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Wagner e guerra ibrida, gli assi nella manica di Putin

Come ha fatto Putin a (ri)mettere le mani sull’Africa? Perché si parla di compagnia Wagner? A queste e altre domande si è tentato di dare risposta con il live-talk della rivista Formiche a cui hanno partecipato Leonardo Tricarico, Federica Saini Fasanotti, Matteo Bressan e Pasquale Annicchino

Tra le sue numerose conseguenze, la guerra in Ucraina ha avuto l’effetto di portare sulla ribalta il ruolo della compagnia di contractor Wagner. La verità è che il gruppo è molto di più e la sua attività è molto più radicata di quello che fino ad oggi ci è apparso. Da qui l’allarme lanciato negli ultimi giorni da Guido Crosetto, Antonio Tajani e Adolfo Urso, e per la verità già anticipato da tempo dalla nostra Intelligence.

Di questo e molto altro si è discusso durante il live-talk di presentazione della rivista Formiche “Wagner. Cavalcata verso gli inferi (all’ombra del Cremlino)” con Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa e già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, Federica Saini Fasanotti, senior associate fellow dell’Ispi, Pasquale Annicchino, docente di Diritto e religione all’Università di Foggia e membro del gruppo di esperti Osce/Odhir e Matteo Bressan, docente di Studi strategici della Sioi e analista della Nato defense college foundation.

Alle origini del Wagner

“Dobbiamo partire da una constatazione fatta da Putin nel 2012: il presidente russo comprese che l’impiego delle cosiddette Private military company, Pmc, poteva essere un utile strumento per ampliare il proprio raggio d’azione e per imporre la propria influenza nei teatri più instabili, evitando pericolosi passi indietro a livello internazionale” ha detto Matteo Bressan.

L’uso delle Pmc da parte della Russia di Putin risale all’invasione della Crimea del 2014. È stato poi a partire dal 2015 che, rilanciando il proprio ruolo strategico in Africa, la Russia ha consolidato l’uso delle compagnie militari private.

Le mani russe sull’Africa

Ma come ha fatto Putin a (ri)mettere le mani sull’Africa? In primo luogo, sfruttando i vuoti di potere, tra disingagement europeo e governi locali instabili, e servendosi dello strategico aiuto del gruppo di mercenari.

“I tre centri nevralgici dell’influenza di Wagner in Africa sono oggi la Libia, la Repubblica Centrafricana e il Mali, dove la compagnia è stata capace di influenzare i processi politici al punto da istaurare leadership locali favorevoli. Sono entrati nel continente in maniera subdola e nebulosa” ha detto Federica Saini Fasanotti.

L’elemento religioso

Vi sarebbe poi anche l’elemento religioso, attraverso il quale Mosca ha insistito nei teatri più instabili, dall’Africa, al Medio Oriente, passando anche per i Balcani occidentali. “Non ci siamo resi conto che la variabile religiosa ha un impatto importante nelle questioni che attengono all’hard power in senso stretto. L’esempio è l’Africa, dove l’infrastruttura religiosa è divenuta un elemento-chiave per il consolidamento dell’egemonia russa” ha infatti detto Pasquale Annicchino.

Il tema religioso si lega a doppio filo al conflitto ucraino e all’influenza della Chiesa ortodossa nei Paesi dove si muove la Wagner. “I voti alle Nazioni Unite e lo schieramento dei Paesi africani alle diverse risoluzioni contro l’azione russa in Ucraina sono emblematici” ha infatti aggiunto Annicchino.

Il cambio di passo in Ucraina

Se Wagner in Africa è stato per Putin un facilitatore, in Ucraina il gruppo ha fatto un salto di qualità di diversa natura. “Con la guerra è scattato l’arruolamento dei detenuti, carne da cannone fondamentale per partecipare e compiere le operazioni al fronte” ha detto Bressan.

Dello stesso avviso anche Leonardo Tricarico secondo cui il caso Wagner è particolare. “Si fa riferimento al gruppo come a una Pmc ed è corretto, ma non bisogna dimenticarsi che queste compagnie di mercenari nascono come Private military and security company, è la loro funzione securitaria che gli ha conferito successo. Il cambiamento per Wagner è avvenuto con l’Ucraina”, ha detto il Generale.


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