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Xi-Putin, aumentano i limiti dell’amicizia “senza limiti”. L’editoriale di Lucas

Di Edward Lucas

Il leader cinese è in visita a Mosca per tre giorni. Russia e Cina sono sempre più vicine ma le distanze sulla guerra in Ucraina stanno emergendo con chiarezza. Scrive Edward Lucas, non-resident senior fellow al Center for European Policy Analysis

La visita di tre giorni di Xi Jinping a Mosca questa settimana testimonia la sempre maggiore vicinanza tra la leadership del Partito comunista cinese e il Cremlino. Ma evidenzia anche diversità e contraddizioni.

Cina e Russia vedono la guerra in Ucraina in modo molto diverso. Vladimir Putin capisce (giustamente) che un’Ucraina filo-occidentale, di successo e democratica rappresenta una minaccia esistenziale per il suo neo-imperialismo cleptocratico. È pronto a scatenare il caos per evitare un simile scenario. La Cina, al contrario, vorrebbe che l’Ucraina fosse un Paese stabile e prospero: sarebbe un miglior cliente per le esportazioni, un fornitore più affidabile e una migliore destinazione per gli investimenti. Inoltre, l’adesione dell’Ucraina alla Nato e all’Unione europea non pone alcun problema di sicurezza per la Cina.

La propaganda di Putin ama dipingere la Russia come una fortezza assediata, circondata da nemici occidentali in decadenza ma anche minacciosi. L’unità dell’Occidente rafforza questo messaggio. A lui non dispiace. Xi, al contrario, ha urgente bisogno di evitare che l’Unione europea si unisca pienamente alla coalizione guidata dagli Stati Uniti che limita e contrasta sempre più le sue ambizioni. Mentre il suo Paese sta cercando di riprendersi dalle chiusure legate alla crisi, l’obiettivo di Xi è quello di risollevare le sorti economiche della Cina, non di incorrere in nuove sanzioni.

Per la Russia, il sostegno diplomatico, economico e (in parte) militare cinese ha un prezzo. Come ha ripetutamente avvertito il commentatore ora in esilio Andrei Piontkovsky, quella tra Russia e Cina è un’alleanza tra “un coniglio e un boa constrictor”. Un tempo la Russia era un Paese più sviluppato della Cina, soprattutto dal punto di vista militare. Ora questo divario è stato ampiamente annullato. La Cina è circa dieci volte più grande in termini di popolazione e potere economico, mentre la Russia, un Paese ossessionato dalle risorse naturali, sa benissimo che il suo gigantesco vicino orientale ha un appetito altrettanto gigantesco per le materie prime.

La paura della Cina è stata il motivo per cui la precedente politica russa ha bilanciato la retorica anti-occidentale con azioni pragmatiche, esemplificate dalle esportazioni di energia verso l’Unione europea. I suoi legami non occidentali con i dittatori dei Paesi africani, della Siria, del Venezuela e di altri Paesi non possono controbilanciare la relazione sbilanciata con Pechino. L’amicizia con la Cina può essere tatticamente intelligente, ma è strategicamente stupida.

Anche la Cina deve affrontare dei dilemmi. La Russia può essere un amico sempre più utile, ma anche difficile. Il mandato di arresto di Putin per crimini di guerra, con l’accusa di aver rapito bambini dall’Ucraina occupata, lo rende un paria in gran parte del mondo. La Russia sta diventando uno Stato canaglia, anche se più simile all’Iran che alla Corea del Nord. È vero che anche il regime cinese non è nuovo al rapimento di bambini (ricordiamo, tra gli altri, il Panchen Lama, rapito all’età di cinque anni nel 1995, che da allora non ha più fatto ritorno). Ma sostenendo Putin, Xi diventa responsabile di ogni altro possibile reato del suo protetto, a partire dalle minacce nucleari. Può aspettarsi che tutti gli interlocutori occidentali ribadiscano questo punto durante i vertici o le visite a Pechino.

Ancora più scoraggiante è il fatto che Xi debba trovare il modo di essere un mediatore credibile per un accordo di pace tra Ucraina e Russia, pur rimanendo un amico intimo di Putin. Questo sembra quasi impossibile. A parte il recente accordo saudita-iraniano, la Cina ha faticato nella diplomazia multilaterale (in particolare per quanto riguarda la vicina Corea del Nord). In Ucraina si riparte da zero, o peggio. Una telefonata di Xi al presidente Volodymyr Zelensky sarà l’inizio tardivo dell’impegno cinese, ma non la base per un intervento. L’Ucraina non è disposta a scendere a compromessi: l’offensiva russa si è fermata, le armi occidentali stanno arrivando e si prospetta una controffensiva. L’unica leva reale di Xi è minacciare di fornire un aiuto militare più sostanzioso alla Russia. Ma questo rischia di irritare ulteriormente gli Stati Uniti. A meno che non voglia arrivare a una resa dei conti con l’Occidente in questo momento, questa opzione sembra molto poco conveniente.

Tuttavia, dopo aver lanciato la sua offerta di pace, Xi rischia di perdere la faccia se fallisce. Non perdonerà a cuor leggero Putin per questo costoso e pericoloso pasticcio.



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