Non possiamo che augurarci una ripresa del vecchio leader, e rispondere a chi fa ragionamenti su chi potrebbe raccogliere il suo testimone politico. Dopo Berlusconi poco e niente, al più una diaspora. Forse solo un passaggio di testimone nella linea dinastica potrebbe riaprire qualche chance. Se ne avesse voglia, la primogenita Marina – che più di tutti somiglia al padre per dotazione di cazzimma – forse potrebbe riaccendere antichi sentimenti
C’è un senso di umano pudore che non dovrebbe mai essere violato quando si discute di una persona colpita da una grave malattia. Fa parte della buona creanza che una minima civiltà dei rapporti umani dovrebbe sempre rispettare, amico o nemico che sia l’oggetto della discussione. E, in verità, tranne qualche isolata stonatura che proviene da aree note e use alla cattiveria professionale, tutti i media stanno mantenendo un contegno dignitoso di fronte alla malattia di Berlusconi. E non possiamo, umanamente, che condividerne lo stile, aggiungendo anche il nostro auspicio di una ripresa del vecchio leader della destra. In fondo il tycoon ha sempre attraversato la sua esperienza di vita, pubblica e privata, segnando discese precipitose e arditissime risalite, sorprendendo il “suo pubblico” e anche le tifoserie avverse con un vitalismo proverbiale.
La questione che le cronache dal San Raffaele richiamano, però, non è di tipo clinico-ospedaliero, ma politico ed ha radici più remote. Alla fine della giostra l’unico “partito personale” che sopravvive all’avvento della seconda Repubblica secondo la definizione che il politologo Calise propose all’inizio degli anni ’90, è proprio Forza Italia. Così intimamente connesso alla parabola del suo capo-finanziatore-fondatore da riprodurne fedelmente in politica le condizioni di salute, ma anche le disavventure giudiziarie, l’andamento dei profitti aziendali, insomma: da rispecchiarne perfino gli umori.
Se Calise avesse avuto ragione soltanto una volta, quell’unico “partito personale”, ormai soppiantato dal “partito-emozionale” che adesso impera, dunque, sarebbe la creatura berlusconiana. Si tratta di un partito che porta nel suo Dna l’idiosincrasia per la struttura organizzativa e dunque per la costruzione di un ceto dirigente che tragga la sua legittimazione dal basso: è il partito della cooptazione fatta dal capo, e perciò da lui revocabile grazie anche alle leggi elettorali concepite (vedi il Porcellum) per assecondarne i desideri senza sgradite intromissioni del popolo. Dunque dopo Berlusconi nessuno, punto e basta.
Così come dopo Di Pietro nessuno, e così via per tutto l’armamentario della seconda e ormai conclusa Repubblica. Resta quell’otto per cento del suo elettorato che oggi consente ancora al Centro-Destra (inventato da Berlusconi, perché prima di lui in natura non esisteva), di poter aggiungere la paroletta “centro” alla sua toponomastica. Non sbaglierebbe chi vedesse in quel segmento elettorale molta nostalgia formato Retequattro (elettorato prevalentemente âgé), più una manciata di ceto politico locale in via di riciclaggio verso altri lidi, parecchie signore coetanee del Presidente e di lui innamorate.
Forse una parte di quel ceto di ras locali starà trattando, prima che tutti i posti siano esauriti, qualche strapuntino sul treno della Meloni, altri, secondo la convenienza territoriale, anche con la Lega. Temo che gli sguardi seduttivi di Renzi e di Calenda rischino di non sedurre granché, perché non basta la toponomastica per fare i voti (“noi siamo il centro-centro, voi siete il centro della destra, possiamo fare qualcosa insieme”), occorre qualcosa di più. Oltretutto la guida consolare non ha mai avuto storia nella nostra politica dopo gli antichi Romani e, francamente, manco per quelli così tanto.
E allora? E allora dopo Berlusconi poco e niente, al più una diaspora. Forse solo un passaggio di testimone nella linea dinastica, come si conviene nei reami delle favole e nei regni assoluti, potrebbe riaprire qualche chance. Disapplicando la legge salica, però, quella che vietava il passaggio dello scettro alla discendente donna. Infatti, se ne avesse voglia, la primogenita – che più di tutti somiglia al padre per dotazione di cazzimma – forse potrebbe riaccendere antichi sentimenti. Chissà: un coup de theatre in stile berlusconiano. Un uomo che, non potendo vincere con le armi della politica, a lui sconosciuta, nel ’94 portò la politica a misurarsi con le sue armi. Che erano la comunicazione e lo spettacolo. E inventò l’era berlusconiana.