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Israele, gli Usa e la punta dell’icerberg. Parla il generale Kuperwasser

Tra i due Paesi c’è un legame “profondo e indissolubile” che alcune divergenze politiche (come sulla riforma della giustizia) non possono scalfire, spiega il militare, oggi direttore della ricerca dell’Israel Defense And Security Forum

“C’è il profondo e indissolubile legame tra Israele e gli Stati Uniti, che rappresenta la parte dell’iceberg sotto l’acqua, quella più importante, ed è fatta di costante cooperazione in sicurezza, intelligence, difesa, economia, innovazione e molti altri settori. E poi ci sono alcuni disaccordi a livello politico, che riguardano diverse questioni come l’Iran, la questione palestinese e questa volta sulla riforma della giustizia”. A parlare a Formiche.net è il generale Yossi Kuperwasser, già capo della divisione ricerca dell’intelligence militare israeliana e direttore generale del ministero degli Affari strategici. Nella sua lunga carriera militare, è stato anche intelligence attaché negli Stati Uniti. Oggi è direttore della ricerca dell’Israel Defense And Security Forum.

Nei giorni scorsi il presidente statunitense Joe Biden si era detto “molto preoccupato” dalla riforma della giustizia promossa dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che l’ha congelata dopo le lunghe e partecipate manifestazioni in tutto il Paese. Israele è un “Paese sovrano” che prende le “decisioni per volontà del popolo e non sulla base di pressioni dall’estero, compresi i migliori amici”, era stata la risposta di Netanyahu. “Conosco il presidente Biden da oltre 40 anni e apprezzo il suo impegno di lunga data nei confronti di Israele”, aveva aggiunto. L’alleanza con gli Stati Uniti “è indissolubile e supera sempre i disaccordi occasionali tra di noi”.

La propaganda cinese ha tentato di sfruttare le divergenze tra i governi di Stati Uniti e Israele. I media del partito-stato hanno parlato di “duro rimprovero” da parte di Washington nel tentativo di dipingere ancora una volta gli Stati Uniti come “padroni” dei loro alleati. Ma secondo Kuperwasser non c’è modo per la Cina o chiunque altro di “mettersi tra noi e gli americani. Sconsiglio ai cinesi di nutrire aspettative di una qualche frattura strategica tra Israele e gli Stati Uniti”. Al contrario, continua Kuperwasser, Pechino sta riuscendo ad approfittare di quel “sentimento che c’è a Riad”, dove i sauditi “credono di non poter fare troppo affidamento sugli Stati Uniti che sono meno impegnati verso la sicurezza regionale”. E l’accordo tra Iran e Arabia Saudita mediato dalla Cina ne è una dimostrazione. “C’è un messaggio diretto agli americani da parte dei sauditi: se non adottate una nuova politica verso la sicurezza del Medio Oriente e verso l’Iran molte altre iniziative simili si realizzeranno. E uno agli israeliani, in vista della normalizzazione dei rapporti con l’Arabia Saudita: anche voi dovete essere più decisi e pronti al confronto con l’Iran e a lavorare per la nostra sicurezza”.

In ballo c’è l’accordo nucleare con l’Iran. Citando Max dei miracoli de La storia fantastica, Kuperwasser sottolinea che c’è differenza tra “praticamente morto” e “davvero morto”. “Gli Stati Uniti sono profondamente innamorati dell’accordo”, dice il generale che spera che il Jcpoa sia morto davvero, “ma non lo è”. Chi ama più l’accordo, gli americani o gli iraniani? “Anche gli iraniani sono innamorati di quell’accordo ma sanno che lo sono anche gli americani, e dunque sperano in un accordo ancora migliore per quanto riguarda alcune domande dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica sui siti non dichiarati che Teheran vuole lasciare senza risposte”, conclude.

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