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Un sabato santo pieno di tensioni. Colloquio con il Patriarca Latino di Gerusalemme

Mons. Pierbattista Pizzaballa,  classe ’65, francescano, originario di Cologno al Serio (Bg), vive da 25 anni in Israele, dove ha svolto per 12 anni il ministero di “Custode” di Terra Santa. L’intervista da Gerusalemme sui fatti di queste ore e su come la comunità cristiana si prepara a celebrare la Pasqua

A Tel Aviv in un attentato terroristico è rimasto ucciso l’avvocato italiano Alessandro Parini, di 35 anni, appena giunto in Israele per trascorrervi la vacanze pasquali. Sono decine le vittime degli scontri tra l’esercito israeliano e i palestinesi quest’anno. La spirale di violenza che è andata intensificandosi e stringendosi contro questi ultimi, in particolare nei mesi e nei giorni scorsi, fa sì che la pace, a Gerusalemme, resti appesa a un filo. La spianata del tempio è presidiata da centinaia di militari. Le funzioni religiose della minoranza cattolica, che in questi giorni celebra la festività della Pasqua, in concomitanza a quella ebraica, sono rigorosamente sorvegliate da soldati e agenti in borghese. Intervistiamo il patriarca latino di Gerusalemme, Mons. Pierbattista Pizzaballa. Classe ’65, francescano, originario di Cologno al Serio (BG), Pizzaballa vive da 25 anni a Gerusalemme, dove, prima di essere eletto Patriarca, ha svolto per 12 anni il ministero di “Custode” di Terra Santa. È un uomo di grande esperienza pastorale e diplomatica, caratterizzato da un linguaggio pacato e una visione strategica della presenza cristiana in Terra Santa, che ha interpretato e difeso come un elemento fondamentale per l’equilibrio sociale, sempre precario, di quest’area del mondo.

Eccellenza, lei ha sempre avuto un’attitudine di grande mediazione tra le diverse realtà etniche, religiose e politiche di questa Terra. A fronte degli ultimi episodi di violenza, delle scelte del governo e della tensione politica crescente, qual è oggi la posizione della comunità cristiana che lei guida come Patriarca latino?

Noi dobbiamo essere molto chiari e determinati nel difendere i diritti delle nostre rispettive comunità. Questo è il messaggio che vogliamo dare a tutti. Siamo molto determinati. Allo stesso tempo, è altrettanto chiaro, che non possiamo e non vogliamo cedere alla loro metodologia. Se noi parliamo di Gerusalemme come città aperta, non possiamo rispondere a un muro facendo altri muri, ma da parte nostra dev’esserci, e c’è, grande disponibilità a collaborare con tutti gli attori politici e sociali. Essere disponibili però non significa essere naif e chiudere gli occhi di fronte a ciò che sta accadendo, e quindi cedere di fronte alla violenza e all’arroganza che purtroppo stanno mostrando sia nel linguaggio, sia nei gesti. Questo mi pare un atteggiamento corretto e di buon senso. Siamo disponibili al dialogo e alla collaborazione, e allo stesso tempo non retrocediamo di fronte a nessuna forma di violenza o prevaricazione ingiusta.

In più d’una occasione lei ha avuto modo di intervenire sul tema dell’intolleranza religiosa che si sta intensificando nelle frange più estremiste della società israeliana.

Si. Noi come cristiani di fronte a questo fenomeno dobbiamo avere il coraggio di restare noi stessi. Cioè essere cristiani e provare a fare rete con tutti.

Come si fa?

Questa è una sfida enorme. Non è per nulla facile fare rete qui. Consideri che noi siamo una piccola minoranza e con il nostro 1,5% non abbiamo certamente la forza di ribaltare la situazione. Però la presenza cristiana è una presenza profetica, e la sua vera missione resta quella di arrivare ad un’unità molto coesa, in modo da creare, dentro il territorio, degli anticorpi culturali e sociali molto forti. Coscienze in grado di reagire, dall’interno, a questa situazione di violenza.

Quest’anno si vive una Pasqua molto complicata. Cosa dice la Chiesa locale di Terra Santa al resto del mondo?

La Pasqua è la parola definitiva, di vita, che Dio dice sul mondo. È una parola carica di amore, di misericordia, di perdono. Soprattutto in questi tempi carichi di violenza, alla luce dei fatti di cronaca che lei ha citato, non dobbiamo dimenticare che se il resto del mondo celebra la Pasqua è perché questa nostra Chiesa di Gerusalemme, per prima, celebra la Pasqua. In questo momento di grande odio e di grande rancore, ascoltare questa parola di giustizia nel perdono, che proviene dal sepolcro vuoto, è ciò di cui abbiamo tutti bisogno.

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