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Auto a benzina, rimandato lo stop europeo. Il governo festeggia, ma…

Pompe benzina

Il voto per confermare il divieto di vendita di auto inquinanti dal 2035 è saltato dopo i distinguo della Germania sui carburanti sintetici. Per il governo italiano è un ritorno alla razionalità, nel nome della neutralità tecnologica e della protezione della filiera. Ma per Tritto (T&E) ogni rallentamento della conversione all’elettrico è a spese della competitività

Le preoccupazioni italiane (e tedesche) sulla fine del motore endotermico si fanno sentire. È stato ufficialmente rinviato a data da destinarsi il voto sullo stop alla vendita di auto inquinanti dal 2035, già approvato dal Consiglio europeo a ottobre 2022 e confermato dal Parlamento a febbraio 2023. La presidenza svedese ha confermato che il punto è stato stralciato anche dal Consiglio Ue del 7 marzo, che sarebbe dovuto essere una mera ratifica formale dell’accordo tra i tre principali organi dell’Ue.

Diversi esponenti del governo italiano a guida Giorgia Meloni si erano già espressi contro la misura dopo il passaggio in Parlamento. Il ministro dei trasporti Matteo Salvini aveva definito l’accordo “folle e sconcertante”, e quello delle imprese Adolfo Urso, pur reiterando la necessità di perseguire la transizione, ha esortato a farlo con pragmatismo. I timori italiani sono da ricondurre a diversi elementi, tra cui l’impatto della conversione all’elettrico sulla filiera dell’automotive, le difficoltà oggetti e l’assenza di controllo a monte della catena di produzione.

Essendo il voto finale a maggioranza qualificata (almeno 15 Stati membri e il 65% della popolazione europea), l’opposizione di Roma, aggiungendosi a quella di Varsavia e Sofia, non avrebbe cambiato granché. Berlino, vera protagonista europea nel settore dell’auto, aveva confermato lunedì il sostegno all’accordo originale. Ma le pressioni dei liberaldemocratici tedeschi sui compagni di coalizione sembrano aver fatto breccia: il ministro dei trasporti tedesco Volker Wissing ha annunciato che la Germania si sarebbe astenuta. Cosa che ha spinto la Svezia a rimandare la decisione.

La mossa di Berlino ha cambiato gli equilibri, eliminando la certezza della maggioranza qualificata e dunque che la legge sarebbe stata approvata definitivamente. Wissing ha anche fornito una spiegazione: il ruolo futuro dei carburanti sintetici (derivati dall’idrogeno, prodotti con energia rinnovabile e teoricamente compatibili con i motori endotermici) che è relegato a una clausola non vincolante nel testo attuale e dunque potrebbe essere semplicemente ignorata dalla Commissione nella corsa alla decarbonizzazione.

LA REAZIONE ITALIANA

Festeggiamenti da parte di Roma. “L’Italia ha svegliato l’Europa e la decisione del rinvio su stop ad auto a benzina e diesel è un segnale importante”, ha scritto Urso su Twitter. “Mi auguro che ora ci sia una riflessione comune per una competitività sostenibile anche nel settore automotive”. Per Paolo Formentini (vicepresidente in commissione Esteri a Montecitorio in quota Lega) è “un messaggio forte anche in chiave internazionale, dobbiamo evitare di svendere questo mercato in favore dell’elettrico e quindi fare un favore alla Cina”. E secondo il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto-Fratin, il rinvio “tiene giustamente conto di una forte resistenza di alcuni Paesi europei, con l’Italia in prima fila, a un’impostazione del regolamento troppo ideologica e poco concreta”.

La posizione italiana, ha spiegato il vertice del Mase, è che l’elettrico “non può essere l’unica soluzione del futuro, tanto più se continuerà, come è oggi, ad essere una filiera per pochi. Puntare inoltre sui carburanti rinnovabili è una soluzione strategica e altrettanto pulita, che consente di raggiungere importanti risultati ambientali, evitando pesanti ripercussioni negative in chiave occupazionale e produttiva. La decarbonizzazione del settore dei trasporti, che resta obiettivo prioritario, deve tenere conto delle peculiarità nazionali e di tempistiche compatibili con lo sviluppo del settore dell’automotive. Ci auguriamo che questa pausa consenta anche ad altri Paesi e alle stesse istituzioni europee un’ulteriore riflessione su un tema così importante per cittadini e imprese”.

I DUBBI DI TRITTO (T&E)

Tuttavia, secondo i critici rimane il rischio di condannare l’industria europea dell’auto all’irrilevanza pur di rallentare la conversione. “Il dietrofront del governo sul phase-out è una scelta preoccupante e miope. Il mercato ha già scelto la tecnologia del futuro e investito in modo massiccio nel settore della mobilità elettrica. Le stesse case auto prevedono la totale elettrificazione delle loro linee produttive ben prima del 2035. Bisogna definitivamente prenderne atto”, ha detto Carlo Tritto, Policy Officer del think tank Transport & Environment, a Formiche.net. Conseguentemente, per tutelare l’occupazione oltre che il clima, “si deve investire subito per formare i lavoratori rispetto alle nuove filiere dell’automotive. Le battaglie di retroguardia per allungare di qualche anno la vita della tecnologia endotermica sono, in termini di strategia industriale, certamente perdenti”.

Esistono dubbi anche sulla viabilità dei carburanti sintetici, che “per previsione delle stesse aziende che li producono saranno in grado di alimentare appena il 3% delle auto al 2035”, evidenzia Tritto. Il punto è che i cosiddetti e-fuels richiedono moltissima energia rinnovabile per essere prodotti, cosa che li rende “quattro volte meno efficienti rispetto a una tecnologia puramente elettrica” in termini di propulsione, oltreché molto più costosi in generale. “Potranno invece essere fondamentali per la decarbonizzazione del trasporto aereo e marittimo di lunga distanza. Per questo i pochi volumi disponibili devono essere riservati a quei settori”. Per quanto riguarda le emissioni, come sottolinea l’esperto, l’impiego stradale degli e-fuels “non risolve il problema della qualità dell’aria, dato che la loro combustione in un’auto endotermica determina gli stessi livelli di emissione di ossidi di azoto delle auto a benzina”.

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