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Almeno “l’intelligence” non sia artificiale. Il commento di Costanzo

L’algoritmo deve essere uno strumento al servizio dell’uomo e non certo il contrario, anche perché l’analisi e il peso delle informazioni vogliono che l’elemento psicologico completi la sfera della ragione anche per dare senso e contesto a valutazione, decisione e azione. Scrive Biagino Costanzo, dirigente di azienda e docente in Scienze Criminologiche per la Difesa e la Sicurezza

Dietro questo termine c’è un mondo che racchiude tanto e tutto. Fascino, ombre, fiducia, pericolo, opportunità, bersaglio, bugie, verità. Le varie distorsioni dei giudizi che di volta in volta vengono esternati hanno origine da una profonda non conoscenza del settore alimentando visioni distorte e non aderenti alla realtà, aggravato da un preponderante analfabetismo di ritorno presente nella società. Se aggiungiamo a tutto questo una robusta mala fede che in un comparto ritenuto troppo autonomo e libero da controlli, può far nascere e crescere atteggiamenti e azioni che l’immaginario pubblico, aiutato da una parte di narrazione nazional-giornalistica, porta a ribattezzarli quali “deviati”, il danno è fatto, soprattutto per la sicurezza nazionale di un Paese.

Oramai, di intelligence, se ne parla sempre e spesso, non solo nell’editoria, o al cinema, o in letteratura, dove questi scenari ne aumentano l’attenzione e quindi anche il fascino, ma è oggetto di studi universitari, di approfondimenti accademici e quindi dovrebbe portare tutti a una attenta valutazione di quel mondo e non a una visione superficiale e incline a farne il capro espiatorio di tutte quelle azioni che nella vita di uno Stato vengono definite borderline. Rappresentare una realtà falsata significa solo produrre suggestioni, danni e pregiudizi.

L’intelligence è una risorsa istituzionale imprescindibile per uno Stato, è indubbiamente irrinunciabile per un Paese dotarsi di uno strumento così delicato, operativo s strategico per la sicurezza e la difesa di una nazione. Non dobbiamo soffermarci solo a intenderla, viste le sue risorse al di fuori delle comuni dotazioni e di personale altamente specializzato e formato, capace di intervenire con azioni speciali in quanto idonea e deputata ad affrontare situazioni delicate e forse già compromesse, operando come extrema ratio. Questo è riduttivo.

La sua mission, mi si perdoni il termine abusato, è quello di garantire la sicurezza di uno Stato in tutti i suoi aspetti ovvero il punto più ampio e delicato per la protezione di cittadini, delle istituzioni e della Costituzione, ecco perché si parla, quando trattiamo di intelligence, di Sicurezza Nazionale nella sua eccezione più completa. Essa è una istituzione di uno Stato e in quanto tale è attuata da organismi dello Stato, formata da uomini dello Stato. In questo senso è deputata e dedicata a garantire la Sicurezza dello Stato ma questo deve essere fatto nel modo più estremo di riservatezza. Si chiamano “segreti” appunto perché solo la segretezza può garantire la buona riuscita di una operazione atta, per esempio, a penetrare ambienti , informazioni, aree, al fine di prevenire un attacco a una comunità, da sempre, ma ancor maggiormente oggi che viviamo nella stagione del, come la definisco io, “window forever” e che qualcuno invece definisce, nascondendosi dietro un sterile alibi, trasparenza, ma è un immenso grande fratello dove tutti, i più, sono portati a esibire per un insano massaggio dell’ego, il tutto.

Dal punto di vista giuridico la collocazione dell’intelligence è nello Stato e nel suo ordinamento. Lo Stato, in quanto organizzazione giuridica di un popolo su un territorio, esercita la sovranità intesa come un insieme di leggi e che si esprime attraverso l’esercizio dei tre poteri, esecutivo, legislativo e giudiziario. L’intelligence è un organismo alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei ministri e rileva come strumento attestato nelle forze armate e forze dell’ordine.

