Il governatore della Florida è impegnato a rafforzare la sua esperienza internazionale, il suo punto debole. È l’unico sfidante che Trump sembra temere e infatti…
Ron DeSantis, governatore della Florida, è impegnato in questi giorni in un lungo tour internazionale: accolto dai primi ministri di Giappone (Fumio Kishida), Corea del Sud (Han Duck-Soo) e Israele (Benjamin Netanyahu), nel fine settimana è nel Regno Unito. In agenda incontri con alcuni ministri del governo, tra cui James Cleverly degli Esteri, ma non il capo dell’esecutivo: ci sono problemi logistici, visto che Rishi Sunak è in Scozia per impegni di partito, ma c’è anche una questione di protocollo. C’è chi cerca di ottenere un incontro con DeSantis, come Nigel Farage, simbolo della Brexit e ora leader di un nuovo partito, Reform Uk.
Il governatore non ha annunciato la sua candidatura alle primarie del Partito repubblicano ma il tory sembra confermare il suo interesse a farlo presto, visto che sembra pensato per rafforzare l’esperienza internazionale. “È ironico che persone come lui, che sostengono che l’America dovrebbe concentrarsi di più su sé stessa, ritengano indispensabile andare in giro e presentarsi al mondo in un’esibizione di cani e pony”, ha affermato Elisabeth Braw, senior fellow dell’American Enterprise Institute, al Guardian. Ma questi tour sono un rito di passaggio per i candidati alla presidenza. Nel 2008 Barack Obama, che aveva anche un deficit di esperienza in politica estera, aveva visitato Afghanistan, Iraq, Giordania, Israele, Germania, Francia e Regno Unito. Nelle ultime tre tappe, Obama aveva incontrato Angela Merkel, Nicolas Sarkozy e Gordon Brown. Ma, a differenza di DeSantis, a quel punto si era già assicurato la nomination.
Nel discorso tenuto giovedì al Museo della Tolleranza di Gerusalemme, DeSantis ha raccontato di aver usato l’acqua del Mar di Galilea per battezzare i suoi figli. Ha parlato di “valori giudaico-cristiani” che legano i due Paesi. L’unico accenno al mondo “palestinese” è stato in una battuta sul terrorismo. Sulle critiche dell’amministrazione Biden alla riforma della giustizia promossa dal primo ministro Netanyahu ha detto che “non dovrebbe essere nostro compito intrometterci in queste importanti questioni”.
DeSantis è l’unico sfidante che Donald Trump, che può vantare un rapporto personale con alcuni leader mondiali, sembra temere. Lo dimostra quanto accaduto in merito alla visita in Israele, ormai passaggio obbligato per tutti i candidati alla presidenza degli Stati Uniti e definito il “nuovo Iowa” per i candidati repubblicani (c’entrano il voto ebraico e quello evangelico). DeSantis ha cenato con alcuni grandi donatori di Trump, come rivelato da Axios (secondo Politico, senza aver ancora ufficialmente lanciato la sua candidatura, avrebbe già raccolto circa il doppio dei finanziamenti elettorali raccolti da Trump che l’ha lanciata a novembre). Il governatore ha presentato la decisione dell’amministrazione Trump di trasferire l’ambasciata statunitense a Gerusalemme come un suo successo, affermando di aver lavorato per “convincere” l’ex presidente a farlo (ma senza mai citarlo per nome). Immediata la risposta di Trump, che tramite il portavoce Steve Cheung ha spiegato che “DeSantis sta cercando di convincere gli altri a pensare che lui c’entri qualcosa. È triste che si sia sminuito in un modo così piccolo da dover mentire apertamente sui fatti per rafforzare il suo magro curriculum”.