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Che cos’è Blue Dot Network, la stella Michelin dei progetti infrastrutturali 

Il Regno Unito ha annunciato l’adesione al meccanismo lanciato da Usa, Giappone e Australia per promuovere standard elevati negli investimenti globali. Un’iniziativa per contrastare la Via della Seta

In occasione del suo tour nell’Indo Pacifico con una tappa a Karuizawa, in Giappone, per la riunione con i colleghi ministri degli Esteri del G7, James Cleverly ha annunciato l’adesione del Regno Unito a Blue Dot Network, un meccanismo lanciato nel 2019 da Stati Uniti, Giappone e Australia per promuovere standard elevati negli investimenti pubblico-privati infrastrutturali nel mondo, anche nei Paesi in via di sviluppo. Tradotto: per fronteggiare l’espansionismo cinese.

“Il divario tra le esigenze infrastrutturali e i finanziamenti è in aumento e secondo le previsioni raggiungerà i 15.000 miliardi di dollari entro il 2040”, ha spiegato il Foreign Office prima della partenza del segretario Cleverly. “Questa iniziativa punta a ridurre questo divario, promuovendo investimenti di qualità su progetti in tutto il mondo che necessitano urgentemente di finanziamenti, dal miglioramento dei trasporti all’ammodernamento di ospedali e scuole, fino all’ampliamento dell’accesso a un’elettricità sicura”, si legge ancora nel comunicato.

L’ingresso del Regno Unito può dare nuovo slancio e nuova forza al progetto, che “come la stella Michelin, è un segno visibile e tangibile di un lavoro di qualità”, ha spiegato Erin Murphy, vicedirettrice dell’Economics Program al Center for Strategic and International Studies di Washington, D.C. Il Regno Unito, infatti, è un Paese molto attento a queste dinamiche. Sotto la presidenza britannica del G7 nel 2021, per esempio, era stata lanciata l’iniziativa Build Back Better World poi ribattezzata Partnership for Global Infrastructure and Investment, un’iniziativa da 600 miliardi definita da più parti come l’alternativa dei Sette alla Via della Seta cinese.

Tre anni fa, Elaine K. Dezenski, membro del consiglio direttivo del Center on Economic and Financial Power della Foundation for Defense of Democracies di Washington, spiegava a Formiche.net che l’iniziativa Blue Dot Network lanciata dall’amministrazione Trump non sarebbe stata cancellata dall’amministrazione Biden visto il consenso bipartisan sulla Cina. E così è stato.

Ora è una fase decisiva per il progetto, il cui sviluppo si inserisce in un contesto globale segnato da sempre più accordi su base minilaterale. Il dipartimento di Stato americano e gli altri partner fondatori hanno avviato processi di certificazione pilota da parte di esperti tecnici dell’Ocse (tra cui un parco eolico brasiliano, un progetto di risanamento delle acque, un aeroporto colombiano, un progetto di tunnel in Turchia e un progetto di cavo sottomarino a Palau). Così ha conquistato alcuni favori anche in Europa, dopo lo scetticissimo sulla difficoltà di integrare Blue Dot Network con gli altri, tanti progetti dei Paesi G7 e like-minded (gli Stati Uniti con Partnership for Global Infrastructure and Investment e Indo-Pacific Economic Framework, il Sud-Est asiatico con Infrastructure Asia e l’Unione europea con Global Gateway e Fast-Infra).

Secondo Murphy “ci sono ancora domande in sospeso a cui Blue Dot Network dovrà rispondere”, soprattutto sulla struttura amministrativa e su costi e oneri temporali. Inoltre, “una spinta a lanciare nuove iniziative per il gusto di avere qualcosa di nuovo potrebbe ridurre l’efficacia di Blue Dot Network e dimostrare una mancanza di cooperazione e di impegno da parte di partner che condividono le stesse idee”, ha scritto l’esperta. Al contrario, Blue Dot Network richiede ai partner di lavorare per superare i dissensi e concentrarsi su un obiettivo generale condiviso: un’infrastruttura di qualità”, ha aggiunto.

(Foto: State.gov)



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