Il comparto ha avuto una significativa riforma con la legge 124 del 3 agosto 2007 dove è stato istituito il Sistema di informazione per la Sicurezza della Repubblica, fino ad allora operante sotto la vigenza della legge 801/1977. Questa riforma ha introdotto significative novità, prima fra tutte l’attribuzione della responsabilità politica dell’intero settore al solo Presidente del Consiglio dei ministri, in questo modo è stata superata la condivisione di responsabilità gestionale con i Ministri della Difesa e dell’Interno che era prevista dalla legge 801/1977. In base a questa riforma e alle sopravvenute modifiche e integrazioni normative avvenute nel tempo, che hanno introdotte novità operative riguardanti disposizioni per la tutela amministrativa del segreto di Stato e delle informazioni classificate a diffusione esclusiva, il presidente del Consiglio può delegare tutti i compiti, a lui attribuiti in via non esclusiva, all’Autorità delegata individuata nella figura di un Sottosegretario di Stato o di un Ministro senza portafoglio. Dal punto di vista parlamentare centrale è il compito del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), ovvero verificare in modo sistematico e continuativo che l’attività del Sistema di informazione per la sicurezza si svolga nel rispetto della Costituzione e delle leggi, nell’esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni. E proprio in questa cornice ne emerge il suo valore principale, l’intelligence è uno strumento di specialità indispensabile per l’esercizio della sovranità che si realizza all’interno e all’esterno dello Stato stesso.

E qui si colloca un altro importante aspetto della sua azione fuori dai confini dello Stato di appartenenza, entriamo nella geopolitica. Si deve partire dal diritto internazionale che regola i rapporti tra gli Stati e tra questi con gli organismi sovranazionali connessi quali, per esempio, le Nazioni Unite. La geopolitica è, per una nazione, essenziale strumento per poter avere una lettura completa di cosa succede nel mondo, una visione globale utile anche per indirizzare l’azione stessa di uno Stato, al fine di qualificare ed estendere le proprie sfere di influenza, che vuol dire anche possibile propagazione della propria sovranità che si concretizza attraverso diversi mezzi, dalla diplomazia, alla presenza in organismi internazionali, all’intelligence. Poi vi è l’altra faccia che sono le guerre siano esse dirette, militari o ibride.

È importante precisare però che estendere la propria sfera di influenza non deve intaccare in alcun modo la sovranità altrui. Dobbiamo intenderla come un diritto e uno strumento legittimo per uno Stato di agire al fine di intensificare la profondità strategica, la sfera di influenza è connessa all’esercizio di sovranità e lascia a uno Stato il diritto/possibilità di stipulare o aderire ad accordi, trattati, protocolli d’intesa, nella piena legittimazione di un interesse nazionale reciproco fondato sul rispetto di condivisi interessi e sulla fiducia.

Purtroppo, la soglia tra diritto e violazione è stata superata in occasione di una invasione militare territoriale di un Paese nei confronti di un altro. In questo caso la cosiddetta sfera di influenza si è imposta con atti di guerra e non di una libera azione condivisa, nella piena legalità che avviene con il cosiddetto “soft power”, un lecito mezzo di interrelazioni, bastato sulla civile convivenza e che contempla il rispetto della sovranità reciproca.

E in questi contesti che l’intelligence ha un ruolo imprescindibile, essa opera sia in tempo di pace che in quello di guerra e con la sua invisible face, gestisce il delicatissimo ruolo di equilibrio tra hard e soft power. In fase di guerra è l’unico filo, insieme alla diplomazia celata di interlocuzione tra le parti, per arrivare al ruolo ufficiale diplomatico tra i contendenti.

Pe garantire la sicurezza nazionale, ruolo centrale sono le informazioni e l’intelligence è finalizzata anche e soprattutto nella ricerca, nella gestione e nella verifica, seria però, delle stesse. E in questo contesto che si incunea il progresso tecnologico e tutto quello che ne deriva, nelle sue diversificate forme fino ad arrivare all’intelligenza artificiale, importante, preziosa, ma il fattore umano deve restare imprescindibile.

La qualità originaria dell‘ intelligence risiede nell’essere umano, solo e soltanto la risorsa umana, proprio perché dotata della vitale e distintiva componente emotiva, di sensibilità, si differenzia dalla macchina, e, come tale, è capace di mantenere la regia del processo decisionale.

L’algoritmo deve essere uno strumento al servizio dell’uomo e non certo il contrario, anche perché l’analisi e il peso delle informazioni vogliono che l’elemento psicologico completi la sfera della ragione anche per dare senso e contesto a valutazione, decisione e azione. Stare sul campo, studiare le aree, approfondire, conoscere, comprendere, interagire, vedere, controllare, analizzare: doti prettamente umane appunto, che sono state, sono e saranno sempre necessarie per assumere decisioni e far emergere la realtà.

Per quanto riguarda la nostra nazione è cosa risaputa che l’intelligence sia un fiore all’occhiello internazionale, stimata e apprezzata nel mondo per la sua piena affidabilità nel contesto delle alleanze e ci è stata sempre riconosciuta un’efficienza meritata sul campo di ogni luogo dove abbiamo operato e in ogni contingenza. Eppure, riprendendo la riflessione iniziale di questa riflessione, in Italia la percezione è rovesciata.

