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Il Pnrr si può e si deve fare. L’opinione di Bartoli (Tor Vergata)

Di Gloria Bartoli
Ue

Ce la faremo a vincere la sfida della crescita utilizzando il programma REpowerEU per sostituire progetti inadeguati o troppo in ritardo con progetti per l’autonomia energetica, inclusi quelli messi in atto da famiglie e imprese con lavori a piccola scala su tutto il territorio nazionale. L’analisi di Gloria Bartoli, Fondazione Economia Tor Vergata, in vista della pubblicazione del nuovo volume del Gruppo dei 20 sul Pnrr

Vogliono convincerci che il Piano Nazionale per il Rilancio e Resilienza, Pnrr, non si può fare. Lo sostengono implicitamente le lamentele dei sindaci, il cinismo degli “esperti” in pubblica amministrazione, e anche voci governative. Accusano la Commissione europea di impedire ogni modifica al Piano con la sua “rigidità”. Vogliono farci credere che se perderemo 200 mld in doni e in prestiti (da cominciare a restituire dopo 10 anni e a tassi d’interesse inferiori a quelli che l’Italia può ottenere) non è colpa loro. Non è così.

In poco più di un anno dall’approvazione a Bruxelles del Piano italiano fino alla fine del governo Draghi, l’impossibile ha cominciato ad accadere: le leggi delega per la riforma della giustizia erano varate con relativi decreti attuativi, la legge per la concorrenza 2021 approvata e quella per il 22 sulla buona strada.  L’assegnazione dei fondi ai soggetti attuatori degli investimenti era del 64% per il Pnrr (123md circa) e 54% per il Piano Nazionale complementare, PNC (17md circa); per la missione 3 per la mobilità sostenibile, il 95% dei fondi erano stati assegnati; per la missione 2 per la transizione climatica/energia rinnovabile, 36 md erano stati assegnati.  Restavano dunque 4 anni per l’attuazione delle riforme e dei progetti, già scelti per poter essere operativi nel 2026.

La caratteristica dei fondi europei per il rilancio e la resilienza è che i fondi vengono sborsati al raggiungimento dell’obiettivo! Finita la pacchia delle liste delle spese, per esempio per lavagne elettroniche (sulle quali i prof scrivono col pennarello invece che col gesso) invece di pc e di corsi per gli studenti per imparare a interagire col mondo digitale acquisendo un approccio critico alle risorse di internet. Se funzionassero, le procedure del Pnrr potrebbero divenire la norma anche per i fondi strutturali, di coesione etc… Si capisce il timore di chi comprende che le imprese locali favorite non saranno in grado di ottenere i risultati e questo si tradurrà in mancato incasso dei fondi. Oppure arriverà il Commissario nominato dal governo, previsto dai decreti sulla governance del Pnrr, e costruirà gli asili nido! Un pessimo esempio per i cittadini che si aspetteranno risultati anche in futuro. Certo, bisognerà applicare le semplificazioni normative previste e circoscrivere il reato di abuso d’ufficio. E occorre ricordare che anche gli investimenti “votano” se continuano a generare valore per l’economia e occupazione ben retribuita.

La Bibbia brandita dai nostalgici della tradizionale inefficienza dell’amministrazione italiana è la relazione della Corte dei Conti del 3/2023, che pure attesta che la spesa sostenuta dalle amministrazioni a fine 2022 è superiore a quanto previsto nel cronoprogramma – dovuta ai crediti d’imposta del piano Transizione 4.0 per beni strumentali innovativi e attività di formazione e al rafforzamento dell’ecobonus-sismabonus. D’altra parte, la Corte dei Conti si preoccupa dell’impatto sul debito pubblico dei prestiti europei, come si conviene a dei contabili. C’è invece da stupirsi che economisti ripetano questo monito senza curarsi degli effetti positivi sul Pil e sull’occupazione subito e sul prodotto potenziale come risultato finale, rimuovendo la causa della stagnazione italiana dell’ultimo quarto di secolo, ovvero la bassa crescita della produttività. Con l’effetto, non così secondario, di aumentare la sostenibilità del debito pubblico subito e in futuro.

