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Il filo rosso che unisce Cina, Russia, Sudan e Turchia. L’intervento di Volpi

Di Raffaele Volpi

In questo mondo globalizzato fatto dalle mille luci degli aeroporti, c’è un “mondo ristretto” che non può lasciarci indifferenti e che arriva fino al tavolo del nostro soggiorno. L’intervento di Raffaele Volpi, già presidente del Copasir

Negli ultimi trent’anni, grazie anche all’accelerazione tecnologica, si è vissuta la cosiddetta globalizzazione, traducibile anche di fatto in una serie di percezioni che hanno cambiato il modo di vedere il mondo. A volte criticata, in parte a ragione, ha comunque sconvolto, anche in termini culturali la visione delle distanze con un’immagine di flussi continui e destagionalizzati di turismo, affari, studio e facendo passare anche il nostro Paese dai trasferimenti, a volte infinitamente lunghi, dalle dorsali ferroviarie alle vacanze nell’altro capo del mondo.

Quello che sfugge, o fa comodo non rilevare, è che parallelamente a questo globo sempre più interconnesso vi è una profonda mutazione in termini geoeconomici delle ricadute di eventi che ancora sembrano geograficamente distanti. L’ipotesi del “giardino di casa” diventa aleatoria e legata a un concetto di “interesse nazionale quasi ottocentesco”. Gli eventi degli ultimi tempi lo comprovano. La premessa per attualizzare la riflessione sta nel leggere i fatti. Per esempio una generazione intera viveva il passaggio di navi russe attraverso il Bosforo come un evento da monitorare, seguire e certamente controllare. Ora la Federazione Russa ha porti direttamente nel Mediterraneo in Siria e in Libia. Ma è nelle ultime settimane che sono accaduti alcuni eventi che dovrebbero farci riflettere ed esercitare la capacità di intravederne l’evoluzione e le conseguenze.

Il primo caso riguarda l’avvicinamento del presidente brasiliano Lula alla Cina in una missione destinata a rafforzare il rapporto tra i due Paesi e anche, per voce proprio del presidente del Brasile, a intraprendere una via di convergenza tra i cosiddetti “non allineati” con il Dragone, oggi più configurabili come i Brics. Una prima significativa conseguenza di questa nuova ricollocazione dei Brics è stata la netta dichiarazione della presidente della Nuova Banca di Sviluppo (strumento bancario dei Brics) Dilma Roussef dove si esprimeva la volontà dell’istituto bancario di intervenire in modo massiccio sul debito dei Paesi associati, in modo da sollevarli in parte dalla dipendenza dagli Stati Uniti.

Il secondo evento assolutamente non trascurabile riguarda la declaratoria di rafforzamento di collaborazione economica e militare tra Federazione Russa e Cina che rappresenta anche, in parte, il superamento dell’illusoria speranza che Pechino si ponesse in termini terzi ed addirittura mediatori sul conflitto ucraino. In tutto questo si va sempre più concretizzando un progetto, peraltro non nuovo, che vedrebbe convergere Russia, Cina e Brics su una nuova piattaforma di quotazione del petrolio sganciata dal dollaro americano. Già di per sé tale operazione dovrebbe far preoccupare, ma il fine strategico starebbe nel rompere un assetto consolidato come quello dell’Opec, obbligando i Paesi produttori dell’oro nero, in particolare quelli del Medio Oriente, a scegliere da che parte stare, innescando una diatriba che coinvolgerebbe il mondo economico, relazionale e industriale.

Vi sono poi i tragici eventi che in questi giorni avvengono in Sudan. Inimmaginabili? No, perché in quei Paesi e nel Nord Africa da anni, anche per inerzia e incapacità strategica dell’Occidente e in particolare dell’Europa, si è lasciato campo libero ad altri attori globali ovvero proprio a quella Cina e quella Russia che ora sembrano sempre più vicini. Due attori che agiscono in modo diverso: la Cina con una nuova forma di colonialismo economico; la Russia pure ma, come è palese, spesso con metodi più “hard”.

In mezzo a questa continua ricomposizione geopolitica c’è una Turchia, anch’essa presente in Africa, che dovrebbe superare molte ambiguità. I segnali c’erano tutti e volendo essere ottimisti andrebbero considerati segnali ineludibili anche gli ultimi eventi, obbligando l’Occidente politico ed economico a immediate valutazioni su termini e strumenti da mettere in campo e a una postura che sino ad ora è risultata inadeguata. Insomma in questo mondo globalizzato fatto dalle mille luci degli aeroporti del mondo, c’è un “mondo ristretto” che non può lasciarci indifferenti e che arriva fino al tavolo del nostro soggiorno.

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