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No baby, no party. Così le poche nascite bloccano la crescita cinese

Il crollo dell’indice di natalità in Cina potrebbe colpire le ambizioni economiche del Paese, tra crisi del sistema pensionistico, una riduzione della forza di lavoro e la voglia dei giovani di non dare priorità al successo e la vita professionale. L’analisi della Bbc

Nel 2021, un sondaggio della Lega della Gioventù Comunista della Cina ha rilevato che più del 40% delle donne giovani cinesi, tra i 18 e i 26 anni, che vivono in città, non ha in programma di sposarsi. Così come non ha voglia di fare famiglia meno del 25% degli uomini. Tra le motivazioni di questa scelta ci sono il costo della gestione dei bambini e gli effetti della politica del figlio unico che per anni è stata in vigore in Cina.

Per il governo, questo dato è preoccupante. La popolazione cinese sta invecchiando e le nuove nascite sono sempre poche. Per molto tempo l’indice di natalità è stato basso, ma nel 2022 si è registrato il crollo più significativo degli ultimi 60 anni.

Yi Fuxian, ricercatore senior di ostetrica e ginecologia dell’Università di Wisconsin-Madison, e noto critico della politica del figlio unico, ha spiegato all’emittente britannica Bbc che “avere un solo figlio o non averlo è diventata la norma sociale della Cina. L’economia, l’entourage sociale, l’istruzione e quasi tutto ha relazione con la politica del figlio unico”.

Questa tendenza influisce negativamente nelle ambizioni di crescita economica della Cina, giacché la forza di lavoro si sta riducendo e la popolazione che invecchia comincia ad esercitare pressione sui servizi dello Stato.

Sulla Bbc si legge che la popolazione in età lavorativa in Cina, tra i 16 e i 59 anni, è di circa 875 milioni, poco più del 60% del totale della popolazione: “Ma si prevede che questa cifra scenderà ancora di più, ad altri 35 milioni nei prossimi cinque anni, secondo il calcolo ufficiale del governo”. La struttura demografica cinese nel 2018 è stata simile a quella del Giappone nel 1992, e le previsioni indicano che nel 2040 sarà uguale a quella del Giappone nel 2020.

Fino al 2022, molti economisti sostenevano che la crescita economica della Cina avrebbe superato quella degli Stati Uniti a fine di questa decade. Ma secondo Yi, tra il 2031 e il 2035 alla Cina andrà peggio che agli Usa, in quanto a parametri demografici e termini di crescita economica.

L’indice di disoccupazione giovanile in Cina ha raggiunto il massimo a luglio del 2022, quando il 20% dei giovani tra i 15 e i 24 anni era senza lavoro. Inoltre, in rete c’è un movimento di giovani che chiede ai lavoratori di rifiutare la lotta per il successo professionale e di liberarsi della pressione sociale capitalista. Per Yi, “la mano d’opera è la farina e il sistema di pensioni è l’abilità per fare il pane. Senza sufficiente farina è impossibile fare abbastanza pane, anche con il migliore dei panificatori”.

Un altro problema riguarda le pensioni. In Cina gli uomini vanno in pensione a 60 anni e le donne a 55 anni. Ad oggi, gli over 60 sono una quinta parte della popolazione (in Giappone, il Paese con il più veloce invecchiamento al mondo, quasi un terzo della popolazione ha più di 65 anni).

In Cina, il numero di pensionati ha già superato il numero di contribuenti e questo ha provocato una caduta delle risorse del fondo pensioni, in crisi dal 2014. Il fondo di pensioni cinese si amministra a livello provinciale e sulla base di più tassazione mentre si lavora, in modo da coprire le pensioni con i contributi dei lavoratori.

Per questo motivo il governo di Pechino creò un fondo nel 2018 per trasferire i pagamenti delle pensioni dalle province più ricche, come Guangdong, a quelle meno abbienti.

Nel 2022, la Cina ha lanciato il suo primo piano di pensioni private in 36 città. Ma la strada per risolvere il problema è piena di ostacoli. Un report dell’Accademia cinese di Scienze Sociali ha avvertito che, a causa della riduzione della forza di lavoro, il principale fondo di pensioni del Paese potrebbe rimanere senza risorse nel 2035.



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