La “rigidità” europea – che tutte le persone per bene di questo Paese sperano sia tale per il criterio dei risultati e quello degli obiettivi concordati – non esiste per la rimodulazione dei progetti alla luce della guerra scatenata dalla Russia e i suoi effetti su energia e inflazione. Anzi, l’Europa ha creato un nuovo programma REpowerEU per l’efficientamento e l’autonomia energetica, che aggiunge al Pnrr fondi e flessibilità ai progetti per la transizione climatica e include incentivi anche fiscali per famiglie e imprese.

In conclusione, ce la faremo a vincere la sfida della crescita utilizzando il programma REpowerEU per sostituire progetti Pnrr inadeguati o troppo in ritardo con progetti per l’autonomia energetica, inclusi quelli messi in atto da famiglie e imprese con lavori a piccola scala su tutto il territorio nazionale. Possiamo contare sui privati per l’adozione rapida delle misure di efficientamento climatico con incentivi ragionevoli (non 110%!) perché è loro interesse non trovarsi nel 2026-30 a usare i propri risparmi per mettersi in regola con gli standard obbligatori, se è chiara la volontà del governo di non favorire gli inadempienti. Questi interventi possono essere fatti a ogni scala, dal pannello sul tetto all’impresa multi-gigawatt, favorendo così le piccole imprese più capaci di crescere, in team con fornitori di pannelli, accumulatori e di servizi di ottimizzazione digitale degli scambi di energia con la rete. Lavorando con imprese più grandi e tecnologicamente avanzate si porrebbero le fondamenta per sviluppi nel settore dell’indotto dell’energia, che continuerà a sperimentare investimenti massicci nei prossimi 27 anni, fino al raggiungimento di net zero nel 2050;

Dobbiamo stanare gli statistici del ministero della Giustizia per monitorare gli indicatori degli obiettivi del Pnrr per la riforma, ovvero riduzione dei tempi dei processi e dell’arretrato. Se risulta che non li raggiungeremo dobbiamo subito introdurre le best practices degli altri paesi avanzati, ovvero filtri efficaci per appelli e ricorsi in Cassazione.

La riforma della concorrenza sembra che stia per essere adottata, ma serve lo stop al supporto delle imprese zombie che succhiano risorse, con il timing appropriato.

Gli investimenti del Pnrr in asili nidi e la formazione in materie scientifiche delle donne possono ridurre decisamente la disuguaglianza di genere. Mentre la focalizzazione sulla qualità e il merito nella formazione delle professionalità necessarie alla transizione digitale ridurrà le disuguaglianze generazionali, se non si dà il cattivo esempio di stabilizzare, senza tener conto della prestazione sul lavoro, le figure professionali necessarie alle riforme e investimenti del Pnrr.

Abbiamo visto che possiamo farcela a completare il Pnrr, ma c’è ancora una risposta da dare: perché completare il Pnrr, invece di contentarci dei fondi coesione e strutturali che possono essere tirati per le lunghe e ricevuti senza raggiungere i risultati? Perché l’Italia non cresce dal 1995, i giovani scappano, gli investitori pure. L’Europa ci dà i mezzi per riprendere la via per raggiungere i Paesi più ricchi.  Competitività, innovazioni e aumento della produttività sono i soli mezzi che abbiamo per crescere, data la situazione geopolitica e le prospettive demografiche.

Gli obiettivi del Pnrr – dal capitale umano alla giustizia – sono indispensabili per la diffusione delle innovazioni digitali con il conseguente aumento della produttività.  Nei prossimi decenni ci saranno trilioni di investimenti per la transizione energetica che eviteranno l’Italia se il Pnrr non avrà raggiunto i risultati. Quindi il Pnrr può e deve fare everything, everywhere, all at once per scardinare tutti i blocchi alla produttività nel Paese e far ripartire la crescita.

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