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Macron e la riflessione strategica che serve all’Italia. Parla Coticchia (UniGe)

Le parole di Macron e le esercitazioni di Pechino attorno a Taiwan hanno riacceso il dibattito sull’autonomia strategica europea. Secondo il professor Coticchia (UniGe) la riflessione in corso sulla strategia di sicurezza nazionale è l’occasione fondamentale per definire i nostri interessi

“Non è una novità l’interpretazione francese e macroniana dell’autonomia strategica europea intesa quasi come indipendenza dagli Stati Uniti”. A spiegarlo a Formiche.net è Fabrizio Coticchia, professore associato di scienza politica all’Università di Genova, ricordando per esempio lo scetticismo del presidente Emmanuel Macron sulla “morte celebrarle” della Nato.

Quali sono gli elementi di novità?

Sono una novità le modalità con cui le parole sono state pronunciate in Cina per quattro ragioni: la presenza della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, elemento che danneggia l’unità europea; la fase della guerra in Ucraina con la Nato tornata in maniera preponderante in Europa orientale, dove i Paesi considerano centrale il ruolo statunitense; il fatto che Italia e Germania non condividono questo approccio francese dell’autonomia strategica; le necessità condivise ma gli interessi divergenti dei Paesi europei sulla difesa. Nelle parole di Macron, accolte con gioia da una Cina che punta a scardinare il fronte transatlantico, sembra che l’Unione europea voglia essere un terzo polo, che di questi tempi non porta particolare fortuna.

Macron sottolinea un problema centrale: come evitare la trappola di Tucidide alla luce del rapporto tra Cina e Stati Uniti con il ritorno di competizione tra grandi potenze?

Gli Stati Uniti hanno davanti il dilemma apertura-chiusura verso la Cina. La letteratura ci insegna che non è tanto il livello di interdipendenza a portare alla pace o al conflitto, bensì le percezioni di ciò che sarà il rapporto tra i Paesi. Per questo, sarebbe importante sia per gli Stati Uniti sia per l’Unione europea dare percezioni positive nel contesto multilaterale. In questo senso, però, le parole di Macron sono più un assist a Pechino che un approccio condiviso dal punto di vista strategico su come migliorare questo rapporto in una prospettiva transatlantica.

Le dichiarazioni di Macron, assieme alle esercitazioni cinesi attorno a Taiwan, hanno riacceso il dibattito sul ruolo europeo nell’Indo-Pacifico. A che punto siamo?

Soltanto l’anno scorso è emersa una riflessione strategica complessiva nei documenti strategica dell’Unione europea e della Nato, che erano concentrati su altri ambiti strategici. In questo momento è in corso una fase di riflessione per i Paesi europei, che la guerra in Ucraina e le tensioni attorno Taiwan ha alimentato.

L’Italia che ruolo può avere?

L’Italia ha tre ambiti geografici sul banco dell’analisi per la politica estera e di difesa, al di là di quelli tradizionali che sono i legami transatlantici ed europei: il Mediterraneo allargato, definita l’area vitale per gli interessi nazionali; il fronte orientale dell’Unione europea in seguito alla guerra in Ucraina; l’Indo-Pacifico, come dimostrano per esempio le parole di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, in India, l’impegno militare limitato ma crescente nella regione, gli interessi commerciali e quello che alcuni autori chiamano followership, cioè seguire l’alleato maggiore, gli Stati Uniti.

Come agire?

Dipende da come definiamo il nostro interesse nazionale nei vari ambiti. La riflessione in corso sulla strategia di sicurezza nazionale è l’occasione fondamentale per avviare un processo ampio, condiviso, approfondito e strutturato di cui abbiamo assolutamente bisogno, che colleghi politica estera e politica di difesa e coinvolga accademia, società civile e istituzioni.



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