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Le monarchie del Golfo, nuovo centro gravitazionale. Il libro di Bianco e Legrenzi

Di Cinzia Bianco e Matteo Legrenzi

Pubblichiamo il prologo di “Le Monarchie del Golfo. Nuovo centro di gravità in Medio Oriente”, libro di Cinzia Bianco (Ecfr) e Matteo Legrenzi (Ca’ Foscari). Il volume ha l’obiettivo di essere il primo testo analitico-accademico in lingua italiana che descriva l’impatto della crescita delle monarchie del Golfo come attori chiave sui delicati equilibri della geopolitica e geo-economia nello spazio compreso tra il Mediterraneo e l’Asia sud-occidentale

La posizione centrale della Penisola Arabica, all’incrocio tra Europa, Asia e Africa, conferisce ai paesi che la occupano un’importanza strategica significativa nell’era della globalizzazione. La penisola domina infatti sul Mar Rosso, mare che connette il Mediterraneo (e quindi l’Italia) al Mar Arabico e all’Indo-Pacifico, e che vede ogni anno transitare sulle sue acque il 10% del commercio mondiale. La centralità geopolitica del Mar Rosso è la ragione per cui l’Italia mantiene la sua unica base militare permanente all’estero a Gibuti. Vero e proprio crocevia di infrastrutture critiche a livello globale, attraverso il Mar Rosso e nelle acque territoriali delle monarchie del Golfo scorrono i cavi sottomarini che connettono le reti informatiche di Europa e Asia. Google ha recentemente progettato un nuovo cavo (Blue Raman) per connettere i due continenti, che partirà dall’Italia e attraverserà proprio il territorio della Penisola Arabica prima di proseguire verso l’India. Attraverso quel cavo transiteranno dati sensibili e cruciali per la gestione di infrastrutture critiche, sempre più digitalizzate.

Le monarchie del Golfo sono poi da decenni potenze energetiche, disponendo di circa un terzo delle riserve di petrolio e gas naturale del mondo. L’Italia non dipende dal Golfo per il proprio fabbisogno energetico, importando una quota modesta di petrolio dall’Arabia Saudita e di gas naturale dal Qatar (rispettivamente, 8.1% e 9.2% del fabbisogno importato nel 2020). Allo stesso tempo, la major energetica italiana Eni (Ente Nazionale Idrocarburi) è sempre più attiva nell’area del Golfo. Paesi come l’Arabia Saudita e il Qatar, primi produttori al mondo di petrolio e gas naturale, hanno la capacità d’influenzare il mercato energetico globale, il che li rende interlocutori imprescindibili per un’economia globalizzata del G7 come quella italiana.

Il peso geopolitico dell’essere giganti energetici è emerso con forza in seguito all’invasione russa dell’Ucraina del 2022, quando tutte le maggiori potenze del G7 – a partire dagli Stati Uniti – hanno con difficoltà cercato il sostegno del Golfo per neutralizzare la prima fonte di ricchezza russa, le sue esportazioni di petrolio e gas naturale.

Gli ultimi dieci anni hanno poi visto degli sviluppi fondamentali e del tutto inaspettati anche nella sfera geopolitica: dopo aver avuto delle politiche estere quasi ininfluenti per decenni, le monarchie del Golfo sono diventate attori di primissima importanza nelle dinamiche geopolitiche di tutto il Mediterraneo allargato dopo le primavere arabe del 2011. Difronte all’arretramento strategico di Stati Uniti ed Europa, le monarchie sono uscite dal tradizionale quietismo per abbracciare una politica estera fortemente interventista, che ha plasmato il futuro politico, militare ed economico dei paesi post-rivoluzionari del Medio Oriente. In questo contesto, le monarchie meno assertive – come Kuwait e Oman – anche quando travolte dalla polarizzazione regionale, hanno giocato un ruolo fondamentale di mediazione nei principali conflitti regionali e di contenimento dell’escalation.

Le monarchie più proattive invece si sono trovate coinvolte in profonde rivalità – con Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita schierati contro Qatar e Turchia da una parte, e contro l’Iran dall’altra – che hanno condizionato l’intera regione per un decennio. In ogni paese del Nord Africa, regione chiave per la sicurezza nazionale italiana, Riad, Abu Dhabi, Ankara e Doha si sono contese duramente sfere d’influenza, con risultati di gran lunga superiori agli attori europei. Riad e Abu Dhabi sono emerse come alleati indispensabili del regime di Abdel Fattah al-Sisi in Egitto, emerso dalla repressione di un governo vicino alla Fratellanza Musulmana, fortemente sostenuto da Doha ed Ankara.

Questi attori hanno poi sfruttato sviluppi politici in Marocco, Tunisia ed Algeria per avanzare la propria posizione, e hanno giocato un ruolo fondamentale nella guerra civile e negli sviluppi politici della Libia. L’Arabia Saudita e i suoi alleati si sono poi contesi con l’Iran l’influenza sui paesi della Mezzaluna Fertile (Libano, Siria e Iraq) e sullo Yemen, paese in cui gli Emirati hanno ottenuto il controllo egemonico nel sud e sulle isole per espandere la propria proiezione marittima in un tratto di mare strategico (anche per l’Italia) come Mar Rosso e Golfo di Aden. Infine, nel Sahel, emiratini e sauditi hanno cercato di attrarre i governi di paesi come Mali e Niger con incentivi economici, così come hanno fatto Qatar e Turchia.

Anche nel Corno d’Africa, i paesi del Golfo hanno provato ad avvicinare le autorità nazionali e locali in Sudan, Eritrea e Somalia, anche con lo scopo di estendere la loro influenza nei rispettivi porti. Gli Uae, in particolare, hanno puntato su una strategia di connettività con una forte dimensione marittima, per sfruttare la loro posizione geo-strategica tra Asia, Africa ed Europa che gli è valsa il nomignolo di “Serenissima d’oriente”. Grazie a questa strategia il gigante della logistica marittima emiratino DP World è diventato il principale attore nella geopolitica marittima del Mar Rosso al mondo, creando di fatto un’autostrada geopolitica che da Dubai passa per i porti yemeniti sul Mar Arabico, quelli della sponda africana del Mar Rosso, attraverso il Canale di Suez e nel Mediterraneo, dove DP World ha una presenza sia nella sponda nordafricana che in quella europea.

Le petromonarchie hanno infatti investito politicamente anche nel Mediterraneo europeo. Francia e Grecia coltivano da anni i propri rapporti con il Golfo, trovando negli EAU una forza moltiplicatrice della propria strategia per il Mediterraneo, e di contenimento della Turchia. Sia glie EAU che l’Arabia Saudita hanno utilizzato il rilancio dei rapporti con Atene per conquistare influenza significativa in un’altra questione di importanza strategica per l’Italia: il futuro della connettività energetica, commerciale, industriale e digitale tra Medio Oriente e Unione Europea, attraverso il Mediterraneo orientale.

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