Come per altre situazioni o personalità, della intelligence vi è più stima e considerazione all’estero che in Italia, ma credo sia venuto il tempo se vogliamo continuare a considerarla con un pizzico di dovuto, oltre che sentito rispetto, patriottismo e onestà intellettuale.

Certo, la storia ci ha messo di fronte alla realtà e i risultati concreti ci sono e parlo di quelli visibili, perché il più delle volte nessuno sa e deve sapere che viviamo tranquillamente le nostre giornate e non immaginiamo nemmeno quali e quanti sono stati, nel frattempo, attentati o altre operazioni pericolose sventati grazie all’incessante azione e meticoloso lavoro dei nostri apparati di intelligence, sostenuti, chiaramente, dalle forze dell’ordine, dalle forze armate e da altri organi. Sono queste, un vero e proprio pilastro dell’architettura liberale, democratica e costituzionale del nostro Paese. Ed economica direi. Si, infatti oramai l’intelligence deve proteggere sempre di più il tessuto economico produttivo del Paese da operatori esterni ostili. E qui decisiva è la massima collaborazione tra Organi dello Stato, Impresa privata, competenze. Il rapporto con il mondo accademico, l’arricchimento delle professionalità nel mondo privato delle Imprese, il costante e proficuo legame con le istituzioni sono essenziali per la tutela della legalità, della sicurezza nazionale, per la protezione e la sicurezza dei nostri beni tangibili e intangibili in un periodo storico di molteplici cambiamenti nel campo tecnologico e sociale.

Allo stesso tempo però non bisogna adagiarsi sugli allori, il pericolo sempre presente, in una fase epocale dove le logiche corporativistiche e il generale il cedimento delle competenze, anche in questo settore così delicato e attento, può far prevalere logiche di appartenenza, autoreferenzialità, fanatismo o semplicemente , per alcuni, un bassissimo senso dello Stato e arrivare a minare la credibilità di persone per bene, servitori, anche in forme diverse, dello Stato, ma non allineati con un modus operandi discutibile, con fake news distribuite ad arte o favorire operazioni strane solo perché ben viste proprio da parte di compiacenti, inaffidabili attori italiani non certo di sicura fedeltà repubblicana.

Oppure, riferendoci alla superficialità e alla poca esperienza che porta a un non_-senso delle istituzioni, sarebbe facile un parallelismo con la recente fuga di informazioni segrete al Pentagono dove un ventunenne, Jack Teixeira, accusato di essere la talpa responsabile della divulgazione dei documenti segreti del Pentagono. Con lo pseudonimo OG, Teixeira coordinava e animava una chat di un gruppo privato online, nella quale si ritrovavano giovani, soprattutto maschi bianchi, uniti dalla passione per le armi e meme razzisti e all’interno di questi gruppi, Jack Teixeira pubblicava i documenti riservati, con lo scopo di impressionare gli altri, aumentando quindi il proprio prestigio, vantandosi con gli appartenenti al gruppo di aver ottenuto i documenti trafugati grazie alla possibilità di accedere alla base della Guardia Nazionale in cui lavorava. Ma i documenti sono divenuti di domino pubblico una volta che, qualcuno partecipante al gruppo, li ha divulgati su, guarda caso, Telegram.

Quindi, l’intelligence è una cosa seria, tutto il lavoro deve esser svolto in un contesto di massima serietà professionale, deontologica, rispettando la legge e al tempo stesso esser coscienti che una materia così delicata come questa deve essere gestita da veri professionisti in possesso, direi, soprattutto, di un alto dato valoriale ed etico testimoniato dalla propria storia ed esperienza professionale e personale.

Chiudo questa mia riflessione ricordando che invece di cedere sempre e comunque in un comoda dietrologia complottista per sanare la non conoscenza dei fatti, dovremmo tutti rendere merito e rivolgere un immenso grazie a tutte le donne e gli uomini impegnati in questo difficile lavoro, coscienti che servire la nazione è un onore e un privilegio e rivolgere un pensiero profondo e grato a chi nel silenzio dell’impegno fino ad arrivare anche al sacrificio estremo, hanno reso possibile raggiungere traguardi importanti che ci consentono di vivere in democrazia e libertà, date per scontata da molti e per questo deplorevolmente sottovalutate.

“Se riveli al vento i tuoi segreti, non devi poi rimproverare al vento di rivelarli agli alberi. (Khalil Gibran).

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