli anni Novanta, punta anche a limitare l’uso del diritto di veto, appannaggio esclusivo dei cinque membri permanenti (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia e Cina), e a migliorare la distribuzione geografica dei seggi, al fine di dare adeguato spazio al Continente africano e ai piccoli Paesi insulari e in via di sviluppo.

“La proposta italiana ha un pregio particolare”, spiega a Formiche.net l’ambasciatore Sergio Vento, che nel 1999 ha preso il posto di Fulci a New York. “Prendendo atto della difficoltà di creare nuovi seggi permanenti, propone di aumentare il numero dei componenti del Consiglio di Sicurezza. Inoltre, con una dose di sano realismo, riconosce le gerarchie tra i Paesi non permanenti, contemplando la possibilità di una rielezione immediata per il biennio successivo”, conclude.

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