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Perché la Cina è fuori dall’indagine Onu sugli animali selvatici

Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha registrato il primo morto per aviaria sul territorio cinese, le autorità di Pechino hanno deciso di non partecipare all’indagine sui mercati di animali. Rischi e previsioni

 

La Cina non farà parte dell’indagine sui mercati con animali selvatici e altri prodotti a rischio di malattie infettive dell’Asia condotta dalle Nazioni Unite, nonostante i colloqui con rappresentanti del governo di Pechino.

Il progetto, chiamato Safety across Asia For the global Environment (Safe), ha come obiettivo approfondire le condizioni in cui vengono gestiti i prodotti e gli animali in questi luoghi con un comitato scientifico, affinché si possano individuare misure per prevenire la diffusione di malattie trasmesse dagli animali all’uomo e future pandemia.

Tra i Paesi selezionati, oltre alla Cina, ci sono Thailandia, Vietnam e Laos. A confermare la decisione della Cina di non accettare di partecipare all’indagine è stato un funzionario delle Nazioni Unite all’agenzia di notizie Reuters, che però ha aggiunto che sono ancora in corso alcune negoziazioni. I risultati delle indagini saranno condivisi soltanto tra i governi dei Paesi partecipanti.

I sondaggi di Safe sono cominciati ad ottobre del 2022, anche se il progetto è stato presentato a luglio del 2021, dopo l’identificazione in uno zoo e un caffè di alcuni casi di traffico di animali selvatici nei Paesi asiatici, e l’aumento di rischi zoonosi, ovvero infezioni o malattie trasmesse direttamente o indirettamente tra gli animali e l’uomo.

In ogni Paese saranno esaminate 40 strutture, tra cui ristoranti, mercati (dove vengono venduti animali selvatici insieme a verdure fresche), strutture di fornitura biomedica, zoo e allevamenti. Un funzionario dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) ha spiegato a Reuters che la mancanza di igiene, la promiscuità tra diverse specie animali e l’uso di gabbie sovraffollate in questi luoghi possono aumentare il rischio di trasmissione di malattie.

Infatti, dopo l’identificazione di un focolaio di Covid-19 a Wuhan a dicembre del 2019, molti ricercatori hanno sospettato che si fosse diffuso in un mercato di animali vivi. Da quel momento le autorità cinesi hanno vietato la vendita e il consumo per il cibo di animali selvatici, ma queste pratiche prevalgono.

Intanto, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha registrato la prima morte per aviaria in Cina. Si tratta di una donna di 56 anni della provincia di Guangdong che ha presentato i primi sintomi dell’influenza H3N8 a febbraio del 2023 ed era in contatto con polli vivi, probabilmente malati. È stata ricoverata a marzo ed è il terzo caso segnalato dalle autorità sanitarie nel Paese. Sono stati raccolti alcuni campioni nella residenza della donna e al mercato che frequentava prima della malattia.



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