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Ecco perché gli investitori tech si scapicollano nel Golfo

Il principe saudita Mohammad bin Salman vuole sfruttare la crisi finanziaria del settore per conquistare gli investitori e far diventare il regno un epicentro dello sviluppo tecnologico. E alcuni dei più grandi venture capital sono già stati convinti…

La “Vision” di Mohammad bin Salman, principe ereditario e primo ministro dell’Arabia Saudita, non riguarda soltanto l’ambito energetico. Alla fine di ottobre, il governo saudita ha inaugurato una nuova zona economica speciale nella periferia di Riyadh: una zona di più di tre chilometri quadrati liberi da tassazioni e con molti altri incentivi per l’attività imprenditoriali.

Inaugurata insieme al ministro dei Trasporti e la logistica, Saleh al-Jasser, la Zona Logistica Speciale è stata presentata come un luogo di valore, unico al mondo, per le multinazionali. La zona spera di “rafforzare la posizione dell’Arabia Saudita come il più grande mercato in crescita e la principale nazione commerciale strategica del Medio Oriente, dando continuità alla missione di Vision 2030 di collegare il Regno con il mondo”, ha spiegato il ministro.

Ugualmente, dall’1 al 3 febbraio del 2023, Riyadh ha ospitato il Leap Tech Conference, un evento tecnologico annuale fondato dal ministero della Comunicazione e della tecnologia dell’informazione e dalla Federazione saudita per la sicurezza informatica. All’evento è stato presentato il progetto The Garage per avviare l’attività tecnologica saudita, con investimenti in startup di tecnologie emergenti, ispirandosi chiaramente ad Apple di Steve Jobs. La base iniziale del capitale è assicurata grazie al coinvolgimento della società venture capital Aramco prosperity 7 ventures con circa un miliardo di dollari.

Non è quindi strano che gli investitori della Silicon Valley stiano cambiando rotta per indirizzarsi verso il Medio Oriente. Come riferisce il quotidiano Financial Times, l’interesse è quello di creare nuovi rapporti a lungo termine con i fondi sovrani per superare nel migliore dei modi la peggiore crisi finanziaria per le società di capitale di rischio negli ultimi 10 anni.

Nelle ultime settimane, i grandi venture capital del settore tecnologico, come Andreessen Horowitz, Tiger Global e IVP, hanno inviato delegazioni in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar. “Queste visite arrivano dopo che i loro tradizionali sostenitori nordamericani ed europei hanno affrontato una recessione economica che li ha costretti a frenare gli investimenti privati – spiega il Financial Times -. I venture capital sono, a loro volta, incoraggiati a venire nella regione, poiché i funzionari del Golfo e i giovani reali cercano di diversificare la loro economia lontano dal petrolio con investimenti in settori tecnologici come l’intelligenza artificiale”.

Nel 2022 gli esperti pronosticavano circa 250.000 nuovi posti di lavoro nel settore tecnologico per i prossimi 8 anni, e la triplicazione del numero di programmatori in Arabia Saudita. Con la crisi recente, queste previsioni non hanno fatto altro che aumentare.

Sanabil, braccio di venture capital di Pif (fondo sovrano saudita da 620 miliardi di dollari) ha rivelato le sue partnership con quasi 40 società di venture capital americane, tra cui Andreessen Horowitz, Coatue Management, David Sacks’ Craft Ventures, Insight Partners e 9Yards Capital. Horowitz, con sede in California, ha raccolto poco più di 14 miliardi di dollari l’anno scorso, ed è diventata una sostenitrice dell’interesse saudita per l’innovazione tecnologica.

Andreessen Horowitz, co-fondatore della società, considera l’Arabia Saudita un Paese “in fase di avviamento” e  Mohammed bin Salman il fondatore di una grande azienda.

Per Mitchell Green, fondatore di Lead Edge Capital, società con investimenti di rischio in Alibaba e Uber, è importante costruire rapporti a lungo termine con persone e aziende nel Golfo: “Pensiamo che diventerà un’area sempre più importante del mondo nel prossimo decennio. Ci ricorda la Cina nel 2003”.

Bandar Alkhorayef, ministro dell’Industria e dei minerali saudita, ha spiegato come la “Vision 2030 ci sta portando ad adottare e ad adattarci alla tecnologia, e a essere i migliori della categoria. Al ministero guardiamo al settore digitale per garantire una brillante innovazione per le startup e le aziende emergenti”.

Con la crisi finanziaria, aggravata dal fallimento della Silicon Valley Bank, il denaro che i venture capital investono nelle start-up è crollato di oltre il 50% negli ultimi 12 mesi, secondo i dati di Crunchbase. Per questo molti investitori hanno deciso di guardare verso il Golfo e tutte le sue risorse.

Tuttavia, questo interesse ha annullato le preoccupazioni sulla situazione dei diritti umani, nonostante le tensioni a seguito dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi nel 2018.

E c’è chi critica questa scelta. Keith Rabois, partner del Founders Fund, che ha investito inizialmente in PayPal, LinkedIn, Slide e Square, considera ipocrita questa accettazione del denaro proveniente dall’Arabia Saudita: “Non cambio i miei valori e principi perché l’ambiente di finanziamento è diventato difficile”